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Il Papa: “C'è bisogno di una Chiesa senza frontiere”

Ci troviamo oggi dinanzi al primo racconto di guarigione, davanti a un miracolo, che è il primo racconto di guarigione del Libro degli Atti. Esso ha una chiara finalità missionaria, che punta a suscitare la fede”. Così Papa Francesco descrive l'episodio del miracolo esercitato da Pietro, che solleva e guarisce un paralitico nel nome di Gesù, sul quale il Santo Padre ha incentrato la sua riflessione nell'ambito delle sue catechesi sugli Atti degli Apostoli: “Ricordiamo che di fronte a un cieco dalla nascita, il popolo aveva domandato a Gesù: 'Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?'. Secondo quella mentalità, c’è sempre una colpa all’origine di una malformazione. E in seguito era stato negato loro persino l’accesso al Tempio. Lo storpio, paradigma dei tanti esclusi e scartati della società, è lì a chiedere l’elemosina come ogni giorno”.

Il ritratto della Chiesa

Con quell'uomo, gli apostoli Pietro e Giovanni “innescano un gioco di sguardi” e, se in un primo momento lo storpio li osserva per chiedere loro l'elemosina, Pietro lo invita a guardarli con occhi nuovi, offrendogli in dono né oro né argento ma, nel nome di Gesù, la guarigione dalle sue pene: “Gli apostoli – ha spiegato il Pontefice – hanno stabilito una relazione, perché questo è il modo in cui Dio ama manifestarsi, nella relazione, sempre nel dialogo, sempre nelle apparizioni, sempre con l’ispirazione del cuore: sono relazioni di Dio con noi; attraverso un incontro reale tra le persone che può accadere solo nell’amore”. E, analizzando la figura del Tempio, il Santo Padre ha spiegato come esso fosse “anche un luogo di scambi economici e finanziari: contro questa riduzione si erano scagliati più volte i profeti e anche Gesù stesso… Ma quante volte io penso a questo quando vedo qualche parrocchia dove si pensa che sono più importanti i soldi che i sacramenti! Per favore! Chiesa povera: chiediamo al Signore questo”. Il tutto orbita attorno alla figura di quel mendicante che, nell'incontrare gli apostoli, “non trova denaro ma trova il Nome che salva l’uomo: Gesù Cristo il Nazareno”. E qui “appare il ritratto della Chiesa, che vede chi è in difficoltà, non chiude gli occhi, sa guardare l’umanità in faccia per creare relazioni significative, ponti di amicizia e di solidarietà al posto di barriere”. Il volto, ha detto citando l'Evangelii gaudium, “di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti”.

Una mano tesa

Nella consapevolezza di come Gesù tenda sempre la mano, cercando di sollevare e guarire, favorendo l'incontro con Dio, Papa Francesco ha invitato a riflettere sull'arte dell'accompagnamento, “che si caratterizza per la delicatezza con cui ci si accosta alla 'terra sacra dell’altro', dando al cammino 'il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana'”. Esattemente ciò che fanno gli apostoli di fronte allo storpio: “Lo guardano, dicono 'guardaci', gli tendono la mano, lo fanno alzare e lo guariscono. Così fa Gesù con tutti noi”. E l'esempio degli apostoli ci invita a riflettere anche su noi stessi: “Qual è la nostra ricchezza, qual è il nostro tesoro? Con che cosa possiamo rendere ricchi gli altri? Chiediamo al Padre il dono di una memoria grata nel ricordare i benefici del suo amore nella nostra vita, per dare a tutti la testimonianza della lode e della riconoscenza. Non dimentichiamo: la mano tesa sempre per aiutare l’altro ad alzarsi; è la mano di Gesù che tramite la nostra mano aiuta gli altri ad alzarsi”.

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