Gesù, appena nato, si è specchiato nel volto di sua madre. Da lei ha ricevuto le prime carezze, con lei ha scambiato i primi sorrisi. Con lei ha inaugurato la rivoluzione della tenerezza.
Prendersi cura
La Chiesa, guardando Gesù bambino, è chiamata a continuarla. Chiediamo questa grazia: di vivere l'anno col desiderio di prendere a cuore gli altri, di prenderci cura degli altri”, scrive oggi papa Francesco su Twitter. L’attenzione ai poveri richiede anche un diverso atteggiamento pastorale. “Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza“, sosteneva il rivoluzionario argentino Ernesto Che Guevara. Il suo connazionale Jorge Mario Bergoglio, nell’omelia della messa di inaugurazione del pontificato del 19 marzo 2013, ha esortato i fedeli a “non avere paura della tenerezza” perché “il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza”. Infatti la tenerezza non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Un concetto fondamentale per il pontificato della misericordia. L’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, ribadisce il 20 novembre 2014 Francesco nel messaggio in occasione della XIX seduta pubblica delle Accademie. All’indomani del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Bergoglio ha affidato il cammino della Chiesa alla materna e premurosa intercessione di Maria, perché ogni volta che guardiamo alla Madonna torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto: in lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Perciò questa dinamica di giustizia e di tenerezza, di contemplazione e di cammino verso gli altri, è ciò che fa di lei un modello ecclesiale per l’evangelizzazione. Un mese dopo, la notte di Natale del 2014, Francesco ha sottolineato, durante la celebrazione nella basilica di San Pietro: “La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine, quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo, la risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla piccolezza umana”. Con la stessa intensità il 29 marzo 2015, nell’omelia della domenica delle Palme, il Papa ha lanciato un accorato appello ai giovani: “Lasciatevi riempire dalla tenerezza del Padre, per diffonderla intorno a voi”.
Svolta pastorale
È uno dei cardinali più vicini a Francesco ad illustrarne la svolta pastorale. Due decenni di ministero episcopale in due arcidiocesi dell’Italia centrale, preceduti da un lungo servizio nella Curia romana: il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, ha presieduto uno dei circoli minori al Sinodo dei vescovi sulla famiglia. I pastori sono chiamati a stare nella storia e aiutare le persone a santificare la quotidianità. La miseria è indegnità, la povertà è uno stile di vita. La verità è come l’acqua, la strada la trova. Non sono gli uomini che cambiano l’umanità, ma Dio. La Chiesa deve crescere nella dimensione della collegialità, nell’assunzione comune e responsabile del bene di tutti. Senza mai dimenticare la differenza tra povertà e miseria. “Nei Vangeli si dice “beati i poveri”, non “beati i miseri””, spiega a In terris il cardinale Menichelli. “Per rivolgersi alle coscienze serve sensibilità e disponibilità al dialogo. La Chiesa è per il mondo e per l’umanità e l’umanità ha tante facce. Gesù ci ha donato la verità e la misericordia. Il nostro impegno come Chiesa è mettere insieme verità e misericordia perché laddove non ci riusciamo rischiamo di dividere la persona di Cristo. Ogni Chiesa locale ha la sua storia e ogni storia è significativa per la bellezza di quella universale». L’imperativo è “non abbandonare mai nessuno“. Il Papa, secondo Menichelli, indica la necessità di una Chiesa traboccante di compassione d’amore, che sappia distinguere il peccato dal peccatore: il nostro patrimonio è la maternità spirituale nei confronti dell’umanità nella convinzione che la bellezza della Chiesa non è negli addobbi ma nell’amore per Cristo e nell’impegno di liberare tutti dalla “inequità” di cui Francesco parla nella Evangelii Gaudium.
Capacità di ascolto
Occorre suscitare l’impazienza della carità. nelle varie sessioni del Sinodo dei vescovi il pontefice ha colpito anche per la capacità di ascoltare. C’è bisogno, infatti, di maggior comprensione. Secondo Menichelli, vescovi e sacerdoti devono comprendere le problematiche e le fatiche che la famiglia e le persone sopportano a vari livelli. In un mondo così complesso, la Chiesa non può incasellare tutto in certi termini o certi concetti precisi che vescovi e sacerdoti si sono abituati a usare. Oggi molta realtà sfugge. Occorre unire l’educazione alla compassione. Ogni persona è un dono di Dio e ha qualcosa da offrire all’altro. Un appello ad accompagnare e a educare perché ogni persona capisca il messaggio del Vangelo che non è contro nessuno ma a favore di tutti nel senso che può aiutare ciascuno a capirsi e a vivere in relazione con gli altri. Non senza resistenze. Attaccano Francesco per colpire il Concilio, secondo il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero. Dalla povertà messa al centro del pontificato all’interpretazione del primato petrino in termini di servizio, in nome del tradizionalismo settori cattolici conservatori avversano la Chiesa della misericordia e l’opera riformatrice di Jorge Mario Bergoglio.