I giovani cercano la “vertigine” che li faccia sentire vivi? Diamogliela! Vogliono essere protagonisti? Diamo loro spazio perché lo siano. Ma per fare questo occorre orientarli, aiutarli ad acquisire autostima, insegnare loro a riscoprire il valore dell’austerità. Occorre accompagnarli pensando “in romanesco”, avendo presenti vite, volti, famiglie concrete. Questo il senso del discorso con cui Papa Francesco ha aperto il Convegno ecclesiale diocesano nella basilica di San Giovanni in Laterano, dopo aver incontrato alcune famiglie di immigrati ospitati nelle parrocchie e negli istituti religiosi diocesani, incontro che ha fatto slittare di qualche minuto l’inizio del Convegno sul tema “Non lasciamoli soli! Accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti”, alla presenza del cardinale vicario Vallini e del suo successore designato mons. De Donatis. E proprio il porporato ha ricordato la prossima fine del suo mandato, ringraziando il Papa per il privilegio di aver potuto collaborare con lui e garantendo “vicinanza, stima e leale collaborazione” al “carissimo don Angelo a cui mi legano profonda comunione e affetto”.
I ringraziamenti
E il Papa ha raccontato le fasi del conclave in cui, dopo l’elezione gli è venuto subito di chiamare il vicario. “E da quel momento mi ha accompagnato. Lo voglio ringraziare. Ha tante virtù e un senso dell’oggettività che mi ha aiutato tante volte, perché io a volte volo e lui mi faceva atterrare con tanta carità! Ma – ha aggiunto – il cardinale non va in pensione: fa parte di 6 congregazioni, ed è meglio così, perché un napoletano senza lavoro sarebbe una calamità per la diocesi!”.
In romanesco!
“La prima delle chiavi per entrare in questo tema ho voluto chiamarla ‘in romanesco’ – ha esordito il Papa – il dialetto proprio dei romani. Non di rado cadiamo nella tentazione di pensare o riflettere sulle cose “in genere”, “in astratto”. Pensare ai problemi, alle situazioni, agli adolescenti… E così, senza accorgercene, cadiamo in pieno nel nominalismo. Oggi vi invito a pensare “in dialetto”. E per questo bisogna fare uno sforzo notevole, perché ci è chiesto di pensare alle nostre famiglie nel contesto di una grande città come Roma (…) La vita delle famiglie e l’educazione degli adolescenti in una grande metropoli come questa esige alla base un’attenzione particolare e non possiamo prenderla alla leggera”. Il Papa ha sottolineato che “vivete le tensioni di questa grande città. In molte delle visite pastorali che ho compiuto mi hanno presentato alcune delle vostre esperienze quotidiane: le distanze tra casa e lavoro (in alcuni casi fino a 2 ore per arrivare); la mancanza di legami familiari vicini, a causa del fatto di essersi dovuti spostare per trovare lavoro o per poter pagare un affitto; il vivere sempre “al centesimo” per arrivare alla fine del mese; il tempo tante volte insufficiente per conoscere i vicini là dove viviamo; il dover lasciare in moltissimi casi i figli soli… E così potremmo andare avanti elencando una gran quantità di situazioni che toccano la vita delle nostre famiglie. Perciò la riflessione, la preghiera, fatela ‘in romanesco’, con volti di famiglie ben concreti e pensando come aiutarvi tra voi a formare i vostri figli all’interno di questa realtà. Lo Spirito Santo è il grande iniziatore e generatore di processi nelle nostre società e situazioni. E’ la grande guida delle dinamiche trasformatrici e salvatrici. Con Lui non abbiate paura di ‘camminare’ per i vostri quartieri, e pensare a come dare impulso a un accompagnamento per i genitori e gli adolescenti.
Connessi
Il Papa si è soffermato sul “fenomeno crescente della società sradicata. Vale a dire persone, famiglie che a poco a poco vanno perdendo i loro legami, quel tessuto vitale così importante”. Un “clima di sradicamento” che “passa nei nostri sguardi e specialmente nella vita dei nostri figli”. E “quando non ci sono radici, qualsiasi vento finisce per trascinarti. Per questo una delle prime cose a cui dobbiamo pensare come genitori, come famiglie, come pastori sono gli scenari dove radicarci, dove generare legami, trovare radici, dove far crescere quella rete vitale che ci permetta di sentirci casa”. E non possono essere le “connessioni virtuali” a offrire queste radici per la loro intrinseca volatilità. Il Papa è tornato a sottolineare l’importanza del “dialogo intergenerazionale“: “So che può risultare ripetitivo ma lo sento come qualcosa che lo Spirito Santo preme nel mio cuore: affinché i nostri giovani abbiano visioni, siano ‘sognatori‘, possano affrontare con audacia e coraggio i tempi futuri, è necessario che ascoltino i sogni profetici dei loro padri” altrimenti “saranno presi dalle ‘visioni’ di altri”. Poi a braccio ha fatto una lunga aggiunta. “Forse sono ossessionato – ha detto – ma bisogna fare spazio ai figli per parlare con i nonni. A volte bisogna scavalcare i genitori, per prendere le radici dei nonni che hanno questa qualità di trasmettere la fede, la saggezza… Oggi ai nonni non li lasciano sognare, questa cultura li scarta perché non producono. Ma i nonni possono sognare quando si incontrano con la vita nuova. Danno ai bambini un’appartenenza di cui hanno bisogno”. Occorre “trovare la storia concreta nei nonni”. Al contrario, il Papa ha poi messo in guardia dagli “zii, specialmente quelli non sposati. Le prime parolacce io le ho imparate da uno zio zitello!”.
In movimento
Francesco ha evidenziato che l’adolescenza “è un tempo prezioso nella vita dei vostri figli. Un tempo difficile, sì. Un tempo di cambiamenti e di instabilità, sì. Una fase che presenta grandi rischi, senza dubbio. Ma, soprattutto, è un tempo di crescita per loro e per tutta la famiglia. L’adolescenza non è una patologia. Un figlio che vive la sua adolescenza (per quanto possa essere difficile per i genitori) è un figlio con futuro e speranza.”. Non è tutto “indifferente – ha aggiunto – ma nemmeno tutto ha la stessa importanza. Perciò bisogna discernere quali battaglie sono da fare e quali no. In questo serve molto ascoltare coppie con esperienza, che se pure non ci daranno mai una ricetta, ci aiuteranno con la loro testimonianza a conoscere questo o quel margine o gamma di comportamenti”. Il S. Padre ha poi affermato che i giovani “cercano in molti modi la ‘vertigine‘ che li faccia sentire vivi. Dunque, diamogliela! Stimoliamo tutto quello che li aiuta a trasformare i loro sogni in progetti, e che possano scoprire che tutto il potenziale che hanno è un ponte, un passaggio verso una vocazione (nel senso più ampio e bello della parola). Proponiamo loro mete ampie, grandi sfide e aiutiamoli a realizzarle, a raggiungere le loro mete. Non lasciamoli soli. Perciò, sfidiamoli più di quanto loro ci sfidano. Non lasciamo che la “vertigine” la ricevano da altri, i quali non fanno che mettere a rischio la loro vita: diamogliela noi. Ma la vertigine giusta. Farli protagonisti di qualcosa. Questo richiede di trovare educatori capaci di impegnarsi nella crescita dei ragazzi. E’ importante aiutarli ad acquisire autostima“.
Una educazione integrata
Il Papa ha proposto un modello di educazione “socio-integrata, cioè un’educazione basata sull’intelletto (la testa), gli affetti (il cuore) e l’agire (le mani). Questo offrirà ai nostri ragazzi la possibilità di una crescita armonica a livello non solo personale, ma al tempo stesso sociale. Urge creare luoghi dove la frammentazione sociale non sia lo schema dominante. A tale scopo occorre insegnare a pensare ciò che si sente e si fa, a sentire ciò che si pensa e si fa, a fare ciò che si pensa e si sente. Vogliono essere protagonisti: diamo loro spazio perché siano protagonisti, orientandoli.
Sì all’adolescenza, no alla competizione
Francesco ha analizzato anche il fenomeno abbastanza diffuso in base al quale “i ragazzi vogliono essere ‘grandi’ e i ‘grandi’ vogliono essere o sono diventati adolescenti. Non possiamo ignorare questa cultura, dal momento che è un aria che tutti respiriamo. Oggi siamo passati dal confronto alla competizione. Com’è triste che qualcuno voglia fare il “lifting” al cuore! Com’è doloroso che qualcuno voglia cancellare le “rughe” di tanti incontri, di tante gioie e tristezze!”. E ha citato la grande Anna Magnani che non volle farsi il lifting: “Queste rughe mi sono costate tutta la vita!”. In un certo senso, ha proseguito il Papa, “questa è una delle minacce “inconsapevoli” più pericolose nell’educazione dei nostri adolescenti: escluderli dai loro processi di crescita perché gli adulti occupano il loro posto. Adulti che non vogliono essere adulti e vogliono giocare a essere adolescenti per sempre.
La “golosità” spirituale
Il S. Padre ha concluso parlando dell’importanza dell’austerità: “Viviamo in un contesto di consumismo molto forte; sembra che siamo spinti a consumare consumo, nel senso che l’importante è consumare sempre. Perciò, è urgente recuperare quel principio spirituale così importante e svalutato: l’austerità”. Educare a questo stile di vita “è una ricchezza incomparabile. Risveglia l’ingegno e la creatività, genera possibilità per l’immaginazione e specialmente apre al lavoro in équipe, in solidarietà. Apre agli altri” al contrario di una specie di “golosità spirituale” che è un atteggiamento di quanti “divorano tutto ciò che li circonda (sembrano ingozzarsi mangiando). Credo che ci faccia bene educarci meglio e dare spazio all’austerità”.