Una conferenza stampa che ha spaziato su un vasto campinoario di temi, quella di Papa Francesco sul volo di ritorno da Tallinn, al termine di un intenso viaggio apostolico di tre giorni nelle altrettante Repubbliche baltiche. Un pellegrinaggio che il Santo Padre ha lungamente impostato sul pilastro delle radici, sulle quali le popolazioni di Lettonia, Lituania ed Estonia hanno edificato oggi la loro fede cristiana. Ma durante il viaggio di ritorno, Papa Francesco ha affrontato anche l'argomento Cina, con la quale è stato siglato un importante accordo poco prima della sua partenza verso il Mar Baltico: “Questo è un processo di anni, un dialogo tra la commissione vaticana e la commissione cinese, per sistemare la nomina dei vescovi, la squadra vaticana ha lavorato tanto… Questo mi dà una sicurezza molto grande… Voi sapete che quando si fa un accordo di pace, ambedue le parti perdono qualcosa… I vescovi che erano in difficoltà sono stati studiati caso per caso. E i dossier di ciascuno è arrivato sulla mia scrivania”. E precisa che, a proposito del ristabilimento della loro comunione con il Papa, è stato lui “il responsabile di firmare”.
“Dialogo sui candidati, ma la nomina è del Papa”
Il Pontefice ha spiegato che “sempre in un accordo c’è sofferenza. Ma loro hanno una grande fede e mi scrivono, fanno arrivare i messaggi per dire che quello che la Santa Sede, quello che Pietro dice, è quello che dice Gesù. La fede martiriale di questa gente oggi va avanti. Sono dei grandi. L’accordo l’ho firmato io, le lettere plenipotenziarie le ho firmate io. Io sono il responsabile, gli altri hanno lavorato per più di dieci anni. Non è un’improvvisazione, è un vero cammino”. E rivela un aneddoto: “Quando c’è stato quel famoso comunicato di un ex nunzio apostolico (un riferimento al caso Viganò, ndr), gli episcopati del mondo mi hanno scritto dicendomi che si sentivano vicini e pregavano per me. Dei fedeli cinesi mi hanno scritto e la firma di questo scritto era del vescovo della Chiesa, diciamo così, 'tradizionale cattolica' e il vescovo della Chiesa 'patriottica', insieme tutti e due ed entrambe le comunità di fedeli”. Quello che c'è ora è “un dialogo sugli eventuali candidati, ma nomina Roma, nomina il Papa, questo è chiaro”.
Identità uguale fortezza
Parlando del viaggio appena concluso, durante il quale è stata più volte rimarcata l'importanza dell'identità di popolo, il Pontefice ha ricordato che “fare ponte suppone ed esige fortezza, non solo di appartenenza ma della propria identità. Io sono consapevole che la situazione dei tre Paesi baltici sempre è in pericolo, la paura dell’invasione, perché la storia stessa vi ricorda questo… Ma è una partita che si gioca ogni giorno, con la cultura, col dialogo”. E, a tal proposito, ricorda la sua visita al Museo di Vilnius: “Quello era un carcere, dove i detenuti per ragioni politiche o religiose erano portati… Quel giorno sono rimasto distrutto. Mi ha fatto pensare sulla crudeltà. Ma vi dico, con l’informazione che noi abbiamo oggi, la crudeltà non è finita. La stessa crudeltà oggi si trova in tanti posti di detenzione. Oggi si trova in tanti carceri. Anche la sovrappopolazione di un carcere è un modo di tortura, di non vivere con dignità”.
“Gli abusi sono mostruosi”
Sulle parole dette ai giovani estoni in merito agli scandali degli abusi emersi negli ultimi mesi, Papa Francesco ha articolato la risposta a una domanda di una giornalista spiegando che “giovani si scandalizzano dell’ipocrisia dei grandi, delle guerre, si scandalizzano dell’incoerenza, si scandalizzano della corruzione. E in questo entra quello che lei sottolinea, gli abusi sessuali. E' vero che c’è un’accusa alla Chiesa. Tutti sappiamo e conosciamo le statistiche, io non le dirò, ma anche fosse stato un solo prete ad abusare di un bambino o una bambina questo è mostruoso! Perché quell’uomo è stato scelto da Dio per portare quel bambino al Cielo. Capisco che i giovani si scandalizzano per questa corruzione. Sanno che c’è dappertutto, ma nella Chiesa è più scandalosa. Bisogna portare i bambini a Dio e non distruggerli”. E, sul ruolo dell'istituzione ecclesiale nel “pulire questa corruzione”, il Santo Padre ha spiegato che se c'è stata una diminuzione di casi, come accaduto per il report della Pennsylvania, è “perché la Chiesa se n’è accorta che doveva lottare in un altro modo. E ce l’ha messa tutta… Mai ho firmato una richiesta di grazia dopo una condanna su questo; su questo non si negozia. Nei tempi antichi queste cose si coprivano… perché era una vergogna molto grande, era il modo di pensare dei secoli scorsi”. Non bisogna dimenticare, ha precisato, che “un fatto storico va interpretato con l’ermeneutica dell’epoca nella quale è avvenuto, non con l’ermeneutica di oggi”.