Papa Giovanni XXIII nelle parole di papa Francesco di ritorno dalla Gmg di Rio de Janeiro. Francesco ha ricostruito le radici ecumeniche e conciliari del proprio pontificato attraverso il debito di riconoscenza verso il suo predecessore Angelo Roncalli. “Giovanni XXIII è un po’ la figura del prete di campagna, del prete che ama ognuno dei fedeli, che sa curare i fedeli”, ha sottolineato papa Bergoglio. “E questo lo ha fatto come vescovo, come nunzio. Tante testimonianze di Battesimo false ha fatto in Turchia in favore degli ebrei! Era un coraggioso. Prete di campagna, buono, con un senso dell’umorismo tanto grande e una grande santità“. E ancora: “Quand’era nunzio, alcuni non gli volevano tanto bene in Vaticano, e quando arrivava per portare i conti, o chiedere a certi uffici, lo facevano aspettare. Mai se ne è lamentato. Pregava il rosario, leggeva il breviario. Un mite, un umile”.
La docilità di Giovanni
E Giovanni XXIII, puntualizza Francesco, era anche “uno che si preoccupava per i poveri: quando il cardinale Agostino Casaroli è tornato da una missione, credo fosse l’Ungheria o la Cecoslovacchia, non ricordo, è andato da lui a spiegare come era stata la missione, la diplomazia dei piccoli passi, lo ha ricevuto in udienza, venti giorni dopo moriva, Giovanni XXIII, e quando Casaroli se ne andava lo fermò, ‘Ah, eccellenza, una domanda: lei continua ad andare da quei giovani?’. Perché Casaroli li andava a trovare al carcere minorile di Casal del Marmo, giocava con loro. E Casaroli: ‘Sì, sì’. ‘Non li abbandoni mai’. Questo a un diplomatico che arrivava da un viaggio così impegnativo. Giovanni XXIII ‘Non li abbandoni mai’. Un grande”. E poi, continua Francesco, “il Concilio, un uomo docile alla voce di Dio. Perché quello gli è venuto dallo Spirito Santo, e lui è stato docile. Pio XII pensava a farlo, ma le circostanze non erano mature per farlo. Giovanni XXIII non ha pensato alle circostanze, ha sentito quello e lo ha fatto, un uomo che si è lasciato guidare dal Signore”.