“Che cosa vuol dire essere cristiani? Vuol dire guardare alla luce, continuare a fare la professione di fede nella luce, anche quando il mondo è avvolto dalla notte e dalle tenebre”. Papa Francesco riprende le udienze generali del mercoledì dopo la pausa estiva del mese di luglio. In Aula Paolo VI, davanti a circa settemila pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, il Pontefice parla del sacramento del battesimo, di come il rito si è modificato nel corso dei secoli, “perdendo la sensibilità del linguaggio cosmico“, ponendo l’accento sulla professione di fede dei cristiani, “sempre orientati verso la luce”. Poi aggiunge: “Noi siamo nati due volte: la prima alla vita naturale, la seconda, grazie all’incontro con Cristo, nel fonte battesimale. Lì siamo diventati umani come mai lo avremmo immaginato”.
Il linguaggio cosmico del rito battesimale
Papa Francesco ricorda il tempo antico nel quale “le chiese erano orientate verso est. Si entrava nell’edificio sacro da una porta aperta verso occidente e, camminando nella navata, ci si dirigeva verso oriente”. Un simbolo importante per l’uomo di quell’epoca, “un’allegoria che nel corso della storia è progressivamente decaduta“. In effetti, gli uomini moderni, fa notare il Pontefice, sono “molto meno abituati a cogliere i grandi segni del cosmo”. “L’occidente è il punto cardinale del tramonto, dove muore la luce. L’oriente, invece, è il luogo dove le tenebre vengono vinte dalla prima luce dell’aurora e ci richiama il Cristo – prosegue -, sole sorto dall’alto all’orizzonte del mondo”. L’antico rito del battesimo prevedeva che i catecumeni “emettessero la prima parte della loro professione di fede tenendo lo sguardo rivolto verso occidente”. In quella posizione veniva chiesto loro di “rinunciare a Satana e alle sue opere. E i futuri cristiani ripetevano in coro: ‘Rinuncio!’. Poi ci si volgeva verso l’abside, in direzione dell’oriente, dove nasce la luce, e i candidati venivano di nuovo interrogati: ‘Credete in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo?’. E questa volta rispondevano: ‘Credo!'”. Oggi “si è parzialmente smarrito il fascino di questo rito: abbiamo perso la sensibilità al linguaggio del cosmo”. Ma, naturalmente, “ci è rimasta la professione di fede”, che rimane “intatta nel suo significato”.
Orientati alla luce
“Che cosa vuol dire essere cristiani? Vuol dire guardare alla luce, continuare a fare la professione di fede nella luce, anche quando il mondo è avvolto dalla notte e dalle tenebre”, sottolinea il Santo Padre. Quindi fa notare che “i cristiani non sono esenti dalle tenebre, esterne e anche interne”. Essi non vivono fuori dal mondo, tuttavia, “per la grazia di Cristo ricevuta nel Battesimo”, sono uomini e donne “orientati alla luce”: “non credono nell’oscurità, ma nel chiarore del giorno; non soccombono alla notte, ma sperano nell’aurora”.
Tutto trova compimento in Dio
“Noi siamo coloro che credono che Dio è Padre: questa è la luce! Crediamo che Gesù è sceso in mezzo a noi, ha camminato nella nostra stessa vita, facendosi compagno soprattutto dei più poveri e fragili: questa è la luce! Crediamo che lo Spirito Santo opera senza sosta per il bene dell’umanità e del mondo, e perfino i dolori più grandi della storia verranno superati – aggiunge -: questa è la speranza che ci ridesta ogni mattina! Crediamo che ogni affetto, ogni amicizia, ogni buon desiderio, ogni amore, perfino quelli più minuti e trascurati, un giorno troveranno il loro compimento in Dio: questa è la forza che ci spinge ad abbracciare con entusiasmo la nostra vita di tutti i giorni!”. Altro segno della liturgia battesimale che ci ricorda l’importanza della luce è la consegna di una candela, “la cui fiamma è accesa al cero pasquale”, “il grande cero che nella notte di Pasqua entra nella chiesa completamente buia, per manifestare il mistero della Risurrezione di Gesù; da quel cero tutti accendono la propria candela e trasmettono la fiamma ai vicini: in quel segno c’è la lenta propagazione della Risurrezione di Gesù nelle vite di tutti i cristiani. La vita della Chiesa è contaminazione di luce“.
Nati due volte
Papa Francesco esorta tutti a ricordare il giorno del proprio battesimo: “Noi siamo nati due volte: la prima alla vita naturale, la seconda, grazie all’incontro con Cristo, nel fonte battesimale. Lì siamo morti alla morte, per vivere da figli di Dio in questo mondo. Lì siamo diventati umani come mai lo avremmo immaginato”. Per questo ogni cristiano ha il compito di “diffondere il profumo del Crisma”, con il quale si è stati segnati nel giorno del battesimo. “In noi vive e opera lo Spirito di Gesù, primogenito di molti fratelli, di tutti coloro che si oppongono all’ineluttabilità della tenebra e della morte”. “Che grazia quando un cristiano diventa veramente un ‘cristo-foro'”, ovvero “portatore di Gesù” nel mondo, prosegue il Pontefice. Un cristiano che porta Cristo anche in “situazioni di lutto, di disperazione, di tenebre e di odio” si capisce di averlo di fronte da tanti piccoli particolari: “dalla luce che custodisce negli occhi, dal sottofondo di serenità che non viene intaccato nemmeno nei giorni più complicati, dalla voglia di ricominciare a voler bene anche quando si sono sperimentate molte delusioni“. “In futuro, quando si scriverà la storia dei nostri giorni, che si dirà di noi? Che siamo stati capaci di speranza, oppure che abbiamo messo la nostra luce sotto il moggio? Se saremo fedeli al nostro battesimo – conclude -, diffonderemo la luce della speranza di Dio e potremo trasmettere alle generazioni future ragioni di vita”.
Il ricordo della Gmg di Cracovia
Nel salutare i pellegrini provenienti dalla Polonia, Papa Francesco ricorda l’incontro della Giornata Mondiale della Gioventù, svoltosi nel luglio dello scorso anno a Cracovia: “Ringrazio il Signore per l’entusiasmo di fede dei giovani che lo Spirito Santo ha suscitato in quei giorni e continua a rafforzare nei loro cuori – afferma il Pontefice -. Siano sentinelle della speranza per le generazioni future! Dio vi benedica“.
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