Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui”. E' il passaggio centrale, quello a cui ruota attorno tutta la riflessione di Papa Francesco che, nel corso dell'Angelus domenicale, ha ricordato che il cuore di Cristo accoglie chiunque, senza remore né distinzioni e lo ha fatto attraverso il passo evangelico nel quale si narra del miracolo che riportò alla vita la figlia di Giairo, che aveva pregato Gesù di guarirla (cf Mc 5, 21-43): “Dentro il racconto di questo miracolo – ha spiegato il Pontefice -, Marco ne inserisce un altro: la guarigione di una donna che soffriva di emorragie e viene sanata appena tocca il mantello di Gesù. Qui colpisce il fatto che la fede di questa donna attira la potenza salvifica divina che c’è in Cristo, il quale, sentendo che una forza 'era uscita da lui', cerca di capire chi sia stato. E quando la donna si fa avanti e confessa tutto, Lui le dice: 'Figlia, la tua fede ti ha salvata?”.
“Nessuno è un intruso”
Come spiegato dal Santo Padre, “si tratta di due racconti a incastro, con un unico centro: la fede; e mostrano Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui. I due protagonisti, cioè il padre della fanciulla e la donna malata, non sono discepoli di Gesù eppure vengono esauditi per la loro fede. Da questo comprendiamo che sulla strada del Signore sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un non avente diritto”. Per accedere al cuore di Gesù, spiega, esiste un solo requisito: “Sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui. Gesù va a scoprire queste persone tra la folla e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che li rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni”. E il Papa avverte che “anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere”.
Fede e vita nuova, i doni offerti da Gesù agli uomini, “si intrecciano in questo passo evangelico”. Gesù è il Signore, e “davanti a Lui la morte fisica è come un sonno: non c’è motivo di disperarsi”. Un’altra, invece, “è la morte di cui avere paura: quella del cuore indurito dal male. Ma anche il peccato, per Gesù, non è mai l’ultima parola, perché Lui ci ha portato l’infinita misericordia del Padre. E anche se siamo caduti in basso, la sua voce tenera e forte ci raggiunge: 'Io ti dico: alzati!'”.
Gli appelli del Santo Padre
Al termine dell'Angelus, il Santo Padre ha rivolto un appello per la pace in Nicaragua, unendosi agli sforzi dei vescovi e alle persone di buona volontà “nel loro ruolo di mediazione e di testimonianza per il processo di dialogo nazionale in corso sulla strada della democrazia”, e anche per la grave situazione in Siria, “in particolare nella provincia di Daraa, dove le azioni militari di questi ultimi giorni hanno colpito anche scuole e ospedali, e hanno provocato migliaia di nuovi profughi”. E un pensiero, il Papa lo ha rivolto anche al Corno d'Africa poiché, “in mezzo a tanti conflitti, è doveroso segnalare un'iniziativa che si può definire storica, e anche si può dire che è una buona notizia: in questi giorni, dopo vent’anni, i governi di Etiopia ed Eritrea sono tornati a parlare insieme di pace. Possa tale incontro accendere una luce di speranza per questi due Paesi e per l’intero continente africano”. Non dimentica i ragazzi intrappolati da giorni in una grotta della Thailandia, per i quali è tuttora in corso una lotta contro il tempo.