C’è un principio umano che avvicina le persone a “capire il mistero di Cristo“, ovvero: “ogni uomo guardi un altro uomo dall’alto in basso, solamente quando deve aiutarlo a sollevarsi. Se qualcuno fa questo è in buon cammino, è sulla buona strada per incontrare Gesù”. Così Papa Francesco commenta la parabola del “buon samaritano”, centro del brano evangelico proposto dalla liturgia odierna. Nella tradizionale messa mattutina celebrata nella Domus Santa Marta, il Pontefice esorta tutti i cristiani a “prendersi cura delle persone ferite”, aiutando a “sollevare chi ha bisogno, come ha fatto Cristo stesso” che “continua a pagare per noi”.
La risposta al dottore della legge
La parabola raccontata al capitolo X del Vangelo di Luca, è la risposta che Gesù dà al dottore della legge: “vuole metterlo alla prova chiedendogli cosa fare per ereditare la vita eterna”. Per prima cosa, Cristo gli domanda “il comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo” ma il dottore “che non sapeva uscire dal piccolo tranello che Gesù gli aveva teso, gli domanda chi fosse il suo prossimo”. Ecco allora il racconto di un uomo ferito a morte dai briganti. Il Papa menziona i “sei attori” che compongono la storia: oltre ai due già nominati, ci sono un sacerdote, un levita, un locandiere e infine un samaritano. Quest’ultimo era considerato “un pagano che non era del popolo ebraico”. La risposta di Cristo è sempre “più alta”, fa notare Bergoglio. E con questo racconto Gesù vuole spiegare il suo stesso mistero.
Un atteggiamento frequente
Nel descrivere quello che accade dopo l’aggressione, il Papa sottolinea come quello del levita e del sacerdote siano atteggiamenti molto frequenti. Infatti, dopo che “i briganti se ne erano andati via felici perché avevano derubato ‘tante cose buone'”, il sacerdote, “che dovrebbe essere un uomo di Dio”, e il levita, “che era vicino alla Legge”, “passano oltre davanti all’uomo quasi in fin di vita”. “Un comportamento molto abituale fra noi: guardare una calamità, guardare una cosa brutta e passare oltre. E poi leggerla sui giornali, un po’ dipinti dello scandalo o del sensazionalismo. Invece, questo pagano, peccatore, che era in viaggio, ‘vide e non passò oltre: ebbe compassione’”. L’evangelista Luca descrive bene cosa sia la “compassione”: “non si allontanò, si avvicinò. Gli fasciò le ferite versandogli olio e vino’. Ma non lo lasciò lì”.
Il mistero di Cristo
Avere compassione, rimarca il Papa, non significa: “Ho fatto il mio e me ne vado; no”. E il samaritano va oltre: “lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in albergo e si prese cura di lui ma il giorno seguente, dovendosene andare per i suoi affari, pagò il locandiere perché si prendesse cura di lui dicendogli anche che ciò che avesse speso in più ‘di questi due denari’, glielo avrebbe pagato al suo ritorno”. Ecco il mistero di Cristo, spiega il Pontefice, che “si è fatto servo, si abbassò, si annientò e morì per noi”. E’ con questo “abbassamento” che “Gesù risponde al dottore della Legge, che voleva metterlo alla prova”. “Gesù è il buon samaritano e invita quell’uomo a fare lo stesso“.
“Non un racconto per bambini”
Secondo Papa Bergoglio questa parabola “non è un racconto per bambini”, bensì “il mistero di Gesù Cristo”. Guarda questa storia, spiega, “capiremo di più la profondità del mistero di Gesù”. “Il dottore della legge se ne andò zitto, pieno di vergogna“, perché non è riuscito a capire quello che Gesù voleva dirgli. “Forse avrà capito quel principio umano che ci avvicina a capire il mistero di Cristo: che ogni uomo guardi un altro uomo dall’alto in basso, solamente quando deve aiutarlo a sollevarsi. Se qualcuno fa questo è sulla buona strada, verso Gesù”.
Lo stupore dell’incontro
Infine, il Papa fa riferimento anche all’oste che “non capì nulla” ma provò “stupore”,“lo stupore di un incontro con qualcuno che faceva delle cose che mai aveva sentito si potessero fare”. Lo stupore del locandiere, sottolinea il Pontefice, “è proprio l’incontro con Gesù”. Il Santo Padre invita tutti a rileggere questo brano e a porsi delle domanda: “Cosa faccio io? Sono un brigante, un truffatore, un corrotto? Sono un sacerdote che guarda da un’altra parte e va oltre? O un dirigente cattolico che fa lo stesso? O sono un peccatore? Uno che dev’essere condannato per i propri peccati? E mi avvicino, mi faccio prossimo, mi prendo cura di chi ha bisogno? Cosa faccio io davanti a tante persone ferite con le quali mi incontro tutti i giorni? Faccio come Gesù? Prendo forma di servo?”. E’ qui che “si manifesta il mistero di Gesù Cristo – conclude -: essendo peccatori è venuto per noi, per guarirci e dare la vita per noi”.