Il libero mercato non è contro la fede

Logo Interris - Il libero mercato non è contro la fede

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: Il libero mercato non è contro la fede

L'aspetto religioso ha il suo peso nell’economia. Perciò la morale e la fede non sono dimensioni scollegate. “In questa palude economica – commenta all'Agi padre Robert Sirico, presidente dell’ Acton Institute – l’aspetto religioso si inserisce il crescente aumento degli agnostici o atei in Italia e nel Sud Europa, tra il 15-30 per cento secondo uno studio del Pew Research. Abbiamo uno sconcertante numero di disoccupati privi di speranza, senza possibilità di sostegno spirituale e psicologico nell'affrontare le emergenze. Si finisce per scegliere una vita di attesa a casa, aspettando che i politici creino tempi migliori. Ma così non si creano nuove imprese e non si formano famiglie. Un mondo senza bambini italiani mi appare orribile”. 

Talento e bisogno

“La libera economia è la risposta?, chiede l’Agi. “Armonizza il talento delle persone con il bisogno. Un economista del 19° secolo, Frederic Bastiat, la cui tomba è a Roma nella chiesa di San Luigi dei Francesi, nel trattato Armonie economiche offrì un'alternativa al conflitto sociale dei marxisti. Attenzione, non sto invocando l'apertura delle frontiere. La vera definizione di nazione prevede i confini. Salvare le persone in mare è un obbligo morale, ma bisogna guardare anche più in là, a un sistema economico che produce disagi interni”.  Il capitalismo morale è diventato quello tech: da Google a Nike a Netflix, puntano sempre più sull'inviare messaggi di apertura sui diritti civili. Ma Sirico è critico. “Il business tenderà sempre ad anticipare ciò che i clienti vogliono. Quello del woke, del messaggio morale delle big tech è riflesso del cambiamento culturale e sociale, non dell'economia. Per molto tempo i leader della Chiesa, ancora oggi, non hanno capito quanto funzioni una libera economia, finendo per condannare il profitto, visto come intrinsecamente legato allo sfruttamento. Così la Chiesa ha indebolito la propria influenza nel mondo imprenditoriale. Ed è su questo che lavoro con il mio Acton Institute”. Il sacerdote-editorialista del Wall Street Journal condivide il richiamo di papa Francesco sulla mancanza di morale nel capitalismo. “Ovviamente – afferma all’Agi padre Robert Sirico – il Pontefice fa bene a sottolineare la mancanza di moralità e la necessità di diventare più umani, ma questo andrebbe applicato anche a quelli che stanno dentro la Chiesa, preti, vescovi e cardinali. In entrambi i casi c'è un fallimento nelle rispettive vocazioni. I capitalisti non si rendono conto della grande occasione che hanno per rispondere alle esigenze della collettività, ma allo stesso tempo molti nella Chiesa non hanno creduto fino in fondo nella verità di Gesù Cristo”. Cosa dovrebbe fare la Chiesa?, gli chiede l’Agi. “Riconoscere il valore dell'economia liberale, come occasione per sviluppare il talento individuale, e non promuovere invidia sociale”. Vuole dire, riconoscere il valore del patrimonio? “L'importanza morale, dlrei la santità, della proprietà privata, e proteggerla proprio perché possa essere vista come occasione per promuovere il bene comune”. 

La lezione di Newman, santo il 13 ottobre

Sacerdote cattolico americano; nel 1990 padre Robert Sirico ha fondato l’Acton Institute a Gran Rapidds, nel Michigan, il cui scopo consiste nel mettere in contatto la comunità religiosa, soprattutto studenti e seminaristi, con la dimensione morale della libertà e del libero mercato. Attualmente è presidente dello stesso Acton Institute. L’intensa attività pubblicistica di don Sirico è testimoniata dalla sua pubblicazione sulle più importanti testate giornalistiche del mondo anglosassone come The Wall Street Journal, Forbes, The London Financial Times. Ha contribuito alla edizione di svariati volumi: Religion and Capitalism: Allies, not Enemies (1982), A Wordly Order (1992); Man and Marxism (1992). In Italia alcuni suoi saggi sono presenti nel volume curato da Dario Antiseri: Cattolici a difesa del mercato. È membro della prestigiosa Mont Pèlerin Society, dell’American Academy of Religion e della Philadelphia Society e del Board of Adivsor del Civic Institute of Prague. Tra il 1994 e il 1998, padre Sirico ha preso parte alla Michigan Civil Right Commission. Come sacerdote, è stato cappellano del National Institute of Health, dedicandosi in modo particolare all’assistenza spirituale dei malati di AIDS, e attualmente è impegnato nella fondazione di una nuova comunità oratoriana a Kalamazoo, nel Michigan: la Casa San Filippo Neri, sulla scia della spiritualità del cardinale inglese Newman. “Un'Italia in crisi economica da prima del tema immigrazione, a causa di uno statalismo paralizzante e di una demonizzazione del libero mercato, anche da una parte della Chiesa che, attaccando i più ricchi, finisce per alimentare invidia sociale”, dichiara all’Agi padre Robert Sirico, uno dei più autorevoli pensatori liberal all'interno della Chiesa. Secondo padre Sirico le forme di assistenza sociale, come il reddito di cittadinanza, finiscono per paralizzare il sistema.

Un eccesso di regole

“Qualsiasi politica sull'immigrazione che non consideri l'importanza del libero mercato è destinata a fallire”, spiega. Però due Paesi industrializzati come Stati Uniti e Italia vivono l'immigrazione come un pericolo: segno di una crisi del sistema? La risposta è in un mercato con meno lacci. I corsi tenuti da Padre Sirico negli Usa stanno registrando un boom di iscrizioni. Piace la sua visione cattolica che, rispetto alla Chiesa, non demonizza il libero mercato. Nato a Brooklyn 68 anni, nonni campani, commentatore per New York Times, Wall Street Journal e Cnn, Sirico segue dall'America profonda, il Michigan, la situazione italiana, dall'emergenza immigrazione al decreto sicurezza bis agli interventi di Papa Francesco, riferisce l’Agi. La sua è una visione controcorrente: meno Stato, più mercato, riconoscimento dei confini, mentre la Chiesa non dovrebbe condannare il capitalismo. «Quando i miei nonni emigrarono negli Usa, a cavallo del 20esimo secolo, la percentuale di immigrati era del 13-15 per cento, quasi come oggi. Il fenomeno diede vita a una delle più grandi ere di crescita che abbia mai visto», afferma. Adesso l'immigrazione è percepita come un problema, perché? “È cambiato l'intervento dello Stato nell'economia, troppo invadente: questo finisce per ostacolare lo sviluppo. Un'economia troppo regolata diventa meno flessibile e, alla fine, meno in grado di incorporare il talento che gli immigrati portano con loro”. Lo stato sociale non è di sostegno? “I sussidi non incentivano a lavorare”, risponde all’Agi pade Sirico. Il prete-editorialista non crede che gli immigrati “rubino” il lavoro: “Bene che lavorino, perché permettano ai cittadini di andare in pensione e dedicarsi ad altro”. In Italia la situazione come le appare? “Avete un sistema pensionistico che crea tensione generazionale- sottolinea all’Agi-. I troppi vincoli e il costo delle imprese ostacolano il ricambio. Fino a quando non affronterete la realtà, le questioni socio-economiche peggioreranno”.

Giacomo Galeazzi: