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Grida durante l’udienza, il Papa: “Preghiamo per lui”

Il Papa ha proseguito il ciclo di catechesi sulla figura di San Giuseppe soffermandosi oggi sul tema della comunione dei santi

Fuoriprogramma stamani all’udienza generale di Papa Francesco nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Alla fine della catechesi si sono sentite delle urla provenienti da uno dei presenti che si sovrapponevano alla voce del Pontefice. Il Papa ha chiesto a tutti di pregare per lui.

“Abbiamo sentito una persona che gridava, che aveva qualche problema, non so se fisico, psichico, spirituale, ma un fratello nostro con qualche problema. Vorrei finire pregando per lui, il nostro fratello che soffre, poveretto. Se gridava è perché soffre, ha qualche bisogno, non essere sordi al bisogno di questo fratello”, ha detto il Papa chiudendo con una Ave Maria per la persona. “Non essere sordi al bisogno di questo fratello”, l’invito ancora a braccio ai fedeli: “Preghiamo la Madonna per lui. Coraggio in questa comunione di questi santi che abbiamo in cielo e in terra: il Signore non ci abbandona”.

La persona che ha gridato durante l’udienza, scrive Ansa, sarebbe un uomo tra i 40 e i 50 anni. Parlava in inglese ma, urlando, non si sono comprese bene le sue parole. Indossava la mascherina ma poi l’ha tolta. Una guardia svizzera e un gendarme lo hanno poi allontanato dall’Aula Paolo VI, secondo quanto riferito dai presenti, senza dover usare la forza.

La catechesi: “Non sono i santi a operare i miracoli”

“A volte anche il cristianesimo può cadere in forme di devozione che sembrano riflettere una mentalità più pagana che cristiana”. Così ha esordito il Papa proseguendo il ciclo di catechesi sulla figura di San Giuseppe, soffermandosi oggi sul tema della comunione dei santi. “Tante volte la diciamo nel Credo – ha fatto notare a braccio – ma se domando cosa è, io ricordo che da bambino rispondevo: ‘I santi fanno la comunione’. Non è questo, è un’altra cosa”.

“La differenza fondamentale sta nel fatto che la nostra preghiera e la devozione del popolo fedele non si basa sulla fiducia in un essere umano, o in un’immagine o in un oggetto, anche quando sappiamo che essi sono sacri”, ha spiegato Francesco, precisando che “non sono i santi a operare i miracoli, ma soltanto la grazia di Dio che agisce attraverso di loro”. “Cristo è il legame che ci unisce tra di noi, e noi con Cristo, e questa è la comunione dei santi”, ha proseguito a braccio riportato dal Sir: “I miracoli sono stati fatti da Dio, dalla grazia di Dio, che agisce tramite una persona santa, una persona giusta. C’è gente che dice: ‘credo in questo santo’. Il santo è un intercessore, prega per noi, noi lo preghiamo, è il Signore tramite il santo che ci dà la grazia”.

Papa, udienza: “Nella Chiesa anche apostati, persecutori, bestemmiatori sono a casa”

In virtù della comunione dei santi, di questa unione, ogni membro della Chiesa è legato a me in maniera profonda, e questo legame è talmente forte che non può essere rotto neppure dalla morte”, ha assicurato il Papa ricordando che “la comunione dei santi non riguarda solo i fratelli e le sorelle che sono accanto a me in questo momento storico, o che vivono in questo momento storico, ma riguarda anche quelli che hanno concluso il pellegrinaggio terreno e hanno varcato la soglia della morte. Anche loro sono in comunione con noi.

“In Cristo nessuno può mai veramente separarci da coloro che amiamo, perché il legame è un legame esistenziale, un legame forte, che è nella nostra stessa natura”, ha proseguito Francesco a braccio: “cambia solo il modo di essere insieme a loro, ma niente e nessuno può rompere questo legame”. “Padre, pensiamo a coloro che anno rinnegato fede, che sono apostati, persecutori della Chiesa, che hanno rinnegato il loro battesimo, anche questi sono a casa?”, la possibile obiezione: “Anche questi, tutti, i bestemmiatori, tutti. Siamo fratelli: questa è la comunione dei santi. La comunione dei santi tiene insieme la comunità dei credenti sulla terra e nel cielo: e sulla terra, i santi, i peccatori, tutti”.

“Io mi affido tutti i giorni a San Giuseppe, da 40 anni”

“Non è una cosa magica, non è una superstizione la devozione ai santi: è parlare con fratello o una sorella che ha condotto una vita santa ed ora è davanti a Dio. E io parlo con questa sorella, questo fratello, e chiedo la sua intercessione per quello di cui ho bisogno”. Lo ha puntualizzato, a braccio, il Papa, che ha concluso la catechesi dell’udienza di oggi “con una preghiera a San Giuseppe alla quale sono particolarmente legato e che recito ogni giorno da più di 40 anni”. “È tratta da un libro delle suore di Gesù e Maria della fine del Settecento”, ha rivelato Francesco: “È molto bella, più che una preghiera è una sfida a questo padre, custode nostro che è San Giuseppe. Sarebbe bello che possiate imparare questa preghiera e ripeterla”.

“Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà”, recita la preghiera: “Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. “Questo è sfidare San Giuseppe”, ha commentato il Papa: “Io mi affido tutti i giorni a San Giuseppe con questa preghiera, da più di 40 anni”.

Papa: “La comunità internazionale si adoperi per pace in Birmania”

“Da un anno a questa parte ormai assistiamo con dolore alle violenze che insanguinano il Myanmar. Faccio mio l’appello dei vescovi birmani affinché la comunità internazionale si adoperi per la riconciliazione delle parti interessate. Non possiamo voltare lo sguardo da un’altra parte di fronte alle sofferenze e di tanti fratelli e sorelle. Chiediamo a Dio nella preghiera la consolazione per quella popolazione martoriata a Lui affidiamo gli sforzi di pace”.

Olimpiadi invernali: “Auguri agli atleti, sia un’esperienza di pace”

Il Papa ha rivolto i suoi auguri agli atleti che si apprestano ad affrontare le Olimpiadi invernali di Pechino. “Rivolgo di cuore il mio saluto a tutti i partecipanti, auguro agli organizzatori il miglior successo e agli atleti di dare il meglio di sé. Lo sport con il suo linguaggio universale può costruire ponti di amicizia e solidarietà tra persone e popoli di diverse culture e religioni”, ha detto all’udienza generale augurando a tutti “di vivere una esperienza unica di fratellanza umana e di pace. Beati agli operatori di pace”. Il Pontefice ha poi citato in particolare gli atleti paralimpici e i rifugiati.

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