In Etiopia la nuova evangelizzazione cammina sulle gambe delle donne. La vocazione della missione “rosa” nel paese e il mandato papale. Afferma a Fides padre Angelo Antolini, prefetto apostolico di Robe: “A Gode abbiamo inaspettatamente ricevuto la visita del nunzio apostolico. Monsignor Antoine Camilleri è poi ripartito per l’Italia. E ha avuto la possibilità di incontrare Francesco. Suor Joachim ha approfittato per mandare al Pontefice una lettera. Scritta insieme alle signore in difficoltà che assistiamo ogni giorno. Nella quale sono espresse le loro difficoltà. E i pericoli umani e morali in cui vivono. A metà aprile è arrivata una risposta personale di Francesco a suor Joachim. Alle signore. E a tutti i collaboratori. Con commozione abbiamo letto la lettera. Prima della Messa della domenica”.
L’Etiopia delle donne
Gode si trova nella nello Stato Regionale Somali della Repubblica Federale Etiopica. La missione è stata fondata nel 2007 da padre Christopher Hartley. Missionario della diocesi di Toledo attualmente impegnato in Sud Sudan. Sister Joachim era arrivata a Gode sette anni fa. Ma per due anni, fino a novembre, è stata in Inghilterra per cure mediche. Nella missione, insieme a quattro missionarie laiche volontarie. Arrivate da un paio di mesi. E che rimarranno fino a maggio di quest’anno. Si occupa di donne in difficoltà. Che hanno avuto bambini da più uomini. Chi in mezzi matrimoni. Chi solo con relazioni sporadiche. In contesti molto violenti.
Vita semplice
“La vita in missione si svolge in maniera molto semplice– evidenzia il prefetto apostolico-. Al mattino chi lo desidera va a pregare nella cappella dove vive Joachim. Alle sette e mezzo parte il pullman. Guidato da un ragazzo cattolico della missione. Per andare a prendere le signore e i loro bambini in città. La missione dista più di cinque chilometri dalla città. Ed è situata sulle sponde del grande fiume Wabi Shebeli. In tutto sono otto signore e dodici bambini di tutte le età. Si preparano la colazione per sé e per i bambini. E poi si dividono i compiti, alcune in cucina e altre nei vari lavori indicati da Joachim. In questo modo, con il salario che diamo loro, cerchiamo di renderle economicamente autosufficienti. Le volontarie accudiscono i bambini a seconda della loro età. All’ora di pranzo si mangia tutti insieme. Fino a quando il pullman le riaccompagna nelle loro abitazioni in città, una vera Babele. Nel pomeriggio le volontarie continuano a lavorare per quello che c’è da fare in missione. Fino a quando celebriamo l’Eucaristia tutti insieme e ceniamo fiaccati dalle alte temperature locali. Qui la vita è molto semplice ma anche molto intensa. Pronti a imprevisti di ogni genere”.