Settantacinque anni di storia e “più di un milione e duecentomila tesserati”: è un giorno speciale per il Centro sportivo italiano, l'associazione senza scopo di lucro che, dalla sua fondazione nel 1944, si propone di promuovere una cultura dello sport come strumento di integrazione sociale sulla base dei valori cristiani, attraverso competizioni e attività in oltre cento discipline. E, dopo cinque anni, i suoi rappresentanti tornano a incontrare Papa Francesco: “Non sarei neanche capace di individuare una quantità così grande di discipline diverse – ha detto il Santo Padre -, e questo mi lascia immaginare la varietà delle vostre proposte e l’immensa fantasia del mondo dello sport, dove ognuno può trovare la specialità per la quale si sente più portato”. Una vera e propria missione quella del Csi, portata avanti con lo scopo di offrire con lo sport “uno stile di vita sano e positivo”. Questo perché lo sport “è una grande scuola, a condizione che lo si viva nel controllo di sé e nel rispetto dell’altro”.
Padroni dei nostri limiti
Lo sport, ha spiegato il Santo Padre, dà una grande lezione insegnandoci che “ci si può divertire solo in un quadro di regole ben precise”. E, per questo, quando si affronta una gara si impara che “le regole sono essenziali per vivere insieme; che la felicità non la si trova nella sregolatezza, ma nel perseguire con fedeltà i propri obiettivi; e imparate anche che non ci si sente più liberi quando non si hanno limiti, ma quando, coi propri limiti, si dà il massimo. Dobbiamo essere padroni dei nostri limiti e non schiavi dei nostri limiti”. Orizzonti che il mondo sportivo ci apre, producendo “conseguenze benefiche” per chi lo pratica e “per tutta la società” che vede nella pratica dello sport “un'occasione di aggregazione, di crescita e di fraternità”.
La visione cristiana
“Vi potrebbero chiedere – ha detto ancora Papa Francesco – come possiate sperare che lo sport sia lo strumento per risolvere tanti e tali problemi, e per realizzare una trasformazione così profonda della nostra società. Possiamo rispondere che lo sport può farlo perché migliora le persone, e può favorire una cultura del dialogo e dell’incontro rispettoso. La lotta con gli avversari, nelle competizioni sportive, è sempre definita 'incontro', e mai 'scontro', perché alla fine, sebbene sia meglio vincere, in un certo senso si vince entrambi”. E questo, ha spiegato, “è il mondo che sogniamo, e che con determinazione vogliamo costruire, sulla base di un agonismo sano, che veda sempre nell’avversario anche un amico e un fratello”. E questo è alla base della visione cristiana dell'uomo: “Con questo atteggiamento, con questo cuore così allargato, ogni attività sportiva può essere chiamata gioco… La visione cristiana significa imparare a guardare gli altri e le cose con gli occhi stessi di Gesù… ascoltare le sue parole per capire i suoi sentimenti e cercare di imitare i suoi gesti”.
La gratuità del dare
Ed è un augurio importante quello che il Santo Padre rivolge ai ragazzi del Centro sportivo italiano: “Possiate essere portatori di speranza in tutti gli ambienti nei quali vi trovate a vivere; e stare sempre vicino a chi tra voi è più debole a causa di una disabilità, in modo che partecipi alle varie attività insieme agli altri e non si senta mai escluso”. L'incoraggiamento che il Pontefice ha rivolto è che la loro attività possa “essere ispirata alla gratuità: dare”. Donarsi agli altri ed essere portatori di un messaggio di speranza, da divulgare attraverso la semplicità e la bellezza dello sport.