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“Il nuovo martirio è quello dell'indifferenza”

Una cerimonia semplice ma molto partecipata nella basilica dei Santi Apostoli, con la venerazione delle reliquie dei discepoli di Gesu Filippo e Giacomo ha segnato l’inizio della visita a Roma del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, che oggi o domani, lo ha annunciato lui stesso, vedrà il Papa emerito Benedetto XVI e sabato incontrerà Francesco. Il patriarca è stato accolto dai francescani conventuali, con il ministro generale fraMarco Tasca, e dal vicario di Roma mons. De Donatis, con cui Bartolomeo si è congratulato per la “promozione” a cardinale. Presente anche l'ex nunzio in Turchia mons. Lucibello, amico del patriarca.

“Ancora una volta con il cuore pieno di gioia siamo nella Città Eterna, per incontrare il nostro fratello l’amato vescovo di Roma Francesco con cui scambiare il bacio della pace e intrattenerci su importanti temi che riguardano l’umanità sofferente” ha detto il patriarca nel suo discorso.

Il patriarca ha ricordato con gratitudine il dono della reliquia di S. Filippo (un frammento dello sterno) inviato dai francescani lo scorso anno e ha poi parlato di stupore, dialogo e comunione. Prendendo spunto dall’atteggiamentto degli Apostoli, Bartolomeo ha affermato che “lo stupore offre una relazione viva con Dio. Non è un incanto ma la polinomia dell’amore trinitario”. Questo “stupore per le cose di Dio sempre più pregnante nella Chiesa nascente si fa dialogo e comunione nel Concilio di Gerusalemme e prosegue nella storia della Chiesa di Oriente e di Occidente e nella tradizione che non è una somma di postulati imparati a memoria ma esperienza vissuta”.

“Siamo ancora capaci – si è chiesto Bartolomeo – di stupirci davanti alla chiamata di Dio a ciascuno di noi? Di stupirsi delle cose di Dio e della fragilità dell’uomo ma anche dell’unicità e della centralità di ogni essere umano?”. “Gli apostoli sono morti quasi tutti martiri e anche oggi in numerose aree le nostre Chiese cristiane e non solo subiscono il martirio del sangue per l’arroganza fondamentalista” che “trasforma Dio in un idolo”. Ma nella società c’è “un nuovo martirio, frutto della mancanza di stupore, il martirio dell’indifferenza di una società postreligiosa” caratterizzata “da aridità spirituale”. Eppure, “la speranza non delude” ha aggiunto il patriarca.

Il dialogo ecumenico deve proseguire sulla strada tracciata, secondo Bartolomeo: “Possiamo dialogare senza ripiegarci in atteggiamenti difensivi di chiusura o di sospetto ma anche senza nulla togliere alla fedeltà alle nostre Chiese”. La relazione tra cattolici e ortodossi “non può prescindere dalla voglia di comunione” nei “tempi e nei modi che Dio vorrà però camminiamo insieme”. Le Chiese hanno il compito di annunciare “che Gesù è morto e risorto per ciascuno di noi”, ribadire “a un mondo afflitto da fondamentalismi religiosi, economici, sociali” che portano allo “sfruttamento dell’ambiente e delle risorse a favore di pochi e a scapito di molti” che “c’è ancora speranza”.

Un incontro che per fra Marco Tasca significa che “il dialogo ecumenico è vivo, questi momenti in cui stare insieme, condividere, pregare insieme sono il segno più lampante che il dialogo è vivo. A livello teologico farà i passi che dovrà fare ma non è questo un nostro problema”. In effetti, durante la recita comune del Credo è stata omessa la parte del “Filioque”, ovvero che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio (la forma ortodossa della professione di fede). “Ma lì si son messi d'accordo i teologi… Però come ricordava Papa Francesco, mettiamo i teologi su un'isola e andiamo avanti con la vita quotidiana, fatta di relazioni normali. Perciò credo che l'incontro di oggi per il cammino ecumenico vuol dire proprio questo: la bellezza della vita, dei gesti quotidiani, semplici”.

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