Secondo la Chiesa brasiliana, violenze e torture negli istituti penitenziari sono amplificate dalla maggiore chiusura delle carceri a causa della pandemia. E spesso una denuncia equivale a più di una tipologia di violenza. La Pastorale carceraria ha ricevuto 53 segnalazioni di aggressioni fisiche. 52 legate a condizioni di trattamento umilianti e degradanti. Come l’impossibilità di trascorrere dei momenti all’aperto. Soprattutto, oltre a tali situazioni, in tre quarti delle denunce (67 casi si 90) è stata segnalata negligenza nell’erogazione dell’assistenza sanitaria. O di cibo o di generi d’igiene personale.
La sofferenza dei detenuti
Spiega il referente della Pastorale carceraria, Lucas Gonçalves: “La tortura non è una cosa del passato. Ma qualcosa di presente nella vita delle persone detenute in Brasile”. Delle 90 denunce ricevute, la Pastorale carceraria ne ha inoltrate 39 alla magistratura. 64 all’Ufficio del difensore pubblico. E 38 al pubblico ministero. Nella maggior parte dei casi, secondo Gonçalves, lo Stato rifiuta di dare una risposta. Adducendo il sospetto che le accuse siano false. Solitamente, rileva il Sir, lo Stato si rifiuta persino di indagare sulle denunce. Tanto che solo in 16 casi la Pastorale carceraria ha ricevuto notizie sulle denunce. E solo in 8 casi è stata condotta un’ispezione nelle carceri.
Torture in pandemia
Tra il 15 marzo e il 31 ottobre 2020, la Pastorale carceraria nazionale della Chiesa brasiliana ha ricevuto 90 denunce di casi di tortura. Riguardano numerose violazioni dei diritti in varie unità carcerarie di tutto il Paese. Lo rivela il rapporto “Pandemia e tortura in carcere”. Sono stati analizzati casi e denunce ricevute durante il periodo della pandemia dalla Pastorale carceraria. Ed emerge che nel 2020 i casi sono stati quasi il doppio rispetto al 2019. Quando erano stati portati alla luce 53 casi di tortura.
Sos-tortura rilanciato anche dal consigliere pastorale teologico del coordinamento nazionale della Pastorale carceraria, padre Gianfranco Graziola.