A Gibuti la Chiesa ripercorre le orme delle comunità cristiane delle origini. “È una Chiesa piccola. Fragile. Forte della luce del Vangelo. In un paese islamico, il Vangelo non può essere annunciato verbalmente ma a Gibuti viene vissuto. I cristiani sono una piccola ma significativa presenza”, spiega a Fides suor Simona Brambilla. Superiora generale delle Missionarie della Consolata (MC). Congregazione che a Gibuti opera con una missione aperta nel 2004. Al confine tra Etiopia e Somalia.
Missione in Gibuti
Il Gibuti è una terra deserta che ospita diverse etnie. E dove la Chiesa ha fatto tanto in termini di dialogo. Nel rispetto delle differenze, evidenzia l’agenzia missionaria vaticana. Monsignor Giorgio Bertin è il vescovo di Gibuti. E l’amministratore apostolico di Mogadiscio. A Gibuti la Chiesa “ha addirittura precorso i tempi. Come nel caso dell’azione a favore delle persone con disabilità. Che fino a pochi anni fa venivano tenute segregate a casa. In questo modo, nel tempo, è nata un’agenzia statale. Che se ne prende cura attraverso il progetto inclusivo ‘École pur tous‘”.
Scuola modello
Racconta il presule: “Ora, dopo anni d’intenso lavoro, diversi bambini sono stati ammessi alla scuola primaria. Sia pubblica Sia privata. Le loro famiglie hanno compreso il significato dell’istruzione. Prima i loro bambini, perché disabili, rimanevano chiusi. Nascosti nelle loro capanne. Ed ora sono liberi. E più sicuri di loro stessi. Perché, come gli altri bambini, possono scrivere e leggere. I nostri bambini escono da questa scuola con la convinzione di sapere fare delle belle cose“. Questo programma è iniziato come un “piccolo seme”. Ma ora si è sviluppato. Ed è stato adottato anche dal governo. Per estenderlo a tutte le scuole. Facilitando l’inserimento dei bambini disabili nelle scuole pubbliche”.