La teologia di laboratorio è distillata, pura come l'acqua, ma non ha sapore”. Lo ha detto Papa Francesco, in un'aggiunta fatta a braccio al suo discorso tenuto nella Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, a Napoli, incentrato sul tema “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo”. Un incontro promosso dallo stesso ateneo nel quale, ha spiegato il Santo Padre, “il contributo che le donne stanno dando e possono dare alla teologia è indispensabile”, e sottolineando come “la loro partecipazione vada quindi sostenuta come fate in questa Facoltà, dove c'è buona partecipazione di donne come docenti e come studenti”. E' la prima volta che il Pontefice parla della riforma teologica e ha scelto di farlo diventando “convegnista e relatore di se stesso“, come sottolineato nei giorni scorsi dall'Agensir.
La teologia dell'accoglienza e del dialogo
Nel suo discorso, incentrato sul dialogo e l'accoglienza, il Pontefice ha sottolineato che durante il convegno sono state analizzate le contraddizioni e le difficoltà nello spazio del Mediterraneo e quale sia la teologia adeguata al contesto, sottolineando che la teologia è chiamata ad essere “una teologia dell'accoglienza e a sviluppare un dialogo autentico e sincero con le istituzioni sociali e vicili, con i centri universitari e di ricerca, con i leader religiosi e con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per la costruzione nella pace di una società inclusiva e fraterna e per la custodia del creato”. Papa Francesco ha specificato che nel Proemio della Veritatis gaudium, quando viene menzionato l'approfondimento del kerygma e il dialogo come “criteri per rinnovare gli studi, si intende dire che essi sono al servizio del cammino di una Chiesa che sempre più mette al centro l'evangelizzazione”.
Il dialogo non è una fomula magica
Il Pontefice ha avvertito che “il dialogo non è una formula magica, ma certamente la teologia va aiutata nel suo rinnovarsi quando lo assume seriamente, quando esso è incoraggiato e favorito tra docenti e studenti, come pure con le altre forme del sapere e con le altre religioni, soprattutto l'Ebraismo e con l'Islam. Gli studenti di teologia – ha aggiunto – dovrebbero essere educati al dialogo con l'Ebraismo e l'Islam per comprendere le radici comuni e le differenze dele nostre identità religiose, e contribuire così più efficacemente all'edificazione di una società che apprezza la diversità e favorisce il rispetto, la fratellanza e la convivenza pacifica”. “Con i musulmani siamo chiamati a dialogare per costruire il futuro delle nostre società e delle nostre città; siamo chiamati a considerarli partner per costruire una convivenza pacifica – ha sottolineato -, anche quando si verificano episodi sconvolgenti ad opera di gruppi fanatici nemici del dialogo, come la tragedia della scorsa Pasqua nello Sri Lanka”.
I buoni teologi
Dopo aver sottolineato che la teologia dell'accoglienza necessita di teologi che sappiano lavorare insieme in forma interdisciplinare, riuscendo a superare l'ostacolo dell'individualismo, Papa Francesco ha sottolineato che oggi c'è bisogno di “teologi – uomini e donne, presbiteri, laici e religiosi – aperti alle inesauribili novità dello Spirito”. Ma è importante che siano “uomini e donne di compassione, toccati dalla vita oppressa di molti, dalle sschiavitù di oggi, dalle piaghe sociali, dalle violenze, dalle guerre e dalle enormi giustizie subite da tanti poveri che vivono sulle sponde di questo 'mare comune'”. I buoni teologi, spiega il Pontefice “odorano di popolo e strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini. La teologia sia espressione di una Chiesa che è 'ospedale da campo', che vive la sua missione di salvezza e di guarigione nel mondo. La misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la sostanza stessa del Vangelo di Gesù”. Un tema, quello della misericordia, di cui Papa Francesco invita a individuarne la centralità nelle varie discipline, precisando che, senza di essa, “la nostra teologia, il nostro diritto, la nostra pastorale corrono il rischio di franare nella meschinità burocratica o nell'ideologia che, di sua natura, vuole addomesticare il mistero”. Un rischio, questo, che rende “necessaria la libertà teologica”, che concretizzi la possibilità di “sperimentare strade nuove”, lasciando “spazio alla novità dello Spirito del Risorto”. Anche in questo, conclude il Santo Padre, si inserisce la priorità data dall'accoglienza e dal dialogo, per la quale “è indispensabile dotarsi di strutture leggere e flessibili”. La teologia dopo Veritatis gaudium, dunque, assume l'aspetto di una teologia kerygmatica, “del discernimento, della misericordia e dell'accoglienza, che si pone in dialogo con la società, le culture e le religioni per la costruzione della convivenza pacifica di persone e popoli”.