Gli attentati potevano essere prevenuti”. Le parole del cardinale Malcolm Ranjit, arcivescovo di Colombo, capitale dello Sri Lanka, sono secche e tradiscono una certa emozione. Il ricordo degli attentati di Pasqua alle chiese cristiane di Sant’Antonio a Colombo e di San Sebastiano flagellato a Negombo, la chiesa protestante di Sion a Batticaloa e tre hotel della capitale, è ancora vivo a due mesi di distanza. Eppure, sebbene il tempo cicatrizzi le ferite, ciò che Ranjith chiede fermamente è che si giunga alla verità e si faccia chiarezza.
Bisogno di aiuti
All'inizio del suo intervento, il cardinale Ranjit ha ringraziato la Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre per la vicinanza mostrata subito dopo gli attentati: “So che la Fondazione sta facendo molto per supportare i cristiani nello Sri Lanka – ha dichiarato – e molto altro c'è da fare”. Come ha sottolineato il prelato, il dramma degli attacchi non è confinato al momento delle deflagrazioni. Assieme alle macerie, sono andate in frantumi tante vite e questo è, oggi, il solco più difficile da colmare. “Abbiamo aperto due centri sanitari preposti all'assistenza di chi ha subito dei traumi“. Non risparmia le lacrime il cardinale, elencando i nomi di chi è sopravvissuto al dramma. L'emozione, viva come il ricordo, assume i contorni di padri e madri che hanno perso i figli, di figli che hanno perso i genitori, di uomini e donne soli e abbandonati. “Dobbiamo aiutare i bambini” ha espresso più volte l'arcivescovo, presentando un “progetto di accompagnamento” che assisterà gli orfani supportandoli negli studi fino alla maggiore età. “Un'altra categoria sensibile riguarda, infine, le persone che sono senza casa: abbiamo acquistato dei terreni e costruiremo case per una ventina di famiglie”.
Fratelli nella fede
Dopo gli attacchi, la Chiesa cattolica dello Sri Lanka ha rivolto un appello alla calma. Il ruolo dell'arcivescovo di Colombo è stato essenziale: “Subito dopo le esplosioni, ho cercato di mitigare qualsiasi reazione avversa. Conosco i fratelli musulmani e sono certo che non sono stati responsabili di tutto ciò, per questo ho mendicato chiedendo alla gente di non reagire contro la comunità islamica”. Evitare il colpo di frusta del terrorismo è stato decisivo, soprattutto a seguito di alcuni scontri tra singalesi etnici e musulmani nella città di Negombo: “Mi sono recato personalmente nella città e ho voluto visitare i miei fratelli musulmani in tre moschee della zona. Ho assicurato che non sarebbe successo loro niente e abbiamo pianto insieme, appellandoci alla pace”. Con il divieto delle celebrazioni liturgiche pubbliche, il cardinale Ranjth ha vissuto la sua personale esperienza di emarginazione, ma è stata fondamentale la vicinanza degli altri rappresentanti religiosi, tra cui la comunità buddista, che rappresenta la maggioranza nel Paese: “I buddisti del Paese hanno dato il loro appoggio. Un monaco, che ho ringraziato personalmente, ha fatto una protesta di fame perché ha domandato giustizia”.
Una tragedia annunciata
L'arcivescovo di Colombo non ha risparmiato critiche sul governo: “Non mi stanco di chiedere, con altri capi religiosi, una Commissione indipendente che indaghi su tutta la faccenda, partendo dal tempo in cui gli stragisti si addestravano fino all'incidente e anche dopo”. Il riferimento è alle presunte falle nei rapporti delle autorità di intelligence, che mesi prima sarebbero state a conoscenza di “lupi solitari” pronti a colpire. Sebbene, pochi giorni dopo gli attentati, il ministro degli Affari interni, Vajira Abeywardena, avesse dichiarato che i predicatori avevano superato i termini previsti dai loro permessi di soggiorno nel Paese, è emerso che alcuni stragisti erano stati addestrati in loco e non esclusivamente in India o Pakistan, come dichiarato in precedenza. Nonostante questo e i tentativi dei servizi di intelligence indiani di mettere in guardia il governo su attacchi imminenti, i vertici non hanno preso provvedimenti esemplari: “Noi oggi abbiamo bisogno di ricevere la fiducia della nostra gente, e questa si guadagna cercando la verità. Ma se i partiti politici giocano sgravandosi delle loro responsabilità, non sono giunti nei confronti del popolo dello Sri Lanka” ha dichiarato il cardinale Ranjit.
Grato a Papa Francesco
Nella giornata di ieri, il cardinale Ranjit ha incontrato, in udienza privata, il Pontefice: “Sono grato al Papa, che ci ha ricordato tre volte dopo gli attentati. Il Santo Padre ha anche inviato una lettera in seguito agli attacchi e le sue parole hanno commosso tutti noi”. Il prelato ha mostrato al Papa un dvd che raccoglie video e fotografie relative alla strage di Pasqua: “Desidero mostrargli immagini anche forti, ma che esprimono nel vivo la realtà dello Sri Lanka martoriato dagli attacchi” ha, infine, dichiarato.
“Easter attack in Sri Lanka” Video © Archdiocese of Colombo