“Francesco d’Assisi si mette in cammino perché lui per primo è ‘Fratello di tutti’ e non aspetta che lo diventino gli altri: compie lui il primo passo verso il prossimo, come Gesù”. Così esordisce il ha osservato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’omelia durante la Santa Messa in onore di San Francesco, patrono d’Italia, celebrata ad Assisi nella basilica superiore alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Festa di #SanFrancescodAssisi, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori pic.twitter.com/kwlp00pcD6
— @CEI (@UCSCEI) October 4, 2022
L’omelia del Card. Zuppi
“San Francesco è il nostro Patrono ed è una gioia particolare, in questo tempo così segnato da tanta sofferenza e preoccupazione, trovarci qui con tutte le Chiese che sono in Italia e con il presidente del nostro Paese, che rappresenta tutti gli italiani e le italiane e che ringrazio di cuore per la sua presenza e per il suo servizio, raddoppiato, pieno di saggezza e di convinta passione per difendere gli ideali costitutivi del nostro Paese”.
“Fratelli tutti è il contrario della pandemia del Covid”, ha spiegato il card. Zuppi riportato dal Sir. “San Francesco è innamorato di Gesù”, ha ricordato il cardinale: “Il suo è un amore molto reale perché ama l’altro sempre ‘quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui’”. “Così, mite e umile di cuore come il suo Gesù, San Francesco – in un mondo che era e che è segnato da lupi e cittadini violenti o paurosi, da torri e spade, da cavalieri e briganti, da guerre e inimicizia, inquinato da troppo odio tanto da rendere impossibile parlare di pace – progetta e inizia a vivere un mondo fraterno, disarmato, dove c’è spazio per ognuno, a cominciare dai più poveri e fragili”, ha attualizzato Zuppi: “Oggi sentiamo la consolazione di essere con lui, con questo nostro fratello maggiore, con questo nostro patrono, e di vedere la sua stella – come è noto le stelle brillano maggiormente quando la notte è più fonda – che ci accoglie ‘come un astro mattutino fra le nubi”.
“Abbiamo bisogno di luce, che vuol dire speranza. E il nostro Patrono ci fa sentire a casa – tutti si sentono a casa ad Assisi – e ci aiuta a guardare anche le difficoltà con la forza dell’amore. Nella tempesta della pandemia abbiamo sperimentato tanto buio, inatteso e prolungato”, le parole del cardinale, che ha citato la “memorabile preghiera” di Papa Francesco in Piazza San Pietro: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti”.
“Non lo dimentichiamo”, l’appello: “Non vogliamo dimenticare, come quando si vince il dolore rimuovendolo o divorandolo nella bulimia di emozioni che non diventano mai sentimento, consapevolezza, scelte, umanità: tutto è digitale, e un cuore digitale è un pò preoccupante, perché non svolge quello per cui l’abbiamo”. “Raccogliamo oggi il testamento affidatoci da chi non c’è più per colpa del Covid: “Alcuni dei loro nomi li deporremo accanto a questa lampada. Li abbiamo raccolti proprio sapendo quanta amarezza e sconforto ha generato non poter essere vicini a loro nell’ultimo tratto della vita. Ricordiamo tutti coloro i cui nomi portiamo nei nostri cuori e li affidiamo all’amore di Dio, perché siamo nella luce dell’amore che non finisce. Non sono più tornati a casa e non abbiamo potuto accompagnarli, come loro e noi avremmo desiderato. Per molti di loro solo le videochiamate hanno rappresentato dei veri e propri testamenti struggenti. Resta l’amarezza lacerante per un discorso interrotto, lo sconforto che fa apparire tutto vano”.
“Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare”. È l’ auspicio del card. Zuppi. “Ci aiuta San Francesco che non scappa dalla sofferenza, ma la affronta”, l’incoraggiamento del cardinale: “Un amore così grande da sconfiggere la morte guardandola negli occhi e chiamandola sorella”.
