Questa mattina, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, una delegazione di amministratori pubblici francesi, accompagnati da S.E. Mons. Vincent Dollmann, Arcivescovo di Cambrai. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai partecipanti all’Udienza.
Discorso del Santo Padre agli amministratori pubblici francesi
Eccellenza, illustri Signore e Signori! Sono lieto di accogliere la vostra Delegazione di amministratori pubblici e rappresentanti dello Stato francese, provenienti dal nord della Francia, e di salutare, tramite voi, anche i vostri elettori. Mi rallegro dell’iniziativa del viaggio a Roma, che l’Arcivescovo di Cambrai, Monsignor Vincent Dollmann, ha saputo accogliere con favore, in spirito di rispetto reciproco e di collaborazione tra le autorità civili e religiose della vostra regione, per il bene di tutti.
La vostra regione, un tempo ricca di miniere di carbone, di una forte industria metallurgica e di rinomate fabbriche tessili, ha subito una terribile battuta d’arresto con la chiusura delle miniere e degli stabilimenti sviluppatesi durante la rivoluzione industriale della fine del XIX secolo. Purtroppo, crisi economica significa anche, purtroppo, impoverimento della popolazione di queste regioni. So che è la sfida che state affrontando da alcuni decenni. Oltre alla preoccupazione prioritaria per il sociale, so che avete a cuore anche la dimensione culturale della vostra regione, consapevoli del fatto che l’uomo non si nutre solo di pane, ma anche dell’orgoglio delle proprie radici che la cultura mette in evidenza, contribuendo così a ricordare a ciascuno la propria dignità.
È proprio in questi ambiti di azione sociale e culturale che potete ritrovarvi, qualunque sia la vostra appartenenza politica. Dando la precedenza ai bisogni essenziali dei vostri elettori, troppo spesso trascurati a favore di argomenti di moda che hanno meno a che fare con la loro vita quotidiana, potrete dimostrare la volontà di essere al servizio di coloro che vi hanno eletto e che hanno riposto in voi la loro fiducia.
Il metodo democratico e rappresentativo dovrebbe anche permettervi di portare all’attenzione delle massime autorità le aspirazioni e le reali necessità della popolazione del vostro territorio, lontano da qualsiasi ideologia o pressione mediatica. Nel campo sociale, così vasto, vorrei solo incoraggiarvi con due parole legate all’attualità: accoglienza e cura.
Innanzitutto, l’accoglienza dei più svantaggiati, in primo luogo i migranti – e sapete quanto tale questione sia cruciale e quanto mi stia a cuore –; ma penso anche alle persone con disabilità. Esse hanno bisogno di più strutture per agevolare la loro vita e quella dei loro cari e, soprattutto, per dimostrare il rispetto che è loro dovuto. Possano le disposizioni in materia di inclusione consentire a molte di loro di avere un posto nel mondo del lavoro. È più che mai necessario continuare a proporsi come obiettivo prioritario l’accesso al lavoro… per tutti! (cfr Laudato si’, 127).
Per quanto riguarda la cura, penso in particolare all’attenzione da prestare agli anziani nelle case di riposo, e alle persone alla fine della loro vita, che devono essere accompagnate mediante lo sviluppo delle cure palliative. Gli operatori, per natura, hanno la vocazione di fornire cura e sollievo, non potendo sempre guarire, ma non possiamo chiedere agli operatori di uccidere i loro pazienti! Se uccidiamo con delle giustificazioni, finiremo per uccidere sempre di più (cfr Conferenza stampa di ritorno dal Kazakistan, 15 settembre 2022). Oso sperare che, su questioni così essenziali, il dibattito possa essere condotto nella verità per accompagnare la vita al suo termine naturale. L’ambito culturale è, a sua volta, un importante fattore di unità nella misura in cui si presenta come il frutto di un passato comune, di una storia vissuta in terre che sono vostre, che amate e dove la Chiesa non è mai stata assente. La vostra regione è stata teatro di eventi che l’hanno plasmata e che spetta a voi valorizzare per trasmetterne l’eredità alle generazioni future. Gli avvenimenti del passato hanno infatti contribuito alla storia e alla letteratura, come pure alle prospettive politiche ed economiche dell’intero Paese.
Infine, vi ripeto che per me è una gioia vedere come voi, che avete responsabilità in campo economico e sociale, siate interessati al messaggio della Chiesa su questioni che condividiamo, e come siate consapevoli del ruolo che dovete svolgere mediante l’impegno al servizio dei vostri elettori. In virtù della sua fede in Cristo che si è fatto povero, la Chiesa si è sempre preoccupata dello sviluppo integrale dei più abbandonati della società (cfr Evangelii gaudium, 186), e potete contare sul suo aiuto. Insieme a voi, essa cerca di raggiungere i migranti, gli anziani e i malati, in altre parole, tutti coloro che sono “rimasti indietro”, la cui più grande povertà è senza dubbio l’esclusione e la solitudine che ne deriva. Vi ringrazio ancora per la vostra visita. Chiedo a Dio di ispirare i vostri progetti e le iniziative per il bene comune della vostra regione e di assistervi nella loro realizzazione. Che Dio vi benedica!
L’incontro con i partecipanti al XXVII Congresso mondiale di UNIAPAC
Sempre stamattina, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza, sempre nel Palazzo Apostolico Vaticano, anche i partecipanti al XXVII Congresso mondiale di UNIAPAC, in corso in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo, dal 20 al 22 ottobre 2022, sul tema: “Il coraggio di cambiare – Creare una nuova economia per il bene comune”. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro.
Il discorso del Santo Padre ai partecipanti del Congresso Uniapac
Cari leader e partecipanti al 27° Congresso Mondiale dell’UNIAPAC. Vi saluto e vi do il benvenuto a questo importante incontro per riflettere e rafforzare il vostro impegno nella vostra nobile vocazione di imprenditori (cfr Enc. Laudato si’, 129). Non dobbiamo mai dimenticare che tutte le nostre capacità, incluso il successo negli affari, sono doni di Dio e «dovrebbero essere orientate chiaramente allo sviluppo degli altri e alla eliminazione della povertà, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate» (Enc. Fratelli tutti, 123).
Il cambiamento richiede sempre coraggio. Ma il vero coraggio ci richiede anche di saper riconoscere la grazia divina nella nostra vita. Così scrive il salmista: «Spera nel Signore, sii forte, / si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Salmo 27,14). Prego affinché, durante questi giorni insieme, e soprattutto quando tornerete alle vostre case e ai vostri luoghi di lavoro, rimaniate sempre consapevoli della grazia e della sapienza di Dio nelle vostre vite, e affinché gli permettiate di guidare e dirigere le vostre relazioni nel mondo degli affari e con quanti lavorano per voi. «Siamo chiamati ad essere creativi nel fare il bene, […] usando i beni di questo mondo – non solo quelli materiali, ma tutti i doni che abbiamo ricevuto dal Signore – non per arricchire noi stessi, ma per generare amore fraterno e amicizia sociale» (Angelus, 18 settembre 2022).
Il tema del vostro Congresso pone una grande sfida a voi e a molti altri attori del mondo imprenditoriale: Creare una nuova economia per il bene comune. Non c’è dubbio che il nostro mondo abbia urgente bisogno di «una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda»[1]. Nel proseguire la riflessione su una nuova economia, ma soprattutto nel cominciare a metterla in pratica, si tratta di tenere presente che l’attività economica «deve avere come soggetti tutti gli uomini e tutti i popoli. Tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica e il dovere di contribuire, secondo le proprie capacità, al progresso del proprio Paese e dell’intera famiglia umana […]: è dovere di solidarietà e di giustizia, ma è anche la via migliore per far progredire l’intera umanità». [2]
Pertanto, qualsiasi “nuova economia per il bene comune” dev’essere inclusiva. Troppo spesso lo slogan “non lasciare indietro nessuno” viene pronunciato senza alcuna intenzione di offrire il sacrificio e lo sforzo per trasformare veramente queste parole in realtà. Nella sua Enciclica Populorum progressio, San Paolo VI scriveva: «Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (n. 14). Nell’adempimento della vostra professione, voi, dirigenti d’azienda e imprenditori, siete chiamati a fungere da lievito per garantire che lo sviluppo raggiunga tutte le persone, ma soprattutto quelle più emarginate e bisognose, affinché l’economia possa contribuire sempre a una crescita umana integrale.
A questo proposito, non dimentichiamo l’importante contributo offerto dal settore informale durante la pandemia da COVID-19 ancora in corso. Durante il lockdown per la maggior parte della società, i lavoratori informali hanno assicurato la fornitura e la consegna dei beni necessari per la vita quotidiana e la cura dei nostri cari più fragili, e hanno mantenuto le attività economiche di base, nonostante l’interruzione di molte attività formali. In effetti, «siamo chiamati a dare priorità alla nostra risposta ai lavoratori che si trovano ai margini del mercato del lavoro, […] i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare “il lavoro delle tre dimensioni”: pericoloso, sporco e degradante, e l’elenco potrebbe andare avanti». [3]
Accantoniamo anche l’idea che l’inclusione dei poveri e degli emarginati possa essere soddisfatta dai nostri sforzi per fornire assistenza finanziaria e materiale. Come è scritto nella Laudato si’, «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro» (n. 128). Difatti, la porta alla dignità di un uomo è il lavoro. Il lavoro dev’essere inteso e rispettato come un processo che va ben oltre lo scambio commerciale tra datore di lavoro e dipendente. È innanzitutto e soprattutto «parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale» (ibid.). Il lavoro «è un’espressione del nostro essere creati a immagine e somiglianza di Dio, il lavoratore (cfr Gen 2,3). […] Siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione». [4] Tale lavoro dovrebbe essere ben integrato in una economia di cura.
«La cura può essere intesa come prendersi cura delle persone e della natura, offrendo prodotti e servizi per la crescita del bene comune. Un’economia che ha cura del lavoro, creando opportunità di impiego che non sfruttano il lavoratore attraverso condizioni di lavoro degradanti e orari estenuanti».[5] Qui non ci riferiamo solo al lavoro legato all’assistenza. «La cura va oltre, deve essere una dimensione di ogni lavoro. Un lavoro che non si prende cura, che distrugge la creazione, che mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future, non è rispettoso della dignità dei lavoratori e non si può considerare dignitoso. Al contrario, un lavoro che si prende cura, contribuisce al ripristino della piena dignità umana, contribuirà ad assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future. E in questa dimensione della cura rientrano, in primo luogo, i lavoratori». [6]
Per concludere, desidero condividere con voi la “buona notizia” che recentemente, nella città di Assisi, dove San Francesco e i primi frati abbracciarono la povertà e proposero una nuova economia radicale ai leader economici della loro epoca, mille giovani economisti e imprenditori hanno ragionato sulla creazione di una nuova economia e hanno scritto e firmato un Patto per migliorare il sistema economico globale al fine di migliorare la vita di tutte le persone.
Vorrei condividere con voi oggi alcuni dei punti principali, per due motivi: primo, perché troppo spesso i giovani vengono esclusi; secondo, perché la creatività e il pensiero “nuovo” spesso vengono dai giovani; e noi, persone più avanti con gli anni, dobbiamo avere il coraggio di fermarci e ascoltarli. Per una nuova economia del bene comune, questi giovani hanno proposto una “economia del Vangelo”, che, tra le altre cose, comprende: un’economia di pace e non di guerra; un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda; un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili; un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza; un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari; un’economia che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti; un’economia in cui la finanza sia amica e alleata dell’economia reale e del lavoro, non contro di loro. [7]
Oggi, ci sono centinaia, migliaia, milioni e forse miliardi di giovani che lottano per accedere ai sistemi economici formali, o anche solo per avere accesso al loro primo lavoro retribuito dove mettere in pratica le conoscenze accademiche, le competenze acquisite, l’energia e l’entusiasmo. Vorrei incoraggiare voi, dirigenti d’azienda e imprenditori maturi e di successo, a considerare una nuova alleanza con i giovani che hanno creato e si sono impegnati in questo Patto. Per camminare con loro, insegnare loro e imparare da loro; e, insieme, dare forma a “una nuova economia per il bene comune”. Benedico questo cammino e benedico ciascuno di voi e le vostre famiglie. E anche, voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!