Si conclude oggi il Convegno Internazionale per i Rettori e gli Operatori dei Santuari organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Papa Francesco ha ricevuto oggi in udienza i partecipanti nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
La pietà popolare
Dopo il saluto introduttivo di monsignor Rino Fisichella, prefetto del Pontificio Consiglio, il Pontefice ha rivolto un discorso ai presenti. Bergoglio ha confessato di essere lieto “di incontrare molti rappresentanti degli innumerevoli Santuari sparsi in ogni regione del mondo”, sottolineando “quanto abbiamo bisogno dei Santuari nel cammino quotidiano che la Chiesa compie“. Questo perchè, ha detto il Papa, essi “sono il luogo dove il nostro popolo più volentieri si raccoglie per esprimere la propria fede nella semplicità, e secondo le varie tradizioni che sono state apprese fin dall’infanzia”. Secondo il Santo Padre, a renderli “insostituibili” è il fatto che “mantengono viva la pietà popolare, arricchendola di una formazione catechetica che sostiene e rafforza la fede e alimentando al tempo stesso la testimonianza della carità”. Francesco ha detto che bisogna “mantenere viva la pietà popolare e non dimenticare quel gioiello che è il numero 48 della 'Evangelii nuntiandi', dove San Paolo VI ha cambiato il nome da 'religiosità popolare' a 'pietà popolare'”. La pietà popolare, dunque, secondo il Pontefice è un “gioiello” perchè “ci salva da tante cose”.
L'accoglienza
Un aspetto su cui il Papa si è voluto soffermare è quello dell'accoglienza nei Santuari. Queste le parole di Francesco: “Sappiamo che sempre più spesso i nostri Santuari sono meta non di gruppi organizzati, ma di pellegrini singoli o gruppetti autonomi che si mettono in cammino per raggiungere questi luoghi santi. È triste quando succede che, al loro arrivo, non c’è nessuno che dia ad essi una parola di benvenuto e li accolga come pellegrini che hanno compiuto un viaggio, spesso lungo, per raggiungere il Santuario. E più brutto ancora è quando trovano la porta chiusa! Non può accadere che si ponga maggior attenzione alle esigenze materiali e finanziarie, dimenticando che la realtà più importante sono i pellegrini. Loro sono quelli che contano. Il pane viene dopo, ma prima loro. Verso ognuno di loro dobbiamo avere l’attenzione di fare in modo che si senta “a casa”, come un famigliare atteso da tanto tempo che finalmente è arrivato”.
Strumento di evangelizzazione
Non manca chi visita i Santuari per ammirarne le opere d'arte o il contesto naturale in cui sono incastonati. Verso queste persone non deve essere meno attenta l'accoglienza. Trovando le braccia aperte, essi “diventano più disponibili ad aprire il loro cuore e a lasciarlo plasmare dalla Grazia“. Il Papa ha quindi fatto notare che “un clima di amicizia è un seme fecondo che i nostri Santuari possono gettare nel terreno dei pellegrini, permettendo loro di ritrovare quella fiducia nella Chiesa che a volte può essere stata delusa da un’indifferenza ricevuta“.
Luogo di preghiera
Ma soprattutto, il Santuario è un “luogo di preghiera”, ha ricordato il Papa, la maggior parte dei quali dedicati “alla pietà mariana”. In questi luoghi, “la Vergine Maria spalanca le braccia del suo amore materno per ascoltare la preghiera di ognuno ed esaudirla”. Nei Santuari, “Maria si fa compagna di strada di ogni persona che a Lei alza gli occhi chiedendo una grazia, certa di essere esaudito” e risponde a tutti “con l’intensità del suo sguardo, che gli artisti hanno saputo dipingere spesso guidati a loro volta dall’alto nella contemplazione“.
