Parla cinque lingue (spagnolo, arabo, inglese, francese, italiano) e ha presieduto numerosi incontri di dialogo interreligioso. A febbraio monsignor Ayuso ha accompagnato Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti, dove si è svolta la storica firma con il Grande Imam di Al Azhar del Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.
Una missione rafforzata dal cardinalato
Al concistoro del 5 ottobre il presule spagnolo riceverà la porpora. Monsignor Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente da quattro mesi del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, è nato a Siviglia in Spagna il 17 giugno 1952, comboniano e missionario in Egitto e Sudan fino al 2002. Dal 1989 è stato professore di islamologia prima a Khartoum, poi al Cairo e, quindi al Pontificio istituto di studi arabi e d'islamistica, dove ha in seguito ricoperto fino al 2012 l'ufficio di preside. Monsignor Ayuso è il primo cardinale dell’Istituto dei missionari comboniani. Il 25 maggio scorso ha preso il posto del cardinale Jean-Louis Tauran, morto nel luglio 2018, nel fondamentale incarico di ministro vaticano per le questioni interreligiose. La berretta cardinalizia rafforzerà la sua missione nel cammino del dialogo con le altre religioni, in modo speciale con l’islam, di cui ha maturato un'approfondita conoscenza in anni di studi e insegnamento accademico. “Con tale competenza manterrà vivo anche nel mondo cattolico sentimenti di rispetto e di stima verso i nostri fratelli e sorelle musulmani in un tempo in cui anche nella Chiesa c’è chi fomenta paure e disprezzo verso migranti di religioni islamica”, afferma Efrem Tresoldi, direttore del mensile comboniano Nigrizia. Il 30 giugno 2012, Benedetto XVI lo aveva nominato segretario del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. È stato consacrato vescovo nel marzo 2016.
Sulle orme del diplomatico Tauran
Stretto collaboratore e amico del cardinale diplomatico Tauran, ex ministro vaticano degli esteri, all'indomani della morte del porporato francese, lo ha ricordato in un’intervista a Vatican news come un uomo del dialogo e della carità verso tutti. Il presule ha rivolto un messaggio al mondo islamico per l’inizio del Ramadan, invitando musulmani e cristiani ad aprirsi gli uni agli altri, “conoscendoli e riconoscendoli come fratelli e sorelle” per “abbattere i muri alzati dalla paura e dall’ignoranza e cercare insieme di costruire ponti di amicizia che sono fondamentali per il bene di tutta l’umanità”.
Confronto a tutto campo
Nello stesso tempo, evidenzia Vatican news, “per rispettare la diversità, il dialogo deve cercare di promuovere il diritto alla vita di ogni persona, all’integrità fisica e alle libertà fondamentali, come la libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione: ciò include la libertà di vivere secondo le proprie convinzioni sia nella sfera privata che in quella pubblica. In questo modo, cristiani e musulmani – come fratelli e sorelle – possono lavorare insieme per il bene comune”. In occasione della festività di Vesakh, il neo-cardinale comboniano ha scritto un messaggio al mondo buddista incentrato sulla promozione della dignità e dei diritti delle donne.
La questione femminile
“Sia il buddismo, sia il cristianesimo insegnano che donne e uomini posseggono uguale dignità e hanno svolto un ruolo importante nella promozione della donna – sostiene il presule spagnolo -. Le donne buddiste e cristiane hanno apportato contributi significativi alle nostre tradizioni religiose e alla società nel suo insieme. D’altronde, non si può negare che troppo spesso le donne sono oggetto di discriminazione e maltrattamenti. A volte, narrative religiose sono adoperate per presentare la donna come inferiore all’uomo”. Dunque “è urgente agire per proteggere le donne e tutelare i loro diritti fondamentali e la loro libertà”. Il ministro vaticano del dialogo interreligioso ha rivolto il suo messaggio agli Indù, in occasione della festa di Deepavali, sottolineando la necessità di essere attenti ai membri vulnerabili della nostra società: “poveri, infermi, anziani, disabili, indigenti, abbandonati, migranti; emarginati ed esclusi da un punto di vista sociale, religioso, culturale e linguistico; e le vittime di abuso e violenza, specialmente donne e bambini. In gran parte privi d’aiuto e indifesi, scartati e ignorati da una società sempre più indifferente e perfino insensibile ai bisogni e alle sofferenze umane, dappertutto oggi i vulnerabili soffrono moltissimo”. In questo “contesto inquietante”, induisti e cristiani possono insieme impegnarsi per difendere, proteggere e assistere le persone più deboli riconoscendo “che siamo tutti creature di Dio e, di conseguenza, fratelli e sorelle, uguali per dignità, e reciprocamente responsabili”.
Patrimonio condiviso
Partecipando a Singapore al secondo colloquio internazionale tra cristiani e taoisti, il neo-cardinale spagnolo ha evidenziato che “nonostante le diverse visioni del mondo e i differenti percorsi spirituali, sia il cristianesimo sia il taoismo condividono un patrimonio di valori morali comuni” al punto che “la saggezza religiosa e filosofica di entrambe le tradizioni ha contribuito a formare civiltà e culture”. Anche perché “il loro comune patrimonio morale deriva dalla legge naturale, che è inerente alla natura umana e quindi eticamente vincolante per tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle convinzioni filosofiche o credenze religiose”.