Udienza, Papa: “Siamo la società della stanchezza, le guerre lo dimostrano”

Papa Francesco, a bordo della ‘papamobile’ scoperta, è entrato alle 8:54 in Piazza San Pietro per la consueta udienza generale del mercoledì. Appena superato l’Arco delle Campane, prima di iniziare il suo giro tra i fedeli, il Pontefice ha fatto fermare la ‘jeep’ e ha fatto salire cinque bambini, con magliette e cappellini di vari colori. Poi ha proseguito il suo percorso tra i vari settori della piazza per salutare e benedire da vicino i pellegrini giunti dall’Italia e da varie parti del mondo.

Infine, si è recato sul palco per la catechesi. Nel discorso in lingua italiana il Pontefice, continuando il ciclo di catechesi sulla Vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema “Qoelet: la notte incerta del senso e delle cose della vita“.

Papa: “Affranto per strage in Texas, basta traffico armi”

“Ho il cuore affranto per la strage nella scuola elementare in Texas. Prego per i bambini, per gli adulti uccisi e per le loro famiglie. E’ tempo di dire basta al traffico indiscriminato delle armi! Impegniamoci tutti perché tragedie così non possano più accadere”. Così il Papa in un appello al termine dell’udienza generale.

La catechesi integrale del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Nella nostra riflessione sulla vecchiaia, oggi ci confrontiamo con il Libro di Qoelet, un altro gioiello incastonato nella Bibbia. A una prima lettura questo breve libro colpisce e lascia sconcertati per il suo celebre ritornello: «Tutto è vanità», tutto è “nebbia”, “fumo”, “vuoto”. Stupisce trovare queste espressioni, che mettono in discussione il senso dell’esistenza, dentro la Sacra Scrittura.

In realtà, la continua oscillazione di Qoelet tra senso e non-senso è la rappresentazione ironica di una conoscenza della vita che si distacca dalla passione per la giustizia, della quale è garante il giudizio di Dio. E la conclusione del Libro indica la via d’uscita dalla prova: «Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo». Di fronte a una realtà che, in certi momenti, ci sembra ospitare tutti i contrari, riservando loro comunque lo stesso destino, che è quello di finire nel nulla, la via dell’indifferenza può apparire anche a noi l’unico rimedio ad una dolorosa disillusione. Sorgono in noi domande come queste: I nostri sforzi hanno forse cambiato il mondo? Qualcuno è forse capace di far valere la differenza del giusto e dell’ingiusto?

È una specie di intuizione negativa che può presentarsi in ogni stagione della vita, ma non c’è dubbio che la vecchiaia rende quasi inevitabile l’appuntamento col disincanto. E dunque la resistenza della vecchiaia agli effetti demoralizzanti di questo disincanto è decisiva: se gli anziani, che hanno ormai visto di tutto, conservano intatta la loro passione per la giustizia, allora c’è speranza per l’amore, e anche per la fede.

E per il mondo contemporaneo è diventato cruciale il passaggio attraverso questa crisi, crisi salutare, perché una cultura che presume di misurare tutto e manipolare tutto finisce per produrre anche una demoralizzazione collettiva del senso, dell’amore, del bene. Questa demoralizzazione ci toglie la voglia di fare.

Una presunta “verità”, che si limita a registrare il mondo, registra anche la sua indifferenza agli opposti e li consegna, senza redenzione, al flusso del tempo e al destino del niente.  In questa sua forma – ammantata di scientificità, ma anche molto insensibile e molto amorale – la moderna ricerca della verità è stata tentata di congedarsi totalmente dalla passione per la giustizia.

Non crede più al suo destino, alla sua promessa, al suo riscatto. Per la nostra cultura moderna, che alla conoscenza esatta delle cose vorrebbe consegnare praticamente tutto, l’apparizione di questa nuova ragione cinica – che somma conoscenza e irresponsabilità – è un contraccolpo durissimo. Infatti, la conoscenza che ci esonera dalla moralità sembra dapprima una fonte di libertà, di energia, ma ben presto si trasforma in una paralisi dell’anima.

Qoelet, con la sua ironia, smaschera già questa tentazione fatale di una onnipotenza del sapere – un “delirio di onniscienza” – che genera un’impotenza della volontà. I monaci della più antica tradizione cristiana avevano identificato con precisione questa malattia dell’anima, che improvvisamente scopre la vanità della conoscenza senza fede e senza morale, l’illusione della verità senza giustizia.

La chiamavano “accidia”. Non è semplicemente la pigrizia. Non è semplicemente la depressione. Piuttosto, è la resa alla conoscenza del mondo senza più passione per la giustizia e per l’azione conseguente. Il vuoto di senso e di forze aperto da questo sapere, che respinge ogni responsabilità etica e ogni affetto per il bene reale, non è innocuo. Non toglie soltanto le forze alla volontà del bene: per contraccolpo, apre la porta all’aggressività delle forze del male. Sono le forze di una ragione impazzita, resa cinica da un eccesso di ideologia. Di fatto, con tutto il nostro progresso e il nostro benessere, siamo davvero diventati “società della stanchezza”.

Dovevamo produrre benessere diffuso e tolleriamo un mercato scientificamente selettivo della salute. Dovevamo porre un limite invalicabile alla pace, e vediamo susseguirsi guerre sempre più spietate verso le persone inermi. La scienza progredisce, naturalmente, ed è un bene. Ma la sapienza della vita è tutt’altra cosa, e sembra in stallo. Infine, questa ragione an-affettiva e ir-responsabile toglie senso ed energie anche alla conoscenza della verità. Non è un caso che la nostra sia la stagione delle fake news, delle superstizioni collettive e delle verità pseudo-scientifiche.

La vecchiaia può imparare dalla saggezza ironica di Qoelet l’arte di portare alla luce l’inganno nascosto nel delirio di una verità della mente priva di affetti per la giustizia. Gli anziani ricchi di saggezza e di umorismo fanno tanto bene ai giovani! Li salvano dalla tentazione di una conoscenza del mondo triste e priva di sapienza della vita. E li riportano alla promessa di Gesù: «Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati».

Milena Castigli: