Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza nella Sala Clementina i membri dell’International Catholic Migration Commission (ICMC), in occasione del Consiglio Plenario che si conclude oggi a Roma. Dopo il saluto del presidente, il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, il S. Padre ha ricordato il discorso di san Giovanni Paolo II che a sua volta riprendeva le parole di Paolo VI: “La causa di questo organismo di cui fate parte è la causa di Cristo stesso. Questa realtà non è cambiata con il tempo, anzi – ha ribadito il Papa – l’impegno si è rafforzato in considerazione delle condizioni disumane in cui versano milioni di fratelli e sorelle migranti e rifugiati in diverse parti del mondo”.
Francesco insiste sulle radici bibliche dell'accoglienza che fa “parte integrante della missione che Dio ha affidato alla Chiesa”. “Sono cambiate molte cose dal 1951” data della fondazione dell'ICMC, ha sottolineato il S. Padre: “I bisogni sono diventati sempre più complessi; gli strumenti per rispondervi si sono resi più sofisticati; il servizio è andato facendosi via via più professionale. Nessuno di questi cambiamenti, però, è riuscito – grazie a Dio – a scalfire la fedeltà della Commissione alla sua missione”. Il Pontefice ha ricordato che “in oltre 65 anni di attività, la Commissione si è distinta nella realizzazione, in nome della Chiesa, di un’opera poliedrica di assistenza ai migranti e ai rifugiati nelle più varie situazioni di vulnerabilità. Le molteplici iniziative avviate nei cinque continenti rappresentano declinazioni esemplari dei 4 verbi – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – con i quali ho voluto esplicitare la risposta pastorale della Chiesa di fronte alle migrazioni contemporanee. Auspico che quest’opera continui, animando le Chiese locali a prodigarsi per le persone che sono state costrette a lasciare la propria patria e che diventano troppo spesso vittime di inganni, violenze e abusi di ogni genere. Grazie all’esperienza inestimabile, accumulata in tanti anni di lavoro, la Commissione può offrire un’assistenza qualificata alle Conferenze episcopali e alle Diocesi che stanno ancora cercando di organizzarsi per meglio rispondere a questa sfida epocale”.
Il Papa ha insistito ancora una volta sulla necessità, “per liberare gli oppressi, gli scartati e gli schiavi di oggi” di promuovere “un dialogo aperto e sincero con i governanti, un dialogo che fa tesoro dell’esperienza vissuta, delle sofferenze e delle aspirazioni del popolo, per richiamare ciascuno alle proprie responsabilità. I processi avviati dalla comunità internazionale verso un patto globale sui rifugiati e un altro per una migrazione sicura, ordinata e regolare rappresentano uno spazio privilegiato per realizzare tale dialogo. Anche in questo la Commissione si è impegnata in prima linea offrendo un contributo valido e competente in ordine a trovare quelle nuove vie auspicate dalla comunità internazionale per rispondere con accortezza a questi fenomeni che caratterizzano la nostra epoca”. Il Pontefice ha elogiato l'opera intrapresa da molte Conferenze episcopali “verso i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati” ma, ha ricordato, “il lavoro non è concluso. Insieme dobbiamo incoraggiare gli Stati a concordare risposte più adeguate ed efficaci alle sfide poste dai fenomeni migratori; e possiamo farlo sulla base dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Dobbiamo altresì impegnarci per assicurare che alle parole – codificate nei due Patti citati – seguano impegni concreti nel segno di una responsabilità globale e condivisa. Ma l’impegno della Commissione va oltre. Chiedo allo Spirito Santo di continuare a illuminare la vostra importante missione – ha concluso – manifestando l’amore misericordioso di Dio ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati”.