Non attende che arrivi a casa ma gli corre incontro sorprendendolo. E' questa l'inaspettata reazione di suo padre alla quale il figliol prodigo si trova davanti, quando decide di tornare a casa: “Un padre commosso nel vederlo tornare”. Un messaggio importante quello che traspare dalla parabola di Gesù e che Papa Francesco condivide durante l'omelia della Santa Messa nel Complesso Sportivo Principe Moulay Abdellah, a Rabat, davanti a 10 mila fedeli. Il Santo Padre, però, ricorda che “quello non è stato l’unico momento in cui il Padre si è messo a correre. La sua gioia sarebbe incompleta senza la presenza dell’altro figlio. Per questo esce anche incontro a lui per invitarlo a partecipare alla festa”. Un fratello che, però, resta freddo a quella festa perché “lo aveva ormai perduto nel suo cuore”.
“Sono forse io il custode?”
In quella sua incapacità di partecipare alla festa “non solo non riconosce suo fratello ma neppure riconosce suo padre. Preferisce l’essere orfano alla fraternità, l’isolamento all’incontro, l’amarezza alla festa. Non solo stenta a comprendere e perdonare suo fratello, nemmeno riesce ad accettare di avere un padre capace di perdonare”. Un atteggiamento che, ha spiegato il Pontefice, porta a “manifestarsi il mistero della nostra umanità: da una parte c’era la festa per il figlio ritrovato e, dall’altra, un certo sentimento di tradimento e indignazione per il fatto che si festeggiava il suo ritorno”. Emerge perciò “la tensione che si vive tra la nostra gente e nelle nostre comunità, e persino all’interno di noi stessi. Una tensione che, a partire da Caino e Abele, ci abita e che siamo chiamati a guardare in faccia. Chi ha il diritto di rimanere tra di noi, di avere un posto alla nostra tavola e nelle nostre assemblee, nelle nostre preoccupazioni e occupazioni, nelle nostre piazze e città?”.
La tentazione
Ed ecco che sulla soglia di quella casa “appaiono le divisioni e gli scontri, l’aggressività e i conflitti che percuoteranno sempre le porte dei nostri grandi desideri, delle nostre lotte per la fraternità e perché ogni persona possa sperimentare già da ora la sua condizione e dignità di figlio”. Allo stesso tempo, però, “brillerà con tutta chiarezza, senza elucubrazioni né scuse che gli tolgano forza, il desiderio del Padre: che tutti i suoi figli prendano parte alla sua gioia”. Sono queste le situazioni che possono indurci allo scontro, porci davanti allo spettro dell'odio e della vendetta come forme per ottenere giustizia. Tali sentimenti però ci danneggiano, distruggono: “Perciò Gesù ci invita a guardare e contemplare il cuore del Padre. Solo da qui potremo riscoprirci ogni giorno come fratelli. Solo a partire da questo orizzonte ampio, capace di aiutarci a superare le nostre miopi logiche di divisione, saremo capaci di raggiungere uno sguardo che non pretenda di oscurare o smentire le nostre differenze cercando forse un’unità forzata o l’emarginazione silenziosa”.
Un finale da scrivere
Ecco perché il padre ricorda al figlio maggiore che “tutto ciò che è mio è tuo”. Un riferimento non solo ai beni materiali ma anche “al suo stesso amore e alla sua compassione. Questa è la più grande eredità e ricchezza del cristiano. Perché, invece di misurarci o classificarci in base ad una condizione morale, sociale, etnica o religiosa, possiamo riconoscere che esiste un’altra condizione che nessuno potrà cancellare né annientare dal momento che è puro dono: la condizione di figli amati, attesi e festeggiati dal Padre”. Fondamentale è non cadere nella tentazione “di ridurre la nostra appartenenza di figli a una questione di leggi e proibizioni, di doveri e di adempimenti. La nostra appartenenza e la nostra missione non nasceranno da volontarismi, legalismi, relativismi o integrismi”. Nonostante l'evangelista non concede un vero e proprio finale alla parabola, possiamo pensare che “ciascuno di noi, possa scriverlo con la sua vita, col suo sguardo e il suo atteggiamento verso gli altri. Il cristiano sa che nella casa del Padre ci sono molte dimore, e rimangono fuori solo quelli che non vogliono partecipare alla sua gioia”.