Le caratteristiche del presidente della Cei ma anche le sfide di giovani e famiglia, gender e maternità surrogata, fine vita e migranti, futuro dell’Europa. Sono i temi toccati dal cardinale Angelo Bagnasco nella sua ultima prolusione in qualità di presidente dei vescovi italiani in occasione dell’apertura dei lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale che si tiene a Roma fino a mercoledì 22 marzo. La prossima Assemblea generale, infatti, sarà chiamata ad eleggere, per la prima volta, la terna di candidati tra i quali il S. Padre sceglierà il successore dell’arcivescovo di Genova, giunto al termine del secondo mandato, prorogato dal Papa fino all’Assemblea in programma dal 22 al 25 maggio. Due giorni dopo Francesco si recherà in visita pastorale proprio nel capoluogo ligure.
L’identikit del presidente
Bagnasco, dopo aver espresso solidarietà “al vescovo di Locri mons. Oliva e alla cara popolazione calabra” per le intimidazioni mafiose, ha indicato tre caratteristiche che deve possedere il presidente della Cei: umiltà, obbedienza e discrezione. “Umiltà che non si compiace, ma serve e rende capaci di ascoltare veramente i Confratelli, nel segno della stima sincera e della reciproca fiducia, per tentare delle sintesi limpide e alte” ha detto l’arcivescovo. “Per questo chi presiede non ha bisogno di avere un proprio programma, ma – in spirito di cordiale obbedienza – accoglie prontamente le indicazioni del Papa, Primate d’Italia, e, insieme ai Confratelli e al vissuto delle Comunità, le declina al meglio per le nostre Chiese”. Infine, discrezione: “Essa non cerca la ribalta, anche se l’accetta quando s’impone per dovere, e non esibisce quanto il ruolo richiede in termini di conoscenze e di relazioni”.
Le emergenze
“Nel Paese si registrano segnali positivi centrali e periferici, e questo genera fiducia – ha riconosciuto il cardinale Bagnasco – Ma l’affanno della gente permane”. Il porporato ha sottolineato per l’ennesima volta che “La prima e assoluta urgenza resta ancora il lavoro: sono ormai lunghi anni che il problema taglia la carne viva di persone – adulti e giovani – e di famiglie. La vita della gente urla questa sofferenza insopportabile”. Bagnasco ha messo in guardia da ogni “populismo facile e superficiale, spesso urlato, a volte paludato, comunque ingannatore e inconcludente, e seriamente pericoloso” e ha ricordato che “il primo ed efficace ammortizzatore sociale è stata ed è la famiglia”. Poi un richiamo forte alla classe dirigente del Paese, da cui la gente vorrebbe avere risposte concrete che invece continuano ad essere procrastinate: “Il popolo vuole vedere il mondo politico piegato su questo prioritario dramma, mentre invece lo vede continuamente distratto su altri fronti, nonché chiuso in una litigiosità dove non entra per nulla il bene del Paese. C’è bisogno di politica autentica, di pace istituzionale, ed è qualunquista ghigliottinare lo Stato”. L’attenzione del cardinale Bagnasco si è quindi spostata sui giovani: “Nel nostro splendido Meridione – ha sottolineato – la disoccupazione giovanile è arrivata al 57%, mentre la media italiana è del 40%: ogni anno emigrano dal nostro Paese circa trentamila giovani in cerca di fortuna”. E un “altro fenomeno che sembra essere sconosciuto, riguarda coloro che – non avendo un impegno di studio né un’occupazione – si rinchiudono in casa creandosi un mondo virtuale: in Italia si stima che siano almeno 6.000. Eppure, il 92% dei giovani dichiara il desiderio di farsi una propria famiglia e di avere due o più figli: è uno straordinario dato di fiducia, reso purtroppo vano dalla mancanza di lavoro stabile. Senza lavoro non c’è dignità personale, non c’è sicurezza sociale, non c’è possibilità di fare famiglia, non c’è futuro”.
Il calo demografico
Una preoccupazione costante è quella dell’inverno demografico del nostro Paese: “Nel 2015 le nascite erano 486.000, nel 2016 c’è stato il nuovo record negativo di 474.000 (- 2,4%). Esiste – si è chiesto il cardinale – una incisiva politica che incoraggi e sostenga la natalità? Sempre più siamo convinti che – oltre al lavoro – sia urgente incidere su una fiscalità più umana, e chiediamo di giungere al cosiddetto “fattore famiglia” che le Associazioni – a partire dal Forum delle Famiglie – propongono da anni”. Un elemento di equità fiscale che nei giorni scorsi è stato adottato dalla Regione Lombardia, apripista in questo campo. “La bellezza e la necessità della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, non verranno mai meno, anche se un certo pensiero unico continua a denigrare l’istituto familiare e a promuovere altri tipi di unione, che non sono paragonabili in ragione delle peculiarità specifiche della famiglia” ha ribadito ancora una volta Bagnasco.
