“La morte mette a nudo la nostra vita. Ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira e di odio erano pura vanità”. Al suo arrivo ci si accorge “con rammarico di non aver amato abbastanza e di non aver cercato ciò che era essenziale”. Ma con essa “vediamo quello che di veramente buono abbiamo seminato: gli affetti per i quali ci siamo sacrificati, e che ora ci tengono le mani”. Papa Francesco prosegue le sue catechesi sul tema della speranza cristiana e nel corso dell’Udienza generale di oggi pone l’accento sulla realtà della morte, una realtà, secondo il Pontefice, “che la nostra civiltà moderna tende sempre più a cancellare“. Tuttavia, davanti a questo mistero, che ci fa capire quanto siamo “piccoli e indifesi”, è una grazia mantenere intatta nel cuore “la fiammella della fede!”. Infine, il pensiero del Papa va alle vittime dell’attentato di Mogadiscio, in Somalia, dove sono stati uccisi centinaia di civili: “Prego per i defunti e per i feriti, per i loro familiari e per tutto il popolo della Somalia. Imploro la conversione dei violenti e incoraggio quanti, con enormi difficoltà, lavorano per la pace in quella terra martoriata”.
Il culto dei morti
Nella sua catechesi, Papa Francesco fa notare come al giorno d’oggi, in una società che tende a cancellare questo aspetto della vita umana, le persone siano impreparate alla morte, sia “per chi ci sta vicino o per noi stessi”. Facciamo fatica, sottolinea anche a parlare perché “privi anche di un ‘alfabeto’ adatto per abbozzare parole di senso intorno al suo mistero, che comunque rimane”. Eppure, i primi segni di civilizzazione umana, ricorda Francesco, “sono transitati proprio attraverso questo enigma. Potremmo dire che l’uomo è nato con il culto dei morti”. Prima della nostra civiltà, altri popoli “hanno avuto il coraggio di guardarla in faccia”. In epoche molto antiche “era un avvenimento raccontato dai vecchi alle nuove generazioni, come una realtà ineludibile che obbligava l’uomo a vivere per qualcosa di assoluto”. Il Pontefice cita i Salmi 90 e 88, testi sacri dove il cristiano scopre come “i nostri giorni scorrono via veloci: vivessimo anche cent’anni, alla fine ci sembrerà che tutto sia stato un soffio“. Questo evento misterioso, rimarca il Pontefice, “mette a nudo la nostra vita” e ci rivela che “i nostri atti di orgoglio, di ira e di odio erano pura vanità”. Improvvisamente “ci accorgiamo con rammarico di non aver amato abbastanza”. Eppure, riusciamo anche a vedere “quello che di veramente buono abbiamo seminato: gli affetti per i quali ci siamo sacrificati, e che ora ci tengono la mano”.
La luce della fede
Ma questo buio è stato illuminato da Gesù: “Con il suo comportamento – spiega il Santo Padre -, ci autorizza a sentirci addolorati quando una persona cara se ne va. Lui si turbò ‘profondamente’ davanti alla tomba dell’amico Lazzaro. Lui pianse per il suo amico. E prega il Padre, sorgente della vita, e ordina a Lazzaro di uscire dal sepolcro. E così avviene. La speranza cristiana attinge da questo atteggiamento che Gesù assume contro la morte umana: essa è sì presente nella creazione, ma è uno sfregio che deturpa il disegno di amore di Dio, e il Salvatore vuole guarircene”. Il Papa racconta anche l’episodio della risurrezione della figlia di Giairo (cfr Mc 5,21-24.35-43). Gesù sa che davanti alla morte di una persona cara l’uomo “è tentato di reagire con rabbia e disperazione”, ma raccomanda sempre “di custodire la piccola fiamma che è accesa nel suo cuore: la fede”. “Non temere, soltanto abbi fede”.
“Gesù ci prenderà per mano”
“Gesù ci mette su questo ‘crinale’ della fede – prosegue il Pontefice -. A Marta che piange per la scomparsa del fratello Lazzaro oppone la luce di un dogma: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi tu questo?'”. E questa domanda Cristo continua a ripeterla “ad ognuno di noi, ogni volta che la morte viene a strappare il tessuto della vita e degli affetti. Tutta la nostra esistenza si gioca qui, tra il versante della fede e il precipizio della paura“. Certo, tutti siamo “piccoli e indifesi davanti al mistero della morte”. Ma quale “grazia se in quel momento custodiamo nel cuore la fiammella della fede! Gesù ci prenderà per mano e ripeterà ancora una volta: ‘Rialzati, risorgi!'”. In quel momento “finirà la speranza e sarà la realtà della vita“. Ecco la speranza dei cristiani davanti alla morte: “Per chi crede – rimarca il Papa -, è una porta che si spalanca completamente; per chi dubita è uno spiraglio di luce che filtra da un uscio che non si è chiuso proprio del tutto. Ma per tutti noi sarà una grazia, quando questa luce, dell’incontro con Gesù, ci illuminerà”.
“I violenti si convertano”
Infine, il pensiero del Papa va alla città di Mogadiscio, teatro di un “deplorevole” attentato che ha causato oltre trecento morti, tra cui alcuni bambini.” Questo atto terroristico merita la più ferma deplorazione – afferma il Pontefice -, anche perché si accanisce su una popolazione già tanto provata. Prego per i defunti e per i feriti, per i loro familiari e per tutto il popolo della Somalia. Imploro la conversione dei violenti e incoraggio quanti, con enormi difficoltà, lavorano per la pace in quella terra martoriata”.