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Gli ebrei celebrano il Tu Bishvat, il Capodanno degli alberi

Gli ebrei oggi festeggiano il Tu BiShvat. Si tratta di una ricorrenza anche chiamata Capodanno degli alberi. Il nome significa 15 del mese di Shevat, ovvero il giorno centrale del mese ebraico di Shevat. Nello Stato di Israele è celebrato come un giorno di consapevolezza ecologica e gli alberi sono piantati in festa.

Ma perché dedicare alla flora un’apposita festività religiosa? Nella tradizione ebraica molte regole dell’agricoltura sono legate all’età degli alberi e dunque risultava necessario stabilire un calendario apposito, in modo da poterne stabilire con certezza gli anni. Si tratta di una festa che non ha origini bibliche ma proviene dalla Mishna (una sezione dei testi talmudici), scritta nel III secolo a.C.

In questo giorno si usa mangiare frutta, in particolare le sette specie con le quali è stata benedetta la terra d’Israele e che vengono elencati nel versetto di Deuteronomio (8,8): il grano e l’orzo, l’uva, i fichi, le melagrane, le olive e i datteri. A molti bambini è stato insegnato a fare la tzedakà (elemosina) per piantare alberi in Israele. Le scuole organizzano speciali cerimonie per celebrare la festa, e negli ultimi anni è stato aggiunto un elemento ecologico: la conservazione e la cura dell’ecosistema come simbolo dell’importanza della natura nelle nostre vite.
Già il nome della festa, Rosh Hashanà, Capodanno, indica che essa ha un significato più profondo: questo giorno deve operare come capo per il resto dell’anno, allo stesso modo del capo di una persona rispetto al suo corpo, spingendolo a fare azioni concrete. Si è indotti a domandarsi che cosa possiamo imparare da Tu BiShvat che riguardi la vita individuale di ogni ebreo in modo pratico. Tutte le risposte che la filosofia chassidica da descrivono la festa come una celebrazione della potenzialità di ogni ebreo: Tu BiShvat da a ciascuno l’opportunità di riflettere su come meglio utilizzare l’enorme potere latente in noi.

Come si diceva la Tu BiShvat non è una festa stabilita nella Torah scritta, come Pesach, Shavu’òt e Succòt, per esempio, e non è neanche indicata nella Legge Orale, a differenza di Chanukkà e di Purim. La Mishnà ( l’insieme della Torah orale e il suo studio) ricorda il giorno come Capodanno degli alberi, ma non lo chiama festa. Così la sua celebrazione è del tutto legata alla tradizione. Infatti, mantenere una tradizione procura speciale piacere per l’anima, più di una legge della Torah scritta o orale, perché questa è in qualche modo un dovere, una “necessità”. Seguire un precetto è l’esigenza minima della legge ebraica, seguire una tradizione è “un di più”.

E’ un giorno feriale, ma per sottolineare il carattere speciale della giornata, ci si astiene dal dire Tachannun ( preghiera ebraica che fa parte del servizio liturgico mattutino e pomeridiano) e si usa leggere brani tratti dalla Bibbia e della successiva letteratura ebraica (Mishnà, Midrash, Zohar). In serata si usa recitare una speciale preghiera per gli alberi perché diano dei buoni frutti.
Viene celebrata nella stagione delle piogge, dal tardo gennaio all’inizio di febbraio. Inizialmente era una festività dal significato halakhico (ebraico legale), utilizzata per segnare l’età di un albero ai fini del raccolto e delle decime, che venivano consegnate ai sacerdoti del tempio, i quali non possedevano terreno proprio. Il festeggiamento delle decime, rappresentava all’epoca una sorta di ringraziamento per i doni ricevuti dalla natura. Dopo la dispersione degli Ebrei la festa, privata del coinvolgimento agricolo, divenne il simbolo del legame tra il popolo ebraico e la Terra di Israele. Non è una giornata sacra, e non ci si astiene dal lavoro.

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