Vescovo tra vescovi. Così ha scelto di presentarsi Papa Francesco davanti ai prelati della Conferenza Episcopale del Giappone e ai presuli delle tre arcidiocesi metropolitane e delle 13 diocesi suffraganee del Paese, toccando l'essenza della missione centenaria della Chiesa in questo luogo: “Questo viaggio apostolico è contrassegnato dal motto 'Proteggere ogni vita', che può ben simboleggiare il nostro ministero episcopale. Il vescovo è colui che il Signore ha chiamato in mezzo al suo popolo, per restituirlo come pastore capace di proteggere ogni vita, e questo determina in una certa misura lo scenario a cui dobbiamo puntare”. Un “noi” quello del Papa, che si sente coinvolto in prima persona nell'evangelizzazione che punta tutto sulla testimonianza.
L'arrivo di Papa Francesco nel refettorio della Nunziatura Apostolica di Tokyo – Video © Vatican Media / YouTube
Pochi, ma forti
In Giappone i Cristiani rappresentano una minoranza, ma il Papa invita a non sminuire la missione in virtù della quantità dei testimoni, perché la storia della Chiesa nel Paese, a partire dai martiri San Paolo Miki e i suoi compagni fino ai “cristiani nascosti” della regione di Nagasaki, mostra una fecondità per la Chiesa universale: “Sappiamo che in Giappone la Chiesa è piccola e i cattolici sono una minoranza – ha detto il Papa ai vescovi – ma questo non deve sminuire il vostro impegno per una evangelizzazione che, nella vostra situazione particolare, la parola più forte e più chiara che possa offrire è quella di una testimonianza umile, quotidiana e di dialogo con le altre tradizioni religiose. L'ospitalità e la cura che dimostrate ai numerosi lavoratori
stranieri, che rappresentano più della metà dei cattolici del Giappone, non solo servono come testimonianza del Vangelo in seno alla società giapponese, ma attestano anche l'universalità della Chiesa, dimostrando che la nostra unione con Cristo è più forte di qualsiasi altro legame o identità ed è in grado di raggiungere tutte le realtà”.
Nella terra dei martiri
In Giappone, la distanza con Roma si sente, con circa l'1% della popolazione Cristiana e una gran parte di nipponici che ignora anche chi sia Papa Francesco. Eppure, le fede nel Paese ha attraversato intatta 250 anni di buio: quando, nel 1650, i missionari furono espulsi dal Paese e molti di loro perseguitati in modo atroce, i “cristiani nascosti” custodirono nel cuore la fede a Cristo anche senza i sacramenti. Tutto questo, per Papa Francesco, è testimonianza di una Chiesa viva. Per Francesco, martiri sono anche gli uomini che hanno dovuto sopportare – e sopportano ancora – il male in questa terra: “Il male non fa preferenze di persone e non si informa sulle appartenenze; semplicemente irrompe con la sua forza distruttiva, come è accaduto anche di recente con il devastante tifone che ha causato tante vittime e danni materiali” ha affermato il Pontefice, facendo riferimento alle tragedie nucleari e al recente tifone che ha sconvolto il Paese: “La loro prolungata sofferenza è un eloquente avvertimento al nostro dovere umano e cristiano di aiutare quanti soffrono nel corpo e nello spirito e di offrire a tutti il messaggio evangelico di speranza, guarigione e riconciliazione”.
La tenacia dell'amore
Per Francesco, i volti dei missionari in terra nipponica mostrano tutti “l'amore che […] sentivano per queste terre. Proteggere ogni vita significa, in primo luogo, avere uno sguardo contemplativo capace di amare la vita di tutto il popolo a voi affidato, per riconoscere in esso prima di tutto un dono del Signore. 'Perché solo quello che si ama può essere salvato. Solo quello che si abbraccia può essere trasformato'” ha ricordato, menzionando il discorso nella Veglia con i giovani a Panama. Il Papa ricorda che “Proteggere ogni vita e annunciare il Vangelo non sono due cose separate né contrapposte: si richiamano e si esigono a vicenda. Entrambe significano stare attenti e vigilanti rispetto a tutto ciò che oggi può impedire, in queste terre, lo sviluppo integrale delle persone affidate alla luce del Vangelo di Gesù”. È il Vangelo della compassione e della misericordia quello che il Papa legge in questa terra, e con tale auspicio incoraggia la piccola Chiesa nipponica a coltivare lo stesso spirito: “So che la messe è molta e gli operai sono pochi, perciò vi incoraggio a cercare, sviluppare e far crescere una missione capace di coinvolgere le famiglie e promuovere una formazione in grado di raggiungere le persone là dove si trovano, tenendo sempre conto della realtà: il punto di partenza per ogni apostolato nasce dal luogo in cui le persone si trovano, con le loro abitudini e occupazioni”.
Il Papa: “ascoltate i giovani”
Davanti ai prelati, il Pontefice ha fatto riferimento alle “piaghe sociali” del Paese, come l'alienazione e il bullismo: “Siamo consapevoli del fatto che vi sono diversi flagelli che minacciano la vita di alcune persone delle vostre comunità, che sono segnate, per vari motivi, dalla solitudine, dalla disperazione e dall’isolamento. L'aumento del numero di suicidi nelle vostre città, così come il bullismo (ijime) e varie forme di auto-esigenza, stanno creando nuovi tipi di alienazione e disorientamento spirituale. Quanto tutto ciò colpisce soprattutto i giovani! Vi invito a prestare particolare attenzione a loro e ai loro bisogni, a cercare di creare spazi in cui la cultura dell’efficienza, della prestazione e del successo possa aprirsi alla cultura di un amore gratuito e altruista, capace di offrire a tutti, e non solo a quelli “arrivati”, possibilità di una vita felice e riuscita. Con lo zelo, le idee e l'energia che voi potete dare, oltre che con una buona formazione e un buon accompagnamento, i vostri giovani possono essere una fonte importante di speranza per i loro coetanei e dare una testimonianza viva di carità cristiana. Una ricerca creativa, inculturata e ingegnosa del kerigma può avere un forte riflesso in tante vite assetate di compassione“.