Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo, invito tutti i fedeli ad una speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace il 23 febbraio prossimo. La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Come in altre occasioni simili, invito anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune”. Al termine dell'Angelus, Papa Francesco invita la Chiesa tutta a fermarsi e a pregare per l'Africa il venerdì della prima settimana di Quaresima. “Il nostro Padre celeste ascolta sempre i suoi figli che gridano a Lui nel dolore e nell’angoscia”, aggiunge il Papa. Da qui un appello rivolto a tutti gli uomini, “perché anche noi ascoltiamo questo grido”. E prosegue: “Ciascuno nella propria coscienza, davanti a Dio”, si domandi: “'Che cosa posso fare io per la pace?'. Sicuramente possiamo pregare; ma non solo: ognuno può dire concretamente 'no' alla violenza per quanto dipende da lui o da lei. Perché le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti!“.
E' la seconda volta che Papa Francesco indice una giornata di digiuno e preghiera per la pace. La prima fu all'inizio del suo pontificato per “l'amata Siria”, nel settembre del 2013. In quell'occasione ribadì quanto l'umanità di oggi “ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace”. E a gran voce disse: “Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli“, bensì “la cultura dell’incontro e del dialogo; questa è l’unica strada per la pace”.
Proteste in Congo
I cittadini della Repubblica Democratica del Congo scendono nelle strade per protestare contro la permanenza a oltranza di Joseph Kabila nel ruolo di Capo dello Stato: il mandato dell'attuale Presidente, infatti, è scaduto sul finire del 2016 ma il leader era rimasto al potere con la garanzia di un accordo (firmato sotto l'egida di vescovi) che prevedeva nuove elezioni entro la fine del 2017. Un voto che non si è mai realizzato; al contrario, è stato posticipato a dicembre 2018. Le opposizioni, ma anche i cattolici laici, hanno così iniziato una serie di manifestazioni pacifiche che il governo sta reprimendo nel sangue.
Violenza in Sud Sudan
Diversa la situazione in Sud Sudan, nazione martoriata da quattro anni di conflitto. I bambini vengono arruolati come soldati, le donne sono vittime di stupri; per ricevere le cure i civili sono costretti a camminare per giorni. L'impatto di questi anni di guerra è “devastante”, per gli operatori umanitari è il posto più pericolo al mondo (nel 2017 sono stati 28 i volontari uccisi). Oltre 250 mila bambini sono colpiti da malnutrizione grave e a imminente rischio di morte; oltre 19 mila sono stati reclutati nel conflitto. Numeri impressionanti, quelli riportati dall'Unicef, che fotografano un Paese sull'orlo del collasso. Secondo l'Agenzia per la tututela dei minori delle Nazioni Unite, almeno una scuola su tre è stata danneggiata, distrutta, occupata o chiusa. Nell’ultimo anno il conflitto si è esteso: diverse bande armate si contendono il territorio spesso senza nessun riferimento alla guerra scoppiata fra i dinka del presidente, Salva Kiir, e i nuer di Riek Machar, il vicepresidente destituito. L'Alto Commissario Onu per i Rifugiati, Filippo Grandi, solo pochi giorni fa aveva lanciato un appello a tutte le parti coinvolte affinché si giunga ad un accordo che possa porre fine alla profonda crisi umanitaria del Paese, ad oggi la più grave dell'Africa, e diretta conseguenza dei fallimenti dei leader politici.