Utero in affitto, omogenitorialità e gender
Usando toni “rispettosi” ma con estrema “chiarezza e convinzione”, il cardinale ha ribadito “il diritto dei figli ad essere allevati da papà e mamma, nella differenza dei generi che, come l’esperienza universale testimonia, completa l’identità fisica e psichica del bambino. Diversamente, si nega ai minori un diritto umano basilare” che “non può essere schiacciato dagli adulti, neppure in nome dei propri desideri. Essere genitore è una cosa buona e naturale, ma non a qualunque condizione e a qualunque costo”. L’arcivescovo ha parlato di “violenza discriminatoria” verso le “donne con la pratica della maternità surrogata”. Si tratta di “una duplice ingiustizia” perché vìola la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre)” e nega “i diritti delle madri surrogate, che diventano madri nascoste, anzi inesistenti, dopo essersi sottoposte – spinte per lo più dalla povertà – ad una nuova forma di colonialismo capitalistico: si commissiona un bambino, potendosi servire anche di elenchi – si fa fatica perfino a dirlo – di “cataloghi” che indicano paesi, categorie di donne, opzioni e garanzie di riuscita del “prodotto” che – se non corrisponde – viene scartato. È questa la civiltà, è questo il progresso che si desidera raggiungere?”. Bagnasco ha anche messo in evidenza che l’Italia è il secondo Paese al mondo per adozioni, dietro solo agli Usa ma ha stigmatizzato “l’inefficienza del sistema” e le lungaggini burocratiche. Quanto al gender, dopo aver citato le ripetute condanne da parte del Papa, il cardinale Bagnasco ha sottolineato che “non di rado accade, in alcuni Paesi europei, che, con motivazioni condivisibili, si trasmettano visioni e categorie che riguardano la cultura del gender, e si banalizza la sessualità umana ridotta ad un vestito da cambiare a piacimento”. Ha perciò invitato genitori e docenti a non limitarsi a “stare a guardare o alla lamentela. È necessario che gli adulti siano molto vigili; in particolare, i genitori, mentre si danno disponibili per gli Organi di partecipazione previsti dalla legge, si devono coinvolgere insieme agli altri genitori per il bene della scuola in ogni suo aspetto. Nessuna iniziativa, come nessun testo che promuova concezioni contrarie alle convinzioni dei genitori, deve condizionare – in modo diretto o indiretto – lo sviluppo affettivo armonico e la sessualità dei minori”.
Fine vita
“Oggi – ha detto il cardinale – sembra che la Chiesa debba tornare a ricordare e testimoniare che la persona è sì individuo unico, ma non sciolto dagli altri; è in relazione con il mondo, in primo luogo con i suoi simili”. E ha ricordato che “la fragilità stessa è un dono, poiché interpella l’amore operoso degli altri, mette alla prova la comunità e la fa crescere. La legge sul fine vita, di cui è in atto l’iter parlamentare, è lontana da un’impostazione personalistica; è, piuttosto, radicalmente individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, padrone assoluto di una vita che non si è dato. In realtà, la vita è un bene originario: se non fosse indisponibile tutti saremmo esposti all’arbitrio di chi volesse farsene padrone”. “È acquisito – ha proseguito – che l’accanimento terapeutico – di cui non si parla nel testo – è una situazione precisa da escludere, ma è evidente che la categoria di “terapie proporzionate o sproporzionate” si presta alla più ampia discrezionalità soggettiva, non distinguendo tra intervento terapeutico e sostegno alle funzioni vitali. Si rimane sconcertati anche vedendo il medico ridotto a un funzionario notarile; così pure, sul versante del paziente, suscita forti perplessità il valore praticamente definitivo delle dichiarazioni, senza tener conto delle età della vita, della situazione, del momento di chi le redige, elementi che incidono non poco sul giudizio. La morte non deve essere dilazionata tramite l’accanimento, ma neppure anticipata con l’eutanasia: il malato deve essere accompagnato con le cure, la costante vicinanza e l’amore”.
I migranti e l’Europa
La Chiesa italiana è costantemente impegnata sul fronte migratorio. Un aiuto che si sviluppa su tre piani: l’azione di sostegno direttamente nei Paesi di provenienza, con 2.727 progetti di formazione e sviluppo sociale negli ultimi 4 anni, con uno stanziamento di 370 milioni e 400 mila euro; il coinvolgimento diretto della Cei nella realizzazione di corridoi umanitari per l’arrivo in Italia di profughi; la presenza operosa della Chiesa, in collaborazione con le Autorità locali competenti attraverso parrocchie, istituti religiosi, associazioni e gruppi, Caritas diocesane e Uffici Migrantes nell’ottica dell’accoglienza ma anche dell’integrazione di “coloro che mostrano nei fatti di volerlo”. Ma è l’Europa che deve fare di più, deve farsi “più responsabile e meno giudicante”. Bagnasco, in qualità di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, ha ribadito più volte che “c’è ancora più bisogno d’Europa, ma ad una condizione: che l’Europa non diventi altro rispetto a se stessa, alle sue origini giudaico-cristiane, alla sua storia, alla sua identità continentale, alla sua pluralità di tradizioni e culture, ai suoi valori, alla sua missione. L’Unione non è fatta dai Capi di Stato, ma dai popoli degli Stati membri, ed è ai popoli che bisogna pensare con stima e rispetto senza imporsi”.