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Eritrea, ecco perché è in pericolo la presenza cattolica

Diversa la situazione della Chiesa ortodossa che da 13 anni ha ceduto all’imposizione di consegnare allo Stato tutte le offerte e i cui sacerdoti percepiscono un salario da parte del governo

La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) non ha mai abbandonato la minoranza cattolica in Eritrea. La situazione nel Paese africano è drammatica. Negli ultimi anni sono stati chiusi numerosi centri sanitari di proprietà di congregazioni religiose o diocesi cattoliche. Un autentico esproprio in nome di una legge del 1995. Mediante la quale lo Stato si impone come unico gestore delle opere sociali. Altre strutture cattoliche sono state chiuse mentre negli ospedali statali mancano attrezzature e risorse adeguate. Eppure in Eritrea i pazienti della sanità cattolica sono di ogni fede. E i cattolici in Eritrea sono appena il 5% della popolazione.

Scuole in Eritrea

Stessa scure per decine di scuole cattoliche e asili nido gestiti dalla Chiesa cattolica in Eritrea. Già in passato, senza alcun preavviso, gli alunni di scuole gestite da congregazioni religiose erano stati tutti trasferiti ad istituti statali. Alcuni anni fa il governo ha disposto che tutti gli alunni debbano obbligatoriamente frequentare l’ultimo anno delle superiori in un istituto militare. Inclusi gli studenti delle scuole cattoliche. Diversa la situazione della Chiesa ortodossa che da 13 anni ha ceduto all’imposizione di consegnare allo Stato tutte le offerte. E i cui sacerdoti percepiscono un salario da parte del governo. “La nostra Chiesa è l’unica voce indipendente- riferiscono fonti locali cattoliche ad Acs-. Per questo diamo molto fastidio alle autorità. Ma se elimineranno la nostra presenza, chi penserà al popolo eritreo?”.

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