E’ sulla Prima lettura, tratta dal Libro di Tobia, che il Santo Padre ha articolato la sua riflessione nella Cappella di Santa Marta, durante la quale ha invitato a leggere questo testo “perché vale la pena di farlo: ci insegna come comportarci nel cammino della vita, sia nei tanti momenti belli sia nei tanti momenti brutti”. Questo perché, ha detto il Pontefice, non bisogna “lasciarsi ingannare dai fuochi d’artificio” ma neanche dai momenti di disperazione. E, in questo senso, la storia di due personaggi narrata nel libro del profeta esemplifica il modo in cui il Signore conduce le nostre vite: “Una storia che, io direi, è una storia normale, come quella di tanta gente. Soprattutto la storia di due persone: di Tobi, il padre di Tobia, e di Sara. Un suocero e una nuora, una storia che ci fa riflettere”. Una narrazione che “si legge in un quarto d’ora” e sarebbe bello che “ognuno di noi prendesse questo libro di Tobia oggi o questo fino settimana per vedere come il Signore porta avanti la storia, porta avanti la vita delle persone, anche la nostra”.
Preghiera e gratitudine
Le vicende di Tobi e Sara dimostrano come, anche nei momenti più difficili, sia la preghiera la via per uscire dalle tenebre. Tobi è cieco e, per questo, vessato e insultato; Sara era stata accusata di aver ucciso ogni uomo con il quale si era unita e, di conseguenza, aveva pensato al suicidio. Eppure, entrambi scelgono di non soccombere alla sofferenza ma di affidarsi al Signore: “Questo – ha detto Papa Francesco – è l’atteggiamento che ci salva nei momenti brutti: la preghiera”. E, insieme, anche “la pazienza, perché tutti e due sono pazienti con il proprio dolore”, e “la speranza che Dio ci ascolti e faccia passare questi momenti brutti”. Nella storia, a ogni modo, ci sono anche dei frangenti più belli i quali, però, non costituiscono “l’happy ending di un romanzo”. Si tratta di “un momento bello perché, dopo la prova, il Signore si fa vicino a loro e li salva” ma, soprattutto, autentico: “Non quei momenti con bellezza truccata, in cui tutto è artificioso, un fuoco d’artificio, ma non è la bellezza dell’anima… E cosa fanno tutti e due nei momenti belli? Ringraziano Dio”.
Sfuggire all’inganno della vanità
Le storie di Tobi e Sara, ha spiegato ancora il Pontefice, ci spingono a interrogarci sul nostro comportamento nei momenti belli e in quelli più difficili: “So discernere cosa succede nella mia anima, so capire cosa sta succedendo? E nei momenti brutti, so che è la croce e che non c’è spiegazione?”. E’ proprio in questi frangenti che occorre “pregare, avere pazienza e almeno un pochettino di speranza”. Allo stesso modo, nei momenti più belli, è necessario rivolgere quesiti a se stessi: “Lascio entrare la gioia nel cuore – ma quella gioia che è di Dio, che ti porta a ringraziare Dio – o cado nella vanità e credo che la vita è tutta così?”. Domande importanti poiché sempre la nostra vita camminerà alternandosi fra sofferenza e debolezza e, durante questo percorso, occorre essere consapevoli del valore della preghiera, così come della gratitudine nei momenti migliori: “Questa storia – ha concluso Papa Francesco – ci insegna come comportarci nel cammino della vita, con tanti momenti belli e con tanti brutti, e ci insegna anche a discernere… mentre in questo fine settimana leggiamo questo libro, chiediamo la grazia di saper discernere cosa succede nei momenti brutti della nostra vita e come andare avanti. E, insieme, cosa succede nei momenti belli” senza “lasciarci ingannare dalla vanità”.