“In quella notte terribile – ha detto Zuppi rievocando la lezione del Covid – abbiamo visto anche tante luci, tutte, consapevolmente o meno, riflesso di un amore più grande. Abbiamo capito che non si può lasciare nessuno solo e anche che il buio può essere sconfitto, pure solo con una piccola lampada di umanità. Sono state le luci che il personale sanitario, gli infermieri, i volontari, hanno acceso con i piccoli grandi gesti di umanità: consolando lacrime, stringendo mani, dando sicurezza, anche solo una carezza o uno sguardo. Ricordo quanti di loro come delle forze dell’ordine, dei farmacisti, operatori di carità hanno perso la vita per motivo del servizio, continuando ad aiutare nell’emergenza. Essi sono tra i giusti che ascoltano quelle tenere parole di gratitudine di Dio: ero malato e sei venuto a visitarmi, prendi parte alla gioia che non finisce”.
“Oggi siamo nella casa di San Francesco, Patrono dell’Italia, a ricordare, a ringraziare ma anche a scegliere perché non vogliamo dimenticare velocemente le lezioni della storia e per questo vogliamo cambiare, scegliere”, ha spiegato il presidente della Cei: “Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma solo un ‘noi’”. “Aiutare gli altri ci fa trovare noi stessi!”, la lezione di San Francesco: “questo il giogo dolce e soave che ci unisce a chi per primo si è legato a noi, Gesù: un legame di amore che ci libera dal giogo, quello sì, pesante e insopportabile dell’individualismo. Se ne esce solo insieme! Le difficoltà non sono affatto finite. Lo vediamo drammaticamente nel mondo e nel nostro Paese”
“Affidiamo l’Italia all’intercessione del nostro Patrono”. È la parte centrale dell’omelia pronunciata dal card. Matteo Zuppi alla presenza del presidente Mattarella, che ha acceso la lampada votiva dei Comuni d’Italia sulla tomba del santo. “Sostenga, in un momento così decisivo, l’amore politico e di servizio alla casa comune, perché nella necessaria diversità tutti concorrano all’interesse nazionale, indispensabile per rafforzare le istituzioni senza le quali nessun piano può essere realizzato e per affrontare delle sfide così grandi”, la prima invocazione di Zuppi: “Il nostro Patrono, uomo universale, aiuti l’Europa a essere all’altezza della tradizione che l’ha creata e il mondo intero a non rassegnarsi di fronte alla guerra. Lui, amico di tutti, ci aiuti a sconfiggere ogni logica speculativa, piccola o grande, anonima e disumana: la speculazione è sempre una forma di sciacallaggio che aumenta le ingiustizie e crea tanta povertà, e mi sembra che non manchi. Fratelli tutti, ad iniziare dai più fragili, come gli anziani, che sono una risorsa e non un peso, che vanno protetti a casa dove conservano tutte le loro radici e dove ci aiutano a trovarle. Fratelli tutti che guardano al futuro, che lo desiderano per gli altri lottando contro il precariato dei giovani, dando loro fiducia e sicurezza perché possano dimostrare le loro capacità senza paternalismi insopportabili. Futuro che chiede rispetto dell’unica casa, dell’ambiente, perché possiamo continuare a cantare la bellezza del creato. Curiamo le ferite profonde nascoste nelle pieghe della psiche – quante il Covid ne ha lasciate! – o con la competenza professionale ma anche tessendo comunità e fraternità che donano sicurezza e fanno sentire protetti e amati. La nostra comunità è forte, ha tanta storia e umanità, per essa nessuno è straniero e insieme si trova il futuro che tutti desiderano. Viviamo la benedizione che sempre è la vita, la sua bellezza perché sia anche appassionante trasmetterla e donarla, garantendo la grandezza della maternità”.
“Con San Francesco crediamo che il lupo terribile della guerra sia addomesticato e facciamo nostro l’accorato appello di Papa Francesco indirizzato certo ai due presidenti coinvolti direttamente – un aggressore e un aggredito – ma anche a quanti possono aiutare a trovare la via del dialogo e le garanzie di una pace giusta”. Con queste parole, riferite alla drammatica attualità, il card. Zuppi ha concluso l’omelia pronunciata ad Assisi nella Messa per la Festa di San Francesco.
“Come San Francesco tutti possiamo essere artigiani di pace”, ha assicurato il cardinale: “Ecco la luce della lampada che l’Italia intera accende oggi con il suo Patrono, perché diventi tante luci che rendano umana e fraterna questa nostra unica stanza che è il mondo”. Poi la citazione di una delle Ammonizioni di San Francesco: “Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile”. “Laudato Si’. Fratelli tutti. Grazie San Francesco, prega per noi, per l’Italia e per il mondo intero. Pace e bene”, l’invocazione finale.