E'tornato a Roma Papa Francesco, dopo due giorni trascorsi in Marocco per ribadire quanto già affermato durante il suo viaggio ad Abu Dhabi: la strada del dialogo e del rispetto reciproco è l'unica percorribile perché “chi costruisce muri” poi “ne resta prigioniero”. Sul volo di ritorno da Rabat, il Santo Padre ha tenuto la consueta conferenza stampa in volo, ripercorrendo le tappe del Viaggio apostolico e toccando altri temi sensibili della Chiesa di oggi. Di questa due giorni in Marocco il Papa porta con sé la speranza, parla di “fiori che poi daranno frutto”, un “fiore di coesistenza” con i fratelli musulmani già sugellato nel documento firmato ad Abu Dhabi. Il Santo Padre riconosce che “ci saranno ancora difficoltà perché purtroppo, ci sono gruppi intransigenti. Ma questo vorrei dirlo chiaramente: in ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti e vive dei ricordi amari, delle lotte del passato, cerca di più la guerra e anche semina la paura. Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, andare per mano, sempre avanti. Abbiamo visto, anche nel dialogo con voi qui in Marocco, che ci vogliono dei ponti e sentiamo dolore quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri… Coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri”.
Libertà di coscienza
Sul piano del dialogo, Papa Francesco ha ricordato come questo non possa essere un laboratorio ma “deve essere umano, e se è umano è con la mente, il cuore e le mani e così si firmano dei patti”. In Marocco, ha ricordato, “c'è libertà di culto” e la fede “cresce nella consapevolezza, nella capacità di capire se stessa”. Anche la Chiesa ha avuto la capacità di crescere e, assieme, “il rispetto della persona e della libertà di culto. Anche noi dobbiamo continuare a crescere. Ci sono cattolici che non accettano quello che il Vaticano II ha detto sulla libertà di culto, la libertà di coscienza. Ci sono cattolici che non accettano. Anche noi abbiamo questo problema ma anche i fratelli musulmani crescono nella coscienza e alcuni Paesi non capiscono bene o non crescono così come altri. In Marocco c’è questa crescita”. C'è un altro punto, però, che il Papa tocca spiegando che a preoccupare di più è “la retrocessione di noi cristiani quando togliamo la libertà di coscienza”. Papa Francesco invita a pensare “ai medici e alle istituzioni ospedaliere cristiane che non hanno il diritto della obiezione di coscienza, per esempio per l’eutanasia… Oggi noi cristiani abbiamo il pericolo che alcuni governi ci tolgano la libertà di coscienza che è il primo passo per la libertà di culto. Non è facile la risposta, ma non accusiamo i musulmani, accusiamo anche noi in questi Paesi dove succede questo. C’è da vergognarsi”.
“Ponti ai porti”
Riferendosi alle fortissime restrizioni imposte a chi tenta di varcare la frontiera dal Marocco alla Spagna per ritrovarsi davanti al Mediterraneo, a volte utitlizzando metodi estremi, Papa Francesco ha detto che tanta crudeltà è inconcepibile, “non entra nella mia testa e nel mio cuore così come vedere qualcuno affogare nel mare: c'è la necessità di mettere 'ponti ai porti'” e “l'Unione europea non può mandar via la gente sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani dei trafficanti. Una volta ho parlato con un governante, un uomo che io rispetto: Alexis Tsipras. Lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto questa frase: 'I diritti umani vengono prima degli accordi'. Questa frase merita il premio Nobel”. E, restando sull'Europa, il Pontefice riconosce come vi sia “tanta gente di buona volontà, non solo cattolica” che “è un po’ presa dalla paura, che è la predica usuale dei populismi. Si semina paura e poi si prendono delle decisioni. La paura è l’inizio delle dittature. Seminare paura è fare una raccolta di crudeltà, di chiusure e anche di sterilità. Pensate alla mancanza di memoria storica: l’Europa è stata fatta da migrazioni e questa è la sua ricchezza. Ma Se l’Europa così generosa vende le armi allo Yemen per ammazzare dei bambini come fa l’Europa a essere coerente?”. È vero, sottolinea, “che un Paese non può ricevere tutti, ma c’è tutta l’Europa per distribuire i migranti. Se un Paese non può integrare deve pensare subito a parlare con altri Paesi. Ci vuole generosità, con la paura non andremo avanti, con i muri rimarremo chiusi in questi muri”.
Il caso Barbarin
E, su domanda, parla anche del cardinal Barbarin, di cui non ha accettato le dimissioni: “Lui, uomo di Chiesa, ha dato le dimissioni, ma io non posso moralmente accettarle perché giuridicamente, ma anche nella giurisprudenza mondiale classica, c’è la presunzione di innocenza, durante il tempo che la causa è aperta. Lui ha fatto ricorso e la causa è aperta. Poi quando il secondo tribunale dà la sentenza vediamo cosa succede. Ma sempre avere la presunzione di innocenza. Questo è importante perché va contro la superficiale condanna mediatica… Forse non è innocente ma c’è la presunzione. Una volta ho parlato in un caso in Spagna di come la condanna mediatica ha rovinato la vita di sacerdoti che poi sono stati riconosciuti innocenti”.