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Giappone 1600: quando i laici si organizzarono da soli

Rivivono le storie dei "cristiani nascosti" giapponesi

Giappone
Foto di Tianshu Liu su Unsplash

Un ritratto della Chiesa del Giappone nel 17° secolo. Come trasmettere anche alle nuove generazioni il tesoro di una vicenda di fede e testimonianza avvenuta secoli fa, e di cui rimangono poche tracce nei documenti storici? C’è chi ha pensato di puntare anche sui fumetti manga, visto che la storia da raccontare ai ragazzi e alle ragazze di oggi è avvenuta in Giappone. Apprezzati in ogni angolo del pianeta da una platea sempre più grande, i fumetti manga affascinano da tempo giovani e meno giovani, riferisce l’agenzia missionaria vaticana Fides. E oltre alle avventure di improbabili supereroi, ora nelle strisce disegnate secondo i loro format inconfondibili trovano spazio anche le storie di persone vere, uomini e donne custoditi nella fede in Cristo anche in tempi di persecuzione. Sono i “cristiani nascosti” giapponesi. Un fenomeno che nacque a partire dal 1600, quando il cristianesimo venne messo al bando e furono espulsi tutti i missionari. Senza sacerdoti e senza chiese, i cattolici giapponesi si organizzarono da soli. Il capo-villaggio dirigeva la comunità, stabiliva le solennità religiose in base al calendario liturgico e conservava i libri sacri. Il catechista insegnava ai bambini. Quelli che conoscevano le formule per conferire i battesimi amministravano il primo sacramento. L’annunziatore visitava le famiglie per annunciare la domenica, le feste cristiane, i giorni di digiuno e di astinenza.

Giappone
Foto di Roméo A. su Unsplash

Ritratto del Giappone

La mano che sta realizzando i disegni è quella della mangaka Kan Takahama che ha presentato in Italia il suo progetto all’interno di un ciclo di conferenze, organizzate dall’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede e dall’arcidiocesi di Lucca. Le conferenze si terranno a Roma e Lucca in incontri organizzati per commemorare i 440 anni della “Ambasciata Tensho”. Era infatti il marzo del 1585 quando, per la prima volta, una delegazione del Giappone giunse nell’Urbe per essere ricevuta ufficialmente dal Pontefice. Il nome dell’Ambasciata si rifà all’epoca in cui venne creata secondo il calendario giapponese di allora, ovvero il decimo anno dell’era Tensho. L’idea di inviare un certo numero di giovani dignitari giapponesi in Europa fu di Alessandro Valignano, gesuita italiano impegnato in attività missionarie nell’Estremo Oriente dal 1573. Egli scelse personalmente due ragazzi facenti parte di tre delle maggiori famiglie daimyō cristiane presenti in Giappone a quel tempo. I daimyō erano potenti magnati e signori feudali giapponesi che, dal X secolo fino all’inizio del periodo Meiji, a metà del XIX secolo, governarono sulla stragrande maggioranza del Giappone grazie ai loro vasti possedimenti fondiari di natura ereditaria.

 

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