Martine, una ragazza di 26 anni sogna un “Egitto più democratico e pulito”. Lei, greco-cattolica, laureata in economia e scienze politiche all’università del Cairo racconta le sue difficoltà ed esperienze positive in un Paese spesso segnato dalla discriminazione e dall’intolleranza. Cresciuta in una buona famiglia, ad Heliopolis “un quartiere tranquillo della città”.
Le sue esperienze con i suoi coetanei di altre religioni non sono mai state “particolarmente negative”, ma ha ancora il vivo ricordo di quando a sette anni, durante un corso di tennis una sua compagna musulmana le si avvicina e le dice “sono triste perché tu andrai all’inferno perché sei cattolica”. La mamma di Martine subito chiede alla figlia di interrompere l’amicizia, ma la ragazza aveva sempre creduto che ciò era sbagliato. “Se mi fosse accaduto più tardi, le avrei spiegato cosa vuol dire essere cristiani, che quello in cui crediamo è pieno di amore, e che anche se il ‘tramite’ delle nostre due religioni è diverso, entrambe crediamo in Dio”.
Ma come spiega la giovane, il suo contatto con la realtà è avvenuto più tardi, nel periodo universitario: era infatti il 2011 quando iniziò la rivoluzione democratica in Egitto. “Da quando sono nata, Mubarak era presidente dell’Egitto. Era parte della mia quotidianità. L’università però, soprattutto quando ho iniziato a studiare economia e scienze politiche, mi ha aperto la mente e ha cambiato il mio modo di vedere quello che accadeva nel mio Paese. Nel 2011 ero particolarmente furiosa, perché alle ultime elezioni parlamentari il partito di Mubarak ottenne il 98% dei seggi. Non solo dimostrava l’evidente corruzione, ma anche il completo disinteresse delle autorità a fingere o tentare di ingannare il popolo egiziano con una percentuale più ragionevole. Quando ne parlavo con i miei amici francesi, mi sono vergognata e arrabbiata”. La giovane donna egiziana crede che per riparare i danni che sono stati fatti al suo Paese serviranno almeno 50 anni. L’Egitto deve porre “ la salute e l’istruzione tra le priorità. Perché se l’ambiente in cui si vive debilita il corpo, anche la produttività e l’economia ne risentono. E solo l’educazione ti aiuta a essere più creativo, civile, ad avere nuove idee e a rispettare quelle degli altri”.