Si è svolta nella Basilica di S. Pietro la celebrazione della Passione del Signore presieduta da Papa Francesco, durante la quale l'omelia è stata tenuta dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Un giorno in cui la Chiesa non celebra la S. Messa ma commemora il sacrificio di Cristo sulla Croce.
Prendendo spunto dal passo del Vangelo con cui Giovanni conclude il racconto della Passione (“Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera”), il frate cappuccino ha sviluppato la sua riflessione sui giovani: “Nell’anno in cui la Chiesa celebra un sinodo sui giovani e vuole metterli al centro della propria preoccupazione pastorale, la presenza sul Calvario del discepolo che Gesù amava racchiude uno speciale messaggio“. Quello di Giovanni con Cristo “fu un incontro 'personale', esistenziale”. Nell'anno del sinodo dedicato ai giovani, “giustamente ci si sforzerà – ha sottolineato – di scoprire insieme con loro, che cosa Cristo si aspetta dai giovani, cosa essi possono dare alla Chiesa e alla società. La cosa più importante, però, è un’altra: è far conoscere ai giovani ciò che Gesù ha da dare ad essi. Giovanni lo scoprì stando con lui: 'gioia piena' e 'vita in abbondanza'”. Facendo eco all'appello del Papa nella Evangelii Gaudium, padre Cantalamessa ha ricordato che “incontrare personalmente Cristo è possibile anche oggi perché egli è risorto; è una persona viva, non un personaggio. Tutto è possibile dopo questo incontro personale”.
Padre Cantalamessa ha poi citato il poeta Eliot che “ha scritto tre versi che dicono più di interi libri: 'In un mondo di fuggitivi, la persona che prende la direzione opposta sembrerà un disertore'. Cari giovani cristiani, se è permesso a un anziano come Giovanni rivolgersi direttamente a voi, vi esorto: siate di quelli che prendono la direzione opposta! Abbiate il coraggio di andare contro corrente! La direzione opposta, per noi, non è un luogo, è una persona, è Gesù nostro amico e redentore. Un compito è in particolare affidato a voi: salvare l’amore umano dalla deriva tragica nella quale è finito: l’amore che non è più dono di sé, ma solo possesso – spesso violento e tirannico – dell’altro. Sulla croce Dio si è rivelato come agape, l’amore che si dona. Ma l’agape non è mai disgiunta dall’eros, dall’amore di ricerca, dal desiderio e dalla gioia di essere riamato”.
“Non si tratta – ha sottolineato – di rinunciare alle gioie dell’amore, all’attrazione e all’eros, ma di sapere unire all’eros l’agape, al desiderio dell’altro, la capacità di donarsi all’altro”. Una capacità “che non si inventa in un giorno. È necessario prepararsi a far dono totale di se stessi a un’altra creatura nel matrimonio, o a Dio nella vita consacrata, cominciando a far dono del proprio tempo, del proprio sorriso e della propria giovinezza in famiglia, nella parrocchia, nel volontariato. Ciò che tanti di voi silenziosamente fanno. Gesù sulla croce – ha concluso – non ci ha dato solo l’esempio di un amore di donazione spinto fino all’estremo; ci ha meritato la grazia di poterlo attuare, in piccola parte, nella nostra vita”.
Questa sera alle 21.15 il S. Padre presiederà la Via Crucis al Colosseo, con le meditazioni delle 14 stazioni scritte da un gruppo di liceali coordinati dal professor Andrea Monda.