Appello contro il lessico di guerra del vicepresidente Cei per l’Italia settentrionale. Monsignor Erio Castellucci è arcivescovo metropolita-abate di Modena-Nonantola. E vescovo di Carpi. “Certamente in questa guerra c’è uno Stato invasore e c’è uno Stato indipendente invaso- afferma il presule all’agenzia Sir-. Non possiamo metterli sullo stesso piano. E nemmeno possiamo accettare la menzogna linguistica della ‘operazione militare speciale’. Imposta dai responsabili della Federazione russa. Per attenuarne l’impatto. E giustificarne le modalità”. L’arcivescovo ribadisce che “pace e giustizia sono gemelle”.
No alle parole di guerra
“La manipolazione del linguaggio è sempre il primo segnale di un’ingiustizia in atto– sottolinea il vicepresidente Cei-. Basterebbe solo questo per capire a chi assegnare il maggior torto. Ricordiamo altre drammatiche manipolazioni. Ideate da dittatori del XX secolo. Per rimanere in casa nostra, basta menzionare la falsificazione del linguaggio operata da Mussolini. Nell’intento di imitare il suo omologo tedesco. Quando nel 1938 promulgò le cosiddette ‘leggi razziali’. Seguite da norme e circolari zeppe di termini il cui significato è stravolto“.
Sos manipolazione
“La manipolazione delle parole è un’ingiustizia che prelude ad ogni altra ingiustizia– avverte monsignor Castelluci-. E’ una dichiarazione di guerra che rappresenta l’avvisaglia di un imminente conflitto armato”. Attenzione, quindi, al “pericolo di stravolgere il linguaggio. Facendo violenza alle parole. E costringendole a significare il contrario di ciò che vorrebbero dire”. Una minaccia “tutt’altro che superata. La guardia non va mai abbassata. Anzi va alzata”.