Tre parole in dono, un sostantivo, un verbo e un aggettivo. Tre diversi concetti sui quali discernere e cheĀ Papa Francesco sceglie come oggetto della sua riflessione nell'omelia ai missionari presenti a San Pietro nella Santa Messa per la 93esima Giornata mondiale a loro dedicata. “Monte”, “salire”, “tutti”: parole diverse ma che si intersecano alla perfezione, tracciando un'unica linea di continuitĆ nell'azione del missionario. Ed ĆØ dal sostantivo che il Pontefice inizia a snodare la sua catechesi: “Sembra che il monte sia il luogo dove Dio ami dare appuntamento allāumanitĆ intera. Ć il luogo dellāincontro con noi, come mostra la Bibbia dal Sinai al Carmelo fino a GesĆ¹, che proclamĆ² le Beatitudini sulla montagna, si trasfigurĆ² sul monte Tabor, diede la vita sul Calvario e ascese al cielo dal Monte degli Ulivi. Il monte, luogo dei grandi incontri tra Dio e lāuomo, ĆØ anche il posto dove GesĆ¹ trascorse ore e ore in preghiera, a unire terra e Cielo, noi suoi fratelli al Padre”. Per questo ĆØ necessario riflettere su cosa significhi il monte per noi: “Che siamo chiamati ad avvicinarci a Dio e agli altri: a Dio, lāAltissimo, nel silenzio, nella preghiera, prendendo le distanze dalle chiacchiere e dai pettegolezzi che inquinano. Ma anche agli altri, che dal monte si vedono in unāaltra prospettiva, quella di Dio che chiama tutte le genti: dallāalto gli altri si vedono nellāinsieme e si scopre che lāarmonia della bellezza ĆØ data solo dallāinsieme”. Il monte, infatti, “ci ricorda che i fratelli e le sorelle non vanno selezionati, ma abbracciati, con lo sguardo e soprattutto con la vita”. Ed ĆØ sempre in cima a un monte che inizia la missione, perchĆ© lƬ “si scopre ciĆ² che conta”.
Salire al monte
Al concetto del monte si abbina il verbo salire: “Non siamo nati per stare a terra, per accontentarci di cose piatte, siamo nati per raggiungere le altezze, per incontrare Dio e i fratelli. Ma per questo bisogna salire: bisogna lasciare una vita orizzontale, lottare contro la forza di gravitĆ dellāegoismo, compiere un esodo dal proprio io”. Un gesto che costa fatica ma che ĆØĀ “lāunico modo per vedere tutto meglio“, salendo senza il fardello delle cose a cui ĆØ necessario rinunciare il che, d'altronde, “ĆØ anche il segreto della missione: l'annuncio credibile non ĆØ fatto di belle parole, ma di vita buona: una vita di servizio, che sa rinunciare a tante cose materiali che rimpiccioliscono il cuore, rendono indifferenti e chiudono in sĆ© stessi; una vita che si stacca dalle inutilitĆ che ingolfano il cuore e trova tempo per Dio e per gli altri”. E questo ci riguarda in quanto fratelli, come “tutti”, l'aggettivo che prevale nelle Letture: “Il Signore ĆØ ostinato nel ripetere questoĀ tutti. Sa che noi siamo testardi nel ripetere 'mio' e 'nostro'…Ā Tutti, perchĆ© nessuno ĆØ escluso dal suo cuore, dalla sua salvezza; tutti, perchĆ© il nostro cuore vada oltre le dogane umane, oltre i particolarismi fondati sugli egoismi che non piacciono a Dio”. Ed ecco la missione: “Salire sul monte a pregare per tutti e scendere dal monte per farsi dono a tutti”.
L'Angelus
Un concetto, quello che lega i tre termini, che Papa Francesco ha ripreso anche nell'Angelus domenicale: “Per vivere in pienezza la missione cāĆØ una condizione indispensabile:Ā la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante… La preghiera ĆØ il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non lāhanno ricevuta. Ć anche una bella occasione oggi per domandarci: io prego per i missionari? Prego per coloro che vanno lontano per portare la Parola di Dio con la testimonianza? Pensiamoci”.