Il prete nella Confessione non sia un inquisitore“. E poi ancora “Checché se ne dica nella Curia romana ci sono dei santi sacerdoti”. Questi alcuni dei passaggi del discorso di Papa Francesco agli oltre 550 Missionari della Misericordia, incontrati nella Sala Regia del Palazzo Apostolico.
L'incontro
Il Pontefice ha parlato di “gioia” nell'incontrare i Missionari dopo “la bella esperienza del Giubileo della Misericordia. In effetti, come ben sapete, al termine di quel Giubileo straordinario il vostro ministero si sarebbe dovuto concludere. Eppure, riflettendo sul grande servizio che avete reso alla Chiesa, e su quanto bene avete offerto a tanti credenti con la vostra predicazione e soprattutto con la celebrazione del sacramento della Riconciliazione, ho ritenuto opportuno che ancora per un po’ di tempo il vostro mandato potesse essere prolungato. Ho ricevuto molte testimonianze di conversioni che si sono realizzate tramite il vostro servizio. Davvero dobbiamo riconoscere che la misericordia di Dio non conosce confini e con il vostro ministero siete segno concreto che la Chiesa non può, non deve e non vuole creare alcuna barriera o difficoltà che ostacoli l’accesso al perdono del Padre”.
La Confessione
Il Santo Padre si è soffermato sul sacramento della Riconciliazione. “Quando si accosta a noi un penitente, è importante e consolante riconoscere che abbiamo davanti a noi il primo frutto dell’incontro già avvenuto con l’amore di Dio, che con la sua grazia ha aperto il suo cuore e lo ha reso disponibile alla conversione. Il nostro cuore sacerdotale dovrebbe percepire il miracolo di una persona che ha incontrato Dio e che ha già sperimentato l’efficacia della sua grazia. Non potrebbe esserci vera riconciliazione, se questa non partisse dalla grazia di un incontro con Dio che precede quello con noi confessori. Questo sguardo di fede permette di impostare bene l’esperienza della riconciliazione come evento che trova la sua origine in Dio, il Pastore che appena si accorge della pecorella smarrita va alla sua ricerca fino a quando non l’abbia ritrovata”. Capita, talvolta, però – ha aggiunto Bergoglio – “che il sacerdote, con il suo comportamento, invece di avvicinare il penitente lo allontani. Ad esempio, per difendere l’integrità dell’ideale evangelico si trascurano i passi che una persona sta facendo giorno dopo giorno. Non è così che si alimenta la grazia di Dio. Riconoscere il pentimento del peccatore equivale ad accoglierlo a braccia spalancate, per imitare il padre della parabola che accoglie il figlio quando ritorna a casa; significa non fargli terminare neppure le parole che aveva preparato per scusarsi, perché il confessore ha già compreso ogni cosa, forte della sua esperienza di essere lui pure un peccatore. Non c’è bisogno di far provare vergogna a chi ha già riconosciuto il suo peccato e sa di avere sbagliato; non è necessario inquisire – quei confessori che domandano dieci, venti, trenta, quaranta minuti 'E come è stato fatto? E come…– non è necessario inquisire là dove la grazia del Padre è già intervenuta; non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio”.
La Curia
In un passaggio pronunciato a braccio, il Papa ha sottolineato: “Parliamo tanto male della Curia romana, ma qui dentro ci sono dei santi. Un cardinale, Prefetto di una Congregazione, ha l'abitudine di andare a confessare a Santo Spirito in Sassia due, tre volte alla settimana – ha il suo orario fisso – e lui un giorno, spiegando disse: 'Quando io mi accorgo che una persona incomincia a fare fatica nel dire, e io ho compreso di cosa si tratta, dico: 'Ho capito. Vai avanti' e quella persona respira'. E' un bel consiglio: quando si sa di che si tratta, 'ho capito, vai avanti'”.
Messaggeri d'amore
Il messaggio che i sacerdoti portano “a nome di Cristo è quello di fare pace con Dio. Il nostro apostolato è un appello a cercare e ricevere il perdono del Padre. Come si vede, Dio ha bisogno di uomini che portino nel mondo il suo perdono e la sua misericordia. È la stessa missione che il Signore risorto ha dato ai discepoli all’indomani della sua Pasqua: 'Gesù disse loro di nuovo: 'Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi'. Detto questo, soffiò e disse loro: 'Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati'. Questa responsabilità posta nelle nostre mani richiede uno stile di vita coerente con la missione che abbiamo ricevuto. È sempre l’Apostolo (Paolo ndr) che lo ricorda: 'Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero'. Essere collaboratori della misericordia, quindi, presuppone di vivere l’amore misericordioso che noi per primi abbiamo sperimentato. Non potrebbe essere altrimenti”. In un altro passaggio del suo discorso il Papa ha ricordato che “la misericordia liberando restituisce la dignità, apre alla speranza”. E' bene pensare “che proprio il sacramento della Riconciliazione possa diventare un momento favorevole per far percepire e crescere la consolazione interiore, che anima il cammino cristiano. E mi viene da dire questo: noi, con la 'spiritualità delle lamentele', corriamo il rischio di perdere il senso della consolazione. Anche di perdere quell'ossigeno che è vivere in consolazione. A volte è forte, ma c'è sempre una consolazione minima che è data a tutti: la pace. Questa è il primo grado di consolazione. Non bisogna perderlo. Perché è proprio l'ossigeno puro, senza smog. del nostro rapporto con Dio. La consolazione. Dalla più alta alla più basse, che è la pace“.
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