Il “Jesuit Refugee Service” in soccorso dei rifugiati in pandemia

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Il Jesuit Refugee Service (JRS) ha sede centrale a Roma. E serve 725mila rifugiati in tutto il mondo. E’ presente con i suoi team locali in 56 paesi del mondo. L’organizzazione porta avanti la sua missione Cioè accompagnare. Servire. Difendere i diritti dei rifugiati. Degli sfollati interni. E di chiunque sia obbligato a lasciare le proprie case. Per soddisfare i bisogni educativi, sanitari e sociali.

Al servizio dei rifugiati

Molto è cambiato negli ultimi 40 anni. Ma la nostra missione rimane la stessa  Accompagnare. Servire. Difendere i rifugiati e gli sfollati. Ciò resta un servizio necessario e prezioso. Soprattutto in Asia. Laddove tutto è iniziato”. A dichiararlo a Fides è il gesuita padre Pradeep Perez. Lavora in Bangladesh come membro del team del Jesuit Refugee Service. Il JRS ha celebrato il suo 40° anniversario. Nell’opera di accompagnare rifugiati e migranti in tutto il mondo.

Una donna con un bambino in un campo rifugiati a Moria, sull’isola greca di Lesbo – Foto © Angelos Tzortzinis per AFP

Sofferenza

“Siamo in mezzo alla pandemia di Covid-19.  I vari team del JRS, nei diversi paesi asiatici, hanno rafforzato il loro impegno. Per restare accanto ai rifugiati. Per accompagnarli in tutto. In un percorso di sostegno umanitario. Promozione umana. Cura della sofferenza. Istruzione. Formazione professionale. Questo accade quando vi sono disastri umanitari o episodi di crisi. Ma anche e soprattutto quando tutte le luci dell’attenzione internazionale sembrano spegnersi. E queste persone rischiano di essere dimenticate dai governi. Come avvenuto per i musulmani Rohingya, fuggiti dal Myanamar in Bangladesh. In tali situazioni restiamo fedeli alla nostra missione“, aggiunge a Fides padre Perez.

Paola Anderlucci: