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Il Papa nell'inferno di Hiroshima: “Saremo giudicati per questo”

Silenzio. ƈ quello scandito dallaĀ campana della pace che vibra per otto volteĀ nel Memoriale della Pace di Hiroshima. Silenzio e preghiera, quelliĀ di Papa Francesco giuntoĀ nel luogo in cui il 6 agosto 1945 esploseĀ la bomba atomicaĀ quando all'istanteĀ perseroĀ la vita 80.000 persone. Se c'ĆØ una cifra che possa colmare la distanza da quel tragico evento ĆØ proprio ilĀ silenzio. Per un Papa cresciuto alla scuola del discernimento ignaziano, ci sono silenzi e silenzi. Commosso negli occhi e nel cuore, nella penombra della sera,Ā Francesco rievoca quei giorni terribili: “Qui, di tanti uomini e donne, dei loro sogni e speranze, in mezzo a un bagliore di folgore e fuoco, non ĆØ rimasto altro che ombra e silenzio”. Il GiapponeĀ come alfa ed omega dell'uomo. Non c'ĆØ data piĆ¹ consona: nella Domenica che sancisce la fine dell'anno liturgico, la celebrazione della solennitĆ  diĀ Cristo ReĀ parla da sola. Nella liturgia delle lettureĀ diĀ una settimana fa, il profetaĀ Malachia (Ml 3, 19-20)Ā avvertiva: “Ecco infatti sta per venire il giornoĀ roventeĀ come un forno”. Nella celebrazione di CristoĀ principio e fine del mondo, se c'ĆØ un tempo in cui il giorno ĆØ stato “rovente come un forno” ĆØ proprio quel lontano 6 agosto, dove l'uomo toccĆ² l'eventualitĆ  dell'Apocalisse. Davanti al “dovere di venire in questoĀ luogoĀ come pellegrino di pace”, Francesco ammanta la sua visita di un significato escatologico: il PapaĀ ĆØ nell'inferno dell'uomo, dove si sente ancora l'urlo di tanti sofferenti, i “poveri, che sono sempre le vittime piĆ¹ indifese dellā€™odio eĀ dei conflitti”.Ā č¢«ēˆ†č€… hibakushaĀ ĆØ il termine giapponese per designare i sopravvissuti al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki e nell'ideogrammaĀ č€… c'ĆØ la parola “persona”: quell'essere uomini che l'uomo ha cercato di cancellare. “Nessuno in questo modo puĆ² immaginare una simile scena infernale […] eravamo come in un forno crematorio” ha detto una testimone nel discorso che ha preceduto l'intervento del Santo Padre.

Saremo giudicati per le nostre azioni

La lezione di Hiroshima vale oggi piĆ¹ che mai. Il PonteficeĀ ĆØ chiaro: “Se realmente vogliamo costruire una societĆ  piĆ¹ giusta e sicura, dobbiamo lasciare che le armi cadano dalle nostre mani“, e ricorda Papa Paolo VI che, nel Discorso alle Nazioni UniteĀ pronunciato il 4 ottobre 1965, disse: “Non si puĆ² amare con armi offensive in pugno”. Rivolgendosi ai presenti, risuona forte la condanna del Papa: “L'uso dell'energia atomica per fini di guerra ĆØ immorale. Saremo giudicati per questo“. Le sue parole s'imprimono negli occhi di chi ha visto quel bagliore cosƬ temporaneo eppure, allo stesso tempo, devastante. Il Pontefice rintraccia quegli sguardi e prega perchĆ© sia anche il nostro di oggi: “Con convinzione desidero ribadire che lā€™uso dellā€™energia atomica per fini di guerra ĆØ, oggi piĆ¹ che mai, un crimine, non solo contro lā€™uomo e la sua dignitĆ , ma contro ogni possibilitĆ  di futuro nella nostra casa comune. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l'abbiamoĀ realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra. Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? Come possiamo parlare di pace mentre giustifichiamo determinate azioni illegittime con discorsi di discriminazione e di odio?” si domanda, e l'interrogativo scende nel silenzio, appena sfumato dallo scorrere del fiumeĀ Motoyasu.

Vi lascio la pace

Nel memoriale risuonano le parole del Papa: “Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l'intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti?”. Francesco svela l'ipocrisia internazionale e lo fa nel luogo dove la maschera di alleanze e ritorsioni ĆØ andataĀ distrutta nel 1945, svelandoĀ la disumanitĆ  di certe azioni.Ā LƬ, in quello che diventa il luogo simbolicoĀ della veritĆ , Papa Francesco mette in guardia daiĀ deliri di onnipotenza dell'uomo. Ecco che ritorna la solennitĆ  di oggi: Cristo ĆØ Re, mentre “questo abisso di dolore richiamaĀ i limiti che non si dovrebbero mai oltrepassare”. La strada per la pace non ĆØ mai semplice. Il Santo Padre riprende laĀ Gaudium et spesĀ conciliare: “La pace non ĆØ la semplice assenza di guerra […]; ma ĆØ un edificio da costruirsi continuamente” per ribadire che la pace ĆØ, in realtĆ  “Frutto della giustizia, dello sviluppo, della solidarietĆ , dell'attenzione per la nostra casa comune e della promozione del bene comune, imparando dagli insegnamenti della storia”.

Il ruolo della memoria

La storia, maestra di vita dunque. Papa Francesco lo ricorda da Hiroshima: “Non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, memoria che ĆØ garanzia e stimolo per costruire un futuro piĆ¹ giusto e fraterno; ricordo che si diffonde, per risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e le donne, specialmente di coloro che oggi svolgono un ruolo speciale per il destino delle nazioni; memoria viva che aiuti a dire di generazione in generazione: mai piĆ¹!“. Gli imperativi morali a cui si richiama sono, dunque: ricordare, camminare insieme, proteggere. Tre verbi, antidoto all'”inquietudine e […] angoscia”, alle “inaccettabiliĀ disuguaglianze e ingiustizie che minacciano la convivenza umana”, alla “grave incapacitĆ  di averĀ curaĀ della nostra casa comune“. Francesco non ĆØ lƬ per spazzare via le tracce del male in quella terra. Lui stesso parla di “germi della morte che hanno continuato a consumare la loro energia vitale”. Ma quello che puĆ² fare, quale successore di Pietro, ĆØ invitare aĀ iniziare oggiĀ a costruire un mondo migliore, piĆ¹ solidale e rispettoso per tutti.Ā 

Implora Francesco, innalza la preghiera aĀ Dio Padre: “Tu ce l'hai promesso: 'Amore e veritĆ  s'incontreranno. Giustizia e pace si baceranno. VeritĆ  germoglierĆ  dalla terra e giustizia si affaccerĆ  dal cielo'” facendo eco al Salmista. Oggi, nella notte della sera, ritorna quella notte dell'uomo, che puĆ² superarsi solo confidando in Dio: “Vieni, Signore, che si fa sera – recita il Santo Padre –Ā e dove abbondĆ² la distruzione possa oggi sovrabbondare la speranza che ĆØ possibile scrivere e realizzare una storia diversa“. La supplica di Papa Francesco ĆØ quella di un'umanitĆ  che ha smarrito il volto di Cristo Re, facendosi essa stessa re. Ma che oggi prega il Signore, Che ĆØ sopra ogni cosa il Principe della Pace: “Vieni Signore, Principe della pace, rendici strumenti e riflessi della tua pace!” conclude il Pontefice nella penombra del silenzio.

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