In occasione del cinquantesimo anniversario del Vishwa Hindu Parishad (Vhp) il gruppo paramilitare radicale indù ha espressamente dichiarato che non saranno più accettate conversioni al cristianesimo e all’islam e che le minoranze devono ritornare all’induismo. Affermazioni, spiega Sajan George ad AsiaNews – presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) – che sono “assolutamente illegali” dal momento che in India la libertà religiosa è garantita dalla Costituzione.
Tra l’11 e il 12 novembre leader, militanti e sostenitori del Vhp si sono riuniti per celebrare l’anniversario dell’associazione estremista. Mohan Bhagwat, capo della Rss, ha esortato i suoi compagni con un breve discorso: “C’è bisogno di far tornare all’induismo i convertiti ad altre religioni, come il cristianesimo e l’islam. Sono le forze straniere – ha aggiunto – che tentano di distruggere l’unità dell’India ricorrendo alle conversioni e ad altre attività”.
Da sempre le minoranze religiose vengono perseguitate anche con azioni violente. In particolar modo i cristiani ai quali viene rivolta l’accusa di essere “stranieri” e di “comprare” le conversioni con soldi o con attività caritatevoli. Il presidente del Gcic dichiara in conclusione ad Asianews: “Faccio appello alla National Commission for Minorities (Ncm) e alla National Human Rights Commission (Nhrc) per proteggere la vulnerabile comunità cristiana del Karnataka secondo le vigenti garanzie costituzionali. Oltre a essere illegale quelle dichiarazioni mostrano uno smaccato e profondo pregiudizio nei confronti delle minoranze, che può solo alimentare i sospetti e la sfiducia all’interno delle comunità”.