Il Papa alla Via Crucis: “Vergogna per il sangue innocente”

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“L’ora è dunque giunta. Il cammino di Gesù sulle strade polverose della Galilea e della Giudea, incontro ai corpi e ai cuori sofferenti, spinto dall’urgenza di annunciare il Regno, questo cammino si ferma qui, oggi. Sulla collina del Golgota. Oggi la croce sbarra la strada. Gesù non andrà più lontano. Impossibile andare più lontano! L’amore di Dio riceve qui la sua piena misura, senza misura. Oggi l’amore del Padre, che vuole che, attraverso il Figlio, tutti gli uomini siano salvati, va fino alla fine, là dove noi non abbiamo più parole, dove siamo disorientati, dove la nostra religiosità è oltrepassata dall’eccesso dei pensieri di Dio”.

Sono le parole introduttive delle meditazioni della Via Crucis presieduta dal Papa al Colosseo, riflessioni scritte dalla biblista francese Anne-Marie Pelletier. Una laica, madre e nonna, che ha voluto ricordare nel commento alle varie stazioni il dramma “del nostro mondo, con tutte le sue cadute e i suoi dolori, i suoi appelli e le sue rivolte, tutto ciò che grida verso Dio, oggi, dalle terre di miseria o di guerra, nelle famiglie lacerate, nelle prigioni, sulle imbarcazioni sovraccariche di migranti…”

Notevole la partecipazione di fedeli (circa 20.000 persone secondo la Gendarmeria vaticana) favorita da misure di sicurezza imponenti e controlli ferrei. La Via Crucis ha seguito lo schema biblico, attenendosi ai Vangeli, e dunque non quello tradizionale che prevede l’incontro tra Gesù e sua Madre lungo la Via Dolorosa (sostituito dalla presenza di Maria accanto alla Croce) o l’episodio della Veronica.

A portare la Croce alla prima e all’ultima stazione il cardinale vicario Agostino Vallini (probabilmente alla sua ultima presenza in questo ruolo), una famiglia romana, quella di Marco Raspa ed Eleonora Magini con la figlia Sara, una rappresentanza dell’Unitalsi (un disabile in carrozzina, Antonino Tuzzolino, il barelliere Alejandro Ramirez e le sorelle di assistenza Letizia Del Gallo e Maria Virginia Cherra), e ancora religiose indiane e africane, una famiglia egiziana e una colombiana, rappresentanti di Italia, Polonia, Portogallo, Francia e Cina e infine due frati di Terra Santa, uno israeliano e uno argentino.

Il Papa è giunto al Palatino in anticipo rispetto all’orario previsto, accolto dal sindaco di Roma Virginia Raggi. Dopo aver salutato anche il cardinale Vallini si è seduto per seguire la Via Crucis al termine della quale ha espresso la sua preghiera a Cristo “straziato, coronato di spine, vestito di porpora, schiaffeggiato e atrocemente inchiodato alla croce, trafitto dalla lancia che ti ha squarciato il cuore, seppellito, tu che sei il Signore della vita. Torniamo a te anche quest’anno con gli occhi abbassati di vergogna – ha detto Francesco – per tutte le immagini di devastazione, distruzione e naufragi” diventate ormai abituali; per il “sangue innocente di tante donne, bambini, migranti e perseguitati per il colore della pelle o per l’appartenenza etnica o sociale o per la fede in Te”. E ancora vergogna “per le troppe volte che come Giuda o Pietro ti abbiamo venduto o tradito e lasciato solo a morire scappando da codardi dalle nostre responsabilità”. L’atto di contrizione del Papa ha riguardato anche “noi vescovi, sacerdoti, consacrati e consacrate” quando hanno “scandalizzato e ferito il tuo corpo che è la Chiesa e dimenticato il nostro primo amore” e “la totale disponibilità lasciando arrugginire il cuore e la nostra consacrazione”.

Ma il Papa, come sempre, tiene accesa la speranza, ricordando “il cuore nostalgioso (neologismo già usato in passato, ndr) della speranza fiduciosa che non ci tratti secondo i nostri meriti”, che il “cuore materno e paterno” di Dio “non si dimentica”, la “speranza sicura che i nostri nomi sono incisi nel tuo cuore e siamo la pupilla dei tuoi occhi. La speranza nella “schiera di uomini e donne fedeli alla tua croce” che continueranno ad essere “lievito e luce”. La speranza “che la tua Chiesa continuerà ad essere la voce che grida nel deserto dell’umanità” in attesa del glorioso ritorno del Cristo; la speranza che “il bene vincerà nonostante l’apparente sconfitta”.

Andrea Acali: