Sos emergenza umanitaria. A fare il punto sulla situazione in Etiopia è padre Teshome Fikre Woldetensae. Il segretario generale della Conferenza Episcopale Etiope ha partecipato al convegno Caritas Internationalis “Insieme servire con amore”. E all’agenzia missionaria vaticana Fides evidenzia le “enormi difficoltà”. Dovute “alla crisi. Ai conflitti. Ai cambiamenti climatici. Alla grave siccità che sta colpendo l’Etiopia”. La popolazione, comunque, “trova sollievo almeno nel fatto che si inizia a respirare aria di pace“. Aggiunge il religioso: “Abbiamo accolto con fiducia lo sviluppo degli accordi di pace. E ora attendiamo con speranza che producano effetti. Il popolo è stremato per la guerra. Il conflitto civile ha distrutto vite, proprietà, relazioni tra le comunità”.
Chiesa nell’emergenza
“La Chiesa in Etiopia è impegnata in particolare nella risoluzione del conflitto in Tigray”, puntualizza il segretario generale dell’episcopato etiope. Ricordando le tante emergenze che connotano l’attuale, drammatica congiuntura storica. “A causa della guerra è aumentato il numero degli sfollati. Alcuni di loro sono ancora nei campi. Altri stanno ritornando nelle loro case – sottolinea padre Teshome Fikre Woldetensae-.Attualmente ci stiamo confrontando con i cambiamenti climatici. E con la siccità che è diventata molto grave. Il fenomeno colpisce maggiormente la parte meridionale e quella orientale del Paese. Stiamo subendo un forte impatto anche a causa della crisi nell’Europa orientale. La guerra tra Russia e Ucraina, infatti, ha determinato l’aumento del costo della vita in tutto il mondo. Colpendo in particolare i più poveri. In questi anni abbiamo cercato di assistere bambini e sfollati interni nei campi che sono privi di tutto, anche dei beni primari. Inoltre, a causa della siccità, molte famiglie hanno perso le proprie risorse, il proprio bestiame. Con il conseguente aumento dei tassi di malnutrizione di bambini e anziani. La Chiesa sta cercando, insieme alle Caritas delle parrocchie, di dare da mangiare al maggior numero possibile di bambini. Nelle famiglie, nelle scuole e nei campi profughi.”