La misericordia che aiuta
“Nessuno nei nostri Santuari dovrebbe sentirsi un estraneo”, ha detto il Papa, “soprattutto quando vi giunge con il peso del proprio peccato“. Alla luce di ciò, il Pontefice ha ricordato come il Santuario sia il “luogo privilegiato per sperimentare la misericordia che non conosce confini“. “Questo – ha rivelato il Pontefice – è uno dei motivi che mi ha spinto a volere la 'Porta della misericordia' anche nei Santuari durante il Giubileo Straordinario”. Una decisione presa perchè “la misericordia, quando è vissuta, diventa una forma di evangelizzazione reale” e “trasforma quanti ricevono misericordia in testimoni di misericordia”. La funzione benefica che svolgono questi luoghi è testimoniata anche dalla frequenza con cui qui ci si confessa. Il Papa si è augurato che “soprattutto nei Santuari non venga mai a mancare la figura del 'Missionario della Misericordia' quale testimone fedele dell’amore del Padre che a tutti tende le braccia e va incontro felice per avere ritrovato chi si era allontanato”.
Il ricordo personale
Papa Francesco ha poi voluto concludere con un'esperienza personale per testimoniare quanto il Santuario sia “un luogo dell’incontro non solo con il pellegrino, con Dio, ma anche dell’incontro di noi pastori con il nostro popolo”. Venendo all'aneddoto, Bergoglio ha detto ai partecipanti all'udienza: “Io ricordo un professore di letteratura, un uomo che aveva tanta genialità. Tutta la vita è stato un gesuita; tutta la vita è stato professore di letteratura ad alto livello. Poi è andato in pensione e chiese al Provinciale; 'Io vado in pensione, ma vorrei fare qualcosa di pastorale in un quartiere povero, avere contatto con il popolo, con la gente…”. E il Provinciale gli affida un quartiere di gente molto devota, che andava ai Santuari, che aveva questo spirito, ma molto povera, una baraccopoli più o meno. E lui doveva venire una volta alla settimana alla comunità della Facoltà di teologia, dove io ero rettore. Passava tutta la giornata con noi, in fraternità, poi tornava. Così manteneva la vita in comunità. E siccome lui aveva genialità, un giorno mi ha detto; 'Devi dire al professore di ecclesiologia che gli mancano due tesi' – 'Come mai?' – 'Sì, due tesi che deve insegnare' – 'E quali sono?' – 'La prima; il santo popolo fedele di Dio è ontologicamente olimpico, vale a dire che fa quello che vuole; e seconda; è metafisicamente tedioso, cioè stufa'”. Secondo Francesco, quel gesuita “aveva capito negli incontri come e perché stanca il popolo di Dio. Se tu sei in contatto con il popolo di Dio, ti stancherai”. “Un operatore pastorale che non si stanca – ha osservato il Pontefice – mi lascia molto perplesso! E riguardo al fatto che è 'olimpico', cioè che fa quello che vuole, ricordo quando ero maestro dei novizi; andavo tutti gli anni, come provinciale anche con i novizi, al Santuario di Salta, al Nord dell’Argentina, alle feste del Señor del Milagro”. “Uscendo dalla Messa – ha continuato il Pontefice – io confessavo, durante la Messa c’era tanta gente e una signora del popolo si avvicinò a un altro prete con alcuni santini; 'Padre, li benedice?', e quel prete, un teologo molto in gamba, dice; 'Ma signora, lei è stata alla Messa?'- 'Sì'- 'E lei sa che alla Messa c’è il sacrificio del calvario, Gesù Cristo è presente?'- 'Sì, padrecito, sì' – 'E lei sa che tutte queste cose sono più che benedette?' – 'Sì, padrecito' – 'E lei sa che nella benedizione finale si benedice tutto?'- 'Sì, padrecito'. E in quel momento, usciva un altro prete, e la signora; 'Padre, me li benedice?'. E lui li ha toccati e li ha benedetti. Ha ottenuto quello che voleva; che li toccasse. Il senso religioso del tatto. La gente tocca le immagini, 'tocca Dio'”.