Papa Francesco ha ricevuto stamane in udienza in Vaticano Abuna Matthias I, Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo Etiopica, successore di Abuna Paulo deceduto il 16 agosto 2012. “La vostra – ha detto Bergoglio al patriarca – è stata una persecuzione vissuta fin dall’inizio, e ancora oggi siamo testimoni del martirio di cristiani in Medio oriente e in alcune parti dell’Africa”. “Non possiamo non rinnovare – ha proseguito il Pontefice – il nostro appello a coloro che reggono le sorti politiche ed economiche del mondo, di promuovere una coesistenza reciproca basata su rispetto, riconciliazione e mutuo perdono e solidarietà”.
“Le sofferenze condivise – ha rimarcato papa Francesco – hanno fatto sì che i cristiani divisi si avvicinassero gli uni agli altri, nello stesso modo in cui lo spargimento del sangue dei martiri è diventato seme” della fede, “oggi il sangue di così tanti martiri appartenenti a diverse chiese diventa seme di unità dei cristiani”. “I martiri di tutte le tradizioni – ha aggiunto – sono già una cosa sola in Cristo, i loro nomi sono scritti nell’unico martirologio della chiesa di Cristo” e questo “è un invito a noi a percorrere il cammino verso una unità sempre più piena”.
La Chiesa ortodossa d’Etiopia appartiene alla “famiglia” delle “Chiese ortodosse orientali” ma, unica nel suo genere, ha mantenuto diverse pratiche ebraiche, come la circoncisione, il rispetto delle regole alimentari e l’osservanza dello shabbat del Sabato e della Domenica. La Chiesa conta oggi 35 milioni di membri ed esiste anche una grande comunità a Roma. Inoltre, come membro della “famiglia” delle Chiese ortodosse orientali, la Chiesa ortodossa etiope Tewahedo partecipa ufficialmente alla Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali.
“Abbiamo scoperto – ha detto papa Francesco in un ulteriore passaggio del suo discorso – che abbiamo quasi tutto in comune: una sola fede, un solo battesimo, un solo Signore che è il salvatore, siamo uniti in virtù del battesimo che ci ha incorporato, uniti grazie” anche agli elementi “comuni delle nostre ricche tradizioni monastiche e liturgiche, siamo fratelli in Cristo, e come è stato spesso osservato ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide”. “Come dice san Paolo, ha concluso Bergoglio, ‘se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme, e se un membro è onorato tutte sono onorate insieme'”.