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Il Papa incoraggia l’impegno del Gruppo S. Marta contro la tratta

Il Gruppo S. Marta si è riunito per la prima volta nel 2014 proprio nella residenza del Papa da cui prende nome. Da allora autorità ecclesiastiche e civili, capi di polizia e vescovi si sono impegnati a contrastare con tutte le loro forze la tratta di esseri umani ed offrire alle vittime assistenza e occasione di reinserimento. Negli ultimi due giorni il Gruppo si è riunito a Roma sotto la presidenza del card. Nichols, arcivescovo di Westminster, e del capo della polizia di Londra, Bernard Hogan-Howe. I delegati sono stati ricevuti dal S. Padre che li ha incoraggiati a proseguire nel loro impegno che sta offrendo “un contributo importante per contrastare la piaga sociale della tratta di persone, legata a nuove forme di schiavitù, le cui vittime sono uomini e donne, spesso minorenni, sfruttati approfittando della loro povertà ed emarginazione. Come vi scrissi un anno fa in occasione della vostra riunione all’Escorial – ha aggiunto Francesco – quello che serve è un impegno concertato, fattivo e costante, sia per eliminare le cause di questo complesso fenomeno, sia per incontrare, assistere e accompagnare le persone che cadono nei lacci della tratta. Il numero di queste vittime – ci dicono le organizzazioni internazionali – cresce, purtroppo, ogni anno. Sono i più indifesi, ai quali viene rubata la dignità, l’integrità fisica e psichica, persino la vita”.

Il presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha poi incontrato la stampa insieme a due vittime della tratta che hanno offerto la loro toccante testimonianza, in precedenza raccontata al Pontefice: “Abbiamo presentato il report della nostra attività al Papa che ha voluto ascoltare la voce delle vittime” ha detto il cardinale Nichols. La prima storia è stata quella di Al Bangura, un giovane originario della Sierra Leone da cui a 15 anni era dovuto fuggire per non prendere il posto di suo padre, morto quando aveva appena un anno, in una società segreta. Era l’epoca di una feroce guerra civile nel Paese. In Guinea fu avvicinato da un francese con la promessa di essere portato in Europa a giocare in una società di calcio professionistica. Ma una volta a Parigi cominciò un vero e proprio incubo, proseguito a Londra, dove fu rinchiuso in un albergo, stuprato e costretto a prostituirsi. “Non so nemmeno io come – ha raccontato – ma sono riuscito a fuggire”. Senza documenti e senza poter dimostrare la sua età, fu portato in una casa famiglia nel sud est dell’Inghilterra dove iniziò a giocare a pallone. Notato da un osservatore del Watford, riuscì a ottenere davvero un contratto da professionista in Premier League. “Fortunatamente sono riuscito a realizzare il mio sogno – ha detto – ma molti altri come me non possono. Nell’Africa occidentale la mia storia non è inconsueta. La verità è che la schiavitù non avviene in paesi lontani. E’ nelle nostre città e nei nostri sobborghi”.

Non meno drammatica la vicenda vissuta da Princess Inyang, portata anche lei dalla Nigeria a Londra e in Francia nel 1999 con il miraggio di un lavoro da cuoca e invece costretta a finire su un marciapiede con un debito di 45.000 euro nei confronti della maman di turno. Strappata ai suoi aguzzini grazie alla Caritas di Asti, la ragazza ha fondato la onlus Piam per aiutare le ragazze che si trovano nelle sue stesse condizioni. Tre i punti fondamentali indicati da Princess per combattere questa piaga: più progetti internazionali per la scolarizzazione delle ragazze; maggiore collaborazione tra le agenzie internazionali per combattere il commercio del sesso e i traffici in Nigeria, Niger e Libia; infine, garantire rifugi per le vittime della tratta in Europa e programmi di protezione per quanti chiedono aiuto.

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