La speranza è nella diplomazia. E, per la precisione, nella delegazione Ecowas giunta in Niger per una mediazione con la giunta golpista, che possa evitare nuovi interventi armati. La voce di Papa Francesco si unisce a quella dei Vescovi, che all’unisono fanno appello “in favore della pace nel Paese e della stabilità della Regione del Sahel“. In ballo, infatti, non c’è solo l’equilibrio socio-politico della Nazione ma quello dell’intero territorio a cavallo tra il Sahara e l’Africa centro-settentrionale, attraversato da scontri etnici sobillati dai gruppi jihadisti presenti nella regione e da un generale clima di sofferenza, sia alimentare che geopolitica. Per questo, al termine dell’Angelus, il Santo Padre prega affinché siano intensificati “gli sforzi della comunità internazionale per trovare al più presto una soluzione pacifica per il bene di tutti”.
L’Angelus del Papa
Il Papa lancia il proprio appello al termine di una riflessione alla quale ha invitato tutti i fedeli a unirsi. Legata a un passo dei Vangeli che narrano un momento particolare della vita di Gesù, ossia l’incontro con una donna cananea che ne chiedeva l’intervento per liberare sua figlia da un demonio. “Ma il Signore non le presta ascolto. Lei insiste, e i discepoli gli consigliano di esaudirla perché la smetta, ma Gesù spiega che la sua missione è destinata ai figli d’Israele, e usa questa immagine: ‘Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini'”. La donna risponde: “‘È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni’. Allora Gesù le dice: ‘Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri’. E da quell’istante sua figlia fu guarita”.
Un nuovo atteggiamento
Gesù ha cambiato il suo atteggiamento, una volta vista la forza della fede della donna. In quel momento, Gesù rivolgeva la sua predicazione al popolo eletto. L’episodio, ha spiegato il Papa, si pone come una sorta di anticipazione di ciò che avrebbe fatto lo Spirito Santo alla Chiesa: “È interessante questa disponibilità di Gesù: di fronte alla preghiera della donna ‘anticipa i piani’, davanti al suo caso concreto diventa ancor più condiscendente e compassionevole. Dio è così: è amore, e chi ama non resta rigido“. L’amore, infatti, “è creativo, e noi cristiani, se vogliamo imitare Cristo, siamo invitati alla disponibilità del cambiamento”. Essere docili, prestare ascolto, lasciarci intenerire in nome della compassione: “La docilità per cambiare. Cuori docili per cambiare”.
Una fede di preghiera
La fede della donna, lodata dal Signore, si mostra in modo significativo. Laddove i discepoli notano insistenza, Gesù coglie l’esistenza di una fede forte: “Se ci pensiamo, quella donna straniera probabilmente conosceva poco, o per nulla, le leggi e i precetti religiosi di Israele. In che consiste allora la sua fede? Essa non è ricca di concetti, ma di fatti: la Cananea si avvicina, si prostra, insiste, intrattiene un dialogo serrato con Gesù, supera ogni ostacolo pur di parlargli”. Questa è la concretezza della fede: “Non è un’etichetta religiosa, ma un rapporto personale con il Signore… La fede della donna non è fatta di galateo teologico, ma di insistenza: bussa alla porta, bussa, bussa; non è fatta di parole, ma di preghiera. E Dio non resiste quando è pregato”.