Francesco:”Servire Dio, non servirci di Dio”

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Quando si adora ci si rende conto che la fede non si riduce a un insieme di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare- afferma papa Francesco-.È stando faccia a faccia con Gesù che ne conosciamo il volto. Adorando, scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio, dove non bastano le buone idee, ma bisogna mettere Lui al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama. Così dev’essere la Chiesa, un’adoratrice innamorata di Gesù suo sposo”.

Il traguardo del percorso

Alle ore 10 di questa mattina, solennità dell’Epifania del Signore, Francesco ha presieduto la celebrazione eucaristica nella Basilica Vaticana. Dopo la proclamazione del Vangelo e l’annuncio del giorno di Pasqua che quest’anno si celebra il 12 aprile, il Pontefice ha pronunciato un'intensa omelia. Nel Vangelo, evidenzia Jorge Mario Bergoglio, i Magi esordiscono manifestando le loro intenzioni: “Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Adorare, sottolinea Francesco, è “il traguardo del loro percorso, la meta del loro cammino“. Infatti, quando, giunti a Betlemme, “videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. Quindi, secondo Francesco, “se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi: è il rischio da cui ci mette in guardia il Vangelo, presentando, accanto ai Magi, dei personaggi che non riescono ad adorare”. C’è anzitutto, puntualizza il Pontefice, “il re Erode, che utilizza il verbo adorare, ma in modo ingannevole”. Chiede, infatti, ai Magi che lo informino sul luogo dove si trovava il Bambino perché, dice, “anch’io venga ad adorarlo”. In realtà, spiega il Papa, “Erode adorava solo sé stesso e perciò voleva liberarsi del Bambino con la menzogna”. E, si interroga Jorge Mario Bergoglio:”Che cosa ci insegna questo?”. Che l’uomo, “quando non adora Dio, è portato ad adorare se stesso“, sostiene Francesco.

Senza adorare non si conosce Dio

Secondo Jorge Mario Bergoglio, “anche la vita cristiana, senza adorare il Signore, può diventare un modo educato per approvare sé stessi e la propria bravura”. È un rischio serio, secondo il Papa: “Servirci di Dio anziché servire Dio”. E aggiunge: “Quante volte abbiamo scambiato gli interessi del Vangelo con i nostri, quante volte abbiamo ammantato di religiosità quel che ci faceva comodo, quante volte abbiamo confuso il potere secondo Dio (che è servire gli altri), col potere secondo il mondo (che è servire sé stessi!“. Oltre a Erode, “ci sono altre persone nel Vangelo che non riescono ad adorare: sono i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo“, precisa il Pontefice.  Essi “indicano a Erode con estrema precisione dove sarebbe nato il Messia: a Betlemme di Giudea”. Conoscono le profezie e le citano esattamente: “Sanno dove andare, ma non vanno e anche da questo possiamo trarre un insegnamento”. Nella vita cristiana “non basta sapere: senza uscire da sé stessi, senza incontrare, senza adorare non si conosce Dio“. La teologia e l’efficienza pastorale “servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia”; se non si fa come i Magi, che “non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono”.  All’inizio dell’anno, raccomanda il Pontefice, “riscopriamo l’adorazione come esigenza della fede: se sapremo inginocchiarci davanti a Gesù, vinceremo la tentazione di tirare dritto ognuno per la sua strada”. Adorare, infatti, è “compiere un esodo dalla schiavitù più grande, quella di sé stessi“.

“Mio Signore”

Adorare, secondo Jorge Mario Bergoglio, è “mettere il Signore al centro per non essere più centrati su noi stessi, è dare il giusto ordine alle cose, lasciando a Dio il primo posto”. Adorare è “mettere i piani di Dio prima del mio tempo, dei miei diritti, dei miei spazi, è accogliere l’insegnamento della Scrittura”. E cioè: “Il Signore, Dio tuo, adorerai“. Quindi, puntualizza il Papa, “Dio tuo: adorare è sentire di appartenersi a vicenda con Dio. È dargli del “tu” nell’intimità, è portargli la vita permettendo a Lui di entrare nelle nostre vite. È far discendere la sua consolazione sul mondo”. Adorare è scoprire che per pregare basta dire: “Mio Signore e mio Dio!” e “lasciarci pervadere dalla sua tenerezza”. Adorare è incontrare Gesù senza la lista delle richieste, ma con l’unica richiesta di stare con Lui. È scoprire, secondo Francesco, che la gioia e la pace crescono con la lode e il rendimento di grazie. “Quando adoriamo permettiamo a Gesù di guarirci e cambiarci. Adorando diamo al Signore la possibilità di trasformarci col suo amore, di illuminare le nostre oscurità, di darci forza nella debolezza e coraggio nelle prove- spiega il Pontefice-. Adorare è andare all’essenziale: è la via per disintossicarsi da tante cose inutili, da dipendenze che anestetizzano il cuore e intontiscono la mente. Adorando, infatti, si impara a rifiutare quello che non va adorato: il dio denaro, il dio consumo, il dio piacere, il dio successo, il nostro io eretto a dio”. Adorare è “farsi piccoli al cospetto dell’Altissimo, per scoprire davanti a Lui che la grandezza della vita non consiste nell’avere, ma nell’amare“. Adorare è “riscoprirci fratelli e sorelle davanti al mistero dell’amore che supera ogni distanza: è attingere il bene alla sorgente, è trovare nel Dio vicino il coraggio di avvicinare gli altri”. Adorare è “tacere davanti al Verbo divino, per imparare a dire parole che non feriscono, ma consolano”.

Il senso dell'adorazione

Adorare, secondo Francesco, è un gesto d’amore che cambia la vita: “È fare come i Magi: è portare al Signore l’oro, per dirgli che niente è più prezioso di Lui, è offrirgli l’incenso, per dirgli che solo con Lui la nostra vita si eleva verso l’alto, è presentargli la mirra, con cui si ungevano i corpi feriti e straziati, per promettere a Gesù di soccorrere il nostro prossimo emarginato e sofferente, perché lì c’è Lui”. Dunque, prosegue Jorge Mario Bergoglio, “Oggi ciascuno di noi può chiedersi: “Sono un cristiano adoratore?”. Tanti cristiani che pregano non sanno adorare. Facciamoci questa domanda. Troviamo tempi per l’adorazione nelle nostre giornate e creiamo spazi per l’adorazione nelle nostre comunità“. Quindi “Sta a noi, come Chiesa, mettere in pratica le parole che abbiamo pregato oggi al Salmo: “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”. Adorando, scopriremo anche noi come i Magi, il senso del nostro cammino. E, come i Magi, proveremo una gioia grandissima“.

Giacomo Galeazzi: