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I 50 anni di “Persona e Atto”. Karol Wojtyla verso il Soglio

Il Papa che sapeva parlare alle donne. “Nel suo più importante testo filosofico, Persona e Atto (1969), negli anni di cardinalato a Cracovia, il futuro papa Giovanni Paolo II sostiene che sono le azioni morali, e dunque non soltanto i pensieri o le parole, a definire le persone”, sottolinea Edoardo Angione ricostruendo le tappe fondamentali della biografia di Karol Wojtyla. Tra i contributi più significati del pensiero del porporato filosofo polacco destinato al Soglio di Pietro c’è è la capacità di dialogare con l’universo femminile.

L’apprezzamento di Paolo VI

Karol Wojtyla viene creato cardinale da Papa Paolo VI nel 1967. Ma già da qualche anno l’arcivescovo di Cracovia è diventato il punto di riferimento del Vaticano in Polonia. In particolare Papa Montini apprezzerà il contributo del giovane cardinale in occasione degli studi sulla contraccezione, culminati nella pubblicazione, nel giugno del 1969, dell’enciclica “Humanae vitae”, con la quale il pontefice dichiara illecito qualsiasi mezzo contraccettivo, facendo sua la posizione espressa dalla minoranza della commissione di studio, alla quale aveva partecipato anche Wojtyla, battendosi contro ogni cambiamento della dottrina tradizionale.Il saggio di Valentina Ciciliot, “Donne sugli altari”. approfondisce le radici «rosa» del pontificato di Giovanni Paolo II. C’è tutta la sua conoscenza dell’universo femminile nelle sante di Karol Wojtyla: da Agnese di Boemia a Benedetta Cambiagio Frassinello, da Clelia Barbieri a Edith Stein, da Maria Faustina Kowalska a Gianna Beretta Molla, da Giuseppina Bakhita a Katharine Mary Drexel. E ancora Maddalena di Canossa, María Venegas de la Torre, Paola Elisabetta Cerioli, Paola Frassinetti, Teresa Eustochio Verzeri, Virginia Centurione Bracelli. Decine di paradigmi di santità che corrispondono all’esperienza dell’altra metà del cielo che Karol Wojtyla maturò fin dagli anni del seminario frequentato in clandestinità.

L’altra metà del cielo

Modelli per i credenti del terzo millennio. Il volume è composto di quattro capitoli. Il primo capitolo, in cui è sintetizzata la storia della santità cattolica otto/novecentesca sia dal punto di vista socio-culturale sia giuridico-canonico, è il cappello introduttivo necessario alla comprensione della portata della riforma wojtyliana delle canonizzazioni, il cui numero, evidenzia l’autrice è “impressionante”: in totale 1342 beati e 482 santi. «L’elemento più caratteristico è sicuramente l’elevato numero di martiri, legato all’idea wojtyliana che la Chiesa cattolica del Novecento e del terzo millennio sia nuovamente Chiesa di martiri», osserva Valentina Ciciliot. «Karol Wojtyla non assunse mai caratteri comportamentali clericali perché fu sempre molto laico a partire dagli anni della formazione spirituale quando da studente e poi da operaio interagì con differenti figure femminili che ne segneranno il percorso dall’ordinazione sacerdotale al Soglio di Pietro», raccontava la scrittrice Maria Antonietta Macciocchi che ebbe modo di frequentare il Pontefice polacco in una serie di colloqui a Castel Gandolfo. E una delle principali collaboratrici di Giovanni Paolo II, dai primi anni di sacerdozio a Cracovia al termine del suo pontificato, fu una donna: la psichiatra Wanda Poltawska, reduce dai campi di sterminio nazisti e amica di Karol Wojtyla per tutta la vita. In numerosi profili elevati da Giovanni Paolo II agli onori degli altari si ritrovano condensati temi come l’attitudine della donna al sacrificio di sé, la sensibilità tutta femminile all’uomo e ai suoi bisogni, il valore della vita e della famiglia. «Il Papa evidenzia il “genio” di cui abbisogna la Chiesa e la società, mostrando la sua particolare attenzione alla specificità femminile e alla sua possibilità di rinnovamento cristiano», scrive Ciciliot.

In dialogo con il femminismo

Anche nella lettera apostolica Mulieris dignitatem riecheggiano gli informali conversari con alcune paladine del femminismo e cioè proprio quella serie di incontri che tra il 1987 e il 1988 Karol Wojtyla ebbe con personalità della cultura femminile e in particolare con la Macciocchi, già deputata del Pci ed europarlamentare radicale, un’intellettuale che proveniva da «lidi lontani, quelli del marxismo-leninismo». E sulle figure di alcune donne e delle loro vocazioni si sofferma la Muleris dignitatem. In ogni epoca e in ogni Paese troviamo numerose donne «perfette», che, nonostante persecuzioni, difficoltà e discriminazioni, hanno partecipato alla missione della Chiesa. Monica, la madre di Agostino, Brigida di Svezia e Giovanna d’Arco. Anche in presenza di gravi discriminazioni sociali le donne sante hanno agito in «modo libero», fortificate dalla loro unione con Cristo. Wojtyla ha elevato agli onori dell’altare centinaia di donne, in gran parte missionarie nel Terzo Mondo. E c’è l’intera visione wojtyliana dell’universo femminile nelle parole con cui il Pontefice polacco aprì le conversazioni con la professoressa Macciocchi al Palazzo Apostolico: «Credo nel genio delle donne». Le inedite convocazioni in Curia di un’intellettuale laica che aveva già incontrato personaggi-chiave del XX secolo come Mao, De Gaulle, Ho Chi Minh, Khomeini sbocciarono nel segno della comune passione per la filosofia di Althusser. «Occorre promuovere l’autentica emancipazione femminile», esordì Giovanni Paolo II, nel ricordo di uno dei nomi di punta della sinistra femminile post-68. «Certa scienza si serve delle donne come business per l’affarismo più scatenato e senza scrupoli. È la donna-business su cui contano le banche specializzate, come negli Stati Uniti». Una sollecitudine cui diede voce anche la lettera a tutte le donne del mondo inviata da Wojtyla al Congresso Onu di Pechino, sulla scia del messaggio finale del Concilio Vaticano II secondo cui «l’ora è venuta in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto, è per questo che in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere». Contemporaneamente Paolo VI attribuiva il titolo di Dottore della Chiesa a Santa Teresa di Gesù e istituiva, su richiesta dell’assemblea del Sinodo dei vescovi, un’apposita Commissione, con lo scopo di studiare i problemi contemporanei sulla promozione effettiva della dignità e della responsabilità delle donne. Nel cristianesimo, più che in ogni altra religione, la donna ha fin dalle origini uno speciale statuto di dignità, di cui il Nuovo Testamento ci attesta numerosi aspetti.

Il ruolo della donna

La donna, ribadisce il Magistero, è posta a far parte della struttura vivente e operante del cristianesimo. Si ribadisce il principio antropologico biblico, come fondamento della dignità dell’essere umano, che «Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina li creò». Entrambi sono esseri umani, «in egual grado l’uomo e la donna», entrambi creati a immagine di Dio. La disamina dei modelli agiografici femminili che mostrano come le beate e le sante celebrate da Giovanni Paolo II veicolano la più urgente delle necessità pastorali papali: beate e sante assumono una funzione di difesa estrema della famiglia, nucleo socio-culturale basilare nel pensiero cattolico e wojtyliano, e della vita, contro le istanze secolarizzanti e abortiste della società moderna, inserite appieno nel processo di dogmatizzazione della morale, perciò modelli di santità come Gianna Beretta Molla (1922-1962) e Zdislava di Lemberk (1220-1252) palesano emblematicamente questa strategia e mostrano anche come la cronologia abbia poca importanza di fronte alla notevole esigenza di attualizzare i modelli agiografici.

 

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