I vescovi africani ai giovani: “Basta emigrazione irregolare”

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Una preghiera a Dio affinché i giovani africani siano “più consapevoli dei pericoli dell'emigrazione irregolare” e credano “in se stessi e nella loro capacità di avere successo in Africa”. Ad elevarla al cielo sono stati i vescovi delle conferenze nazionali e interterritoriali dell'Africa occidentale che costituiscono il Recowa-Cerao, i quali si sono riuniti a Ouagadougou, in Burkina Faso, dal 14 al 20 maggio, per la Terza Assemblea Plenaria. Al termine dell'incontro hanno pubblicato un comunicato e un messaggio pastorale, in entrambi i documenti si fa riferimento alla piaga dell'emigrazione di massa, la quale priva l'Africa di forze giovani conducendole, spesso, verso viaggi insperati, sofferenze, morte.

La piaga dell'emigrazione

Grazie all'impegno missionario e caritatevole della Chiesa, nonché all'abnegazione dei suoi figli – rilevano i presuli -, l'Africa negli ultimi anni ha mosso degli importanti passi in avanti. Tuttavia – si legge nel messaggio pastorale – non sono mancate “minacce inaspettate, tragedie senza precedenti e nuovi disastri che cercano di annientare tutti questi sforzi per lo sviluppo sociale e il progresso umano”. L'elenco è lungo: epidemie, disastri ambientali, violenze settarie, attacchi alla democrazia, difficoltà a raggiungere riconciliazioni nazionali, le nuove forme di terrorismo e di povertà e, appunto, “l'emigrazione che colpisce giovani africani attratti dalla sete di una vita migliore, ma che si interrompe bruscamente tra le onde del Mediterraneo o nel deserto libico“. Di qui l'esortazione al Signore per rendere “più consapevoli” i giovani dei “pericoli dell'emigrazione irregolare”. I vescovi lanciano un appello ad aiutare questa gioventù “a trovare opportunità per guadagnarsi da vivere”. Ma l'attenzione dell'Assemblea è rivolta anche a “tutti coloro che tornano da una sforturnata esperienza di emigrazione”. “Lavoriamo – affermano – perché possano trovare sempre nella Chiesa un'accoglienza pastorale e spirituale che permetta loro di reintegrarsi nel proprio Paese e nella propria comunità ecclesiale per vivere pienamente la propria fede”.

“Non credete alle false promesse che portano alla schiavitù”

Il messaggio dei vescovi si rivolge poi direttamente ai giovani: “Voi rappresentate il presente e il futuro dell'Africa, che deve lottare con tutte le sue risorse per la dignità e la felicità dei suoi figli e figlie. In questo contesto, non possiamo tacere sul fenomeno delle vostre migrazioni, specialmente in Europa. I nostri cuori come pastori e padri soffrono nel vedere queste barche sovraccariche di giovani, donne e bambini in balia delle onde del Mediterraneo“. “Certo – prosegue il messaggio -, comprendiamo la vostra sete di felicità e di benessere che i vostri Paesi non vi offrono. Disoccupazione, miseria, povertà rimangono mali che umiliano. Tuttavia, non dovete sacrificare la vostra vita lungo strade pericolose e destinazioni incerte. Non lasciatevi ingannare dalle false promesse che vi porteranno alla schiavitù e ad un futuro illusorio! Con il duro lavoro e la perseveranza potrete avere successo in Africa e, cosa più importante, rendere questo continente una terra prospera”.

Il doppio appello

Il tema dell'emigrazione torna poi nel comunicato finale. “È triste notare che molti, nella loro ricerca di migliori condizioni di vita, sono stati vittime di rapitori, commercianti di schiavi. Molti sono morti in alto mare o nel deserto. Non dobbiamo permettere che una tale tragedia continui“, scrivono i vescovi dell'Africa occidentale. Di qui due richieste, una rivolta ai Paesi d'origine e un'altra ai Paesi ospitanti. “Chiediamo ai nostri governi di promuovere una nuova cultura di leadership nel servizio, nella giustizia, nel patriottismo e di creare un ambiente favorevole affinché gli africani possano vivere e prosperare nel nostro continente“, scrivono i vescovi. E poi: “Dichiariamo che migranti e rifugiati africani costituiscono capitale umano e ricche risorse spirituali per i Paesi verso cui emigrano. Chiediamo quindi che la dignità dei migranti e dei rifugiati sia rispettata ovunque e sempre”.

Federico Cenci: