Francesco, preghiera per la pace: “Israele e Palestina si incontrino”

Papa Francesco, dai Giardini Vaticani, prega affinché i due popoli possano instaurare un dialogo e creare radici di convivenza futura

Papa preghiera Giardini Vaticani
Foto di Gabriella Clare Marino su Unsplash

Un momento di riflessione e, al contempo, una preghiera. Fatta con il cuore e con la consapevolezza di come, al momento, sia questo l’unico reale mezzo affinché chi è in conflitto possa avvicinarsi per instaurare un dialogo. Papa Francesco, nei Giardini Vaticani, invoca ancora una volta la fine della guerra e la creazione di un punto di incontro tra Israele e Palestina.

Una preghiera per la pace

Di seguito, riportiamo il discorso integrale del Santo Padre:

“L’allora Presidente dello Stato d’Israele, il compianto Shimon Peres, e il Presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas, accettarono il mio invito a venire qui per implorare da Dio il dono della pace. Poche settimane prima ero stato pellegrino in Terra Santa e proprio lì avevo espresso il grande desiderio che i due si incontrassero, per compiere un gesto significativo e storico di dialogo e di pace. Porto nel cuore tanta gratitudine al Signore per quel giorno, mentre conservo il ricordo di quell’emozionante abbraccio che i due Presidenti si scambiarono, anche alla presenza di Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico, e dei rappresentanti delle comunità cristiane, ebraiche e musulmane provenienti da Gerusalemme.

Oggi, fare memoria di quell’evento è importante, specialmente alla luce di quanto purtroppo sta accadendo in Israele e in Palestina. Da mesi ormai assistiamo a una crescente scia di ostilità e vediamo morire sotto i nostri occhi tanti innocenti. Tutta questa sofferenza, la brutalità della guerra, le violenze che essa scatena e l’odio che semina anche nelle generazioni future dovrebbero convincerci che «ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male» (Lett. enc. Fratelli tutti, 261).

Per questo motivo, invece che illuderci che la guerra possa risolvere i problemi e portare alla pace, dobbiamo essere critici e vigilanti verso un’ideologia oggi purtroppo dominante, secondo cui «il conflitto, la violenza e le fratture fanno parte del funzionamento normale di una società» (ivi, 236). In gioco ci sono sempre le lotte di potere tra i diversi gruppi sociali, gli interessi economici di parte, gli equilibrismi politici internazionali che mirano a una pace apparente, fuggendo dai problemi reali.

Invece, in un tempo segnato da tragici conflitti, c’è bisogno di un rinnovato impegno per edificare un mondo pacifico. A tutti, credenti e persone di buona volontà, vorrei dire: non smettiamo di sognare la pace e di costruire relazioni di pace!

Ogni giorno prego perché questa guerra volga finalmente al termine. Penso a tutti coloro che soffrono, in Israele e Palestina: ai cristiani, agli ebrei e ai musulmani. Penso a quanto sia urgente che dalle macerie di Gaza si levi finalmente la decisione di fermare le armi e, perciò, chiedo che ci sia un cessate-il-fuoco; penso ai familiari e agli ostaggi israeliani e chiedo che siano liberati il prima possibile; penso alla popolazione palestinese e chiedo che sia protetta e riceva tutti gli aiuti umanitari necessari; penso ai tanti sfollati a causa dei combattimenti, e chiedo che presto le loro case vengano ricostruite perché possano ritornarvi in pace. Penso anche a quei palestinesi e israeliani di buona volontà che, tra le lacrime e le sofferenze, non smettono di attendere nella speranza l’arrivo di un giorno nuovo e si adoperano ad anticipare l’alba di un mondo pacifico in cui tutti i popoli «spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4).

Tutti dobbiamo lavorare e impegnarci affinché si raggiunga una pace duratura, dove lo Stato di Palestina e lo Stato d’Israele possano vivere l’uno accanto all’altro, abbattendo i muri dell’inimicizia e dell’odio; tutti dobbiamo avere a cuore Gerusalemme, affinché diventi la città dell’incontro fraterno tra cristiani, ebrei e musulmani, tutelata da uno statuto speciale garantito a livello internazionale.

Fratelli e sorelle, oggi siamo qui per invocare la pace. La chiediamo a Dio come dono della sua misericordia. La pace, infatti, non si fa soltanto sugli accordi di carta o sui tavoli dei compromessi umani e politici. Essa nasce da cuori trasformati, sorge quando ciascuno di noi viene raggiunto e toccato dall’amore di Dio, che scioglie i nostri egoismi, frantuma i nostri pregiudizi e ci dona il gusto e la gioia dell’amicizia, della fraternità, della solidarietà reciproca. Non ci può essere pace se prima non lasciamo che Dio stesso disarmi il nostro cuore, per renderlo ospitale, compassionevole e misericordioso.

E allora questa sera vogliamo rinnovare la nostra preghiera, vogliamo ancora innalzare a Dio la nostra supplica per la pace, come dieci anni fa. Vogliamo chiedere al Signore di far crescere ancora l’ulivo che quel giorno abbiamo piantato: è già diventato forte e rigoglioso, perché è stato riparato dai venti ed è stato annaffiato con cura. Allo stesso modo, dobbiamo chiedere a Dio che la pace possa germogliare nel cuore di ogni uomo, in ogni popolo e Nazione, in ogni lembo di terra, al riparo dai venti di guerra e innaffiato da coloro che ogni giorno si impegnano a vivere nella fraternità.

Non smettiamo di sognare la pace, che ci regala la gioia inattesa di sentirci parte di un’unica famiglia umana. Questa gioia l’ho vista qualche giorno fa a Verona, sul volto di quei due papà, un israeliano e un palestinese, che si sono abbracciati davanti a tutti. Di questo hanno bisogno Israele e Palestina: di un abbraccio di pace